La
questione del part time e monte
ore attività collegiali continua
a far discutere ogni anno,
creando tensioni nelle scuole. I
sindacati formulano pareri
spesso in contrasto tra loro,
provocando più disorientamento
che chiarezza. Al fine di una
maggiore omogeneità di vedute, e
soprattutto a tutela di chi si
trova vessato da dirigenti
scolastici “talebani”, vale la
pena di fare un riepilogo.
Le
attività collegiali sono
disciplinate dall’articolo 29,
comma 3, lettera a, del Ccnl
vigente, che comprende negli
obblighi di lavoro per tutti i
docenti la “partecipazione alle
riunioni del Collegio dei
docenti, ivi compresa l'attività
di programmazione e verifica di
inizio e fine anno e
l'informazione alle famiglie sui
risultati degli scrutini
trimestrali, quadrimestrali e
finali e sull'andamento delle
attività educative nelle scuole
materne e nelle istituzioni
educative, fino a 40 ore annue”.
Le
controversie interpretative per
chi si trova a part time
derivano da un passaggio dell’Om
446/1997, che riconosce
esplicitamente il principio di
proporzionalità solo per il
monte ore dei consigli di
classe. L’Om si riferisce però
al Ccnl del 1995 che
quantificava il monte ore delle
attività collegiali “per un
totale di 40 ore annue”.
Attualmente, l’articolo 29 del
Ccnl del 2007 prescrive “fino a
40 ore annue”, e nel Piano
attività di ciascuna istituzione
scolastica può essere previsto
un limite inferiore.
Il
rapporto di lavoro a tempo
parziale è disciplinato per il
personale docente dall’articolo
39 del Contratto. Il comma 8
fissa il principio della
proporzionalità:
nell’applicazione degli istituti
normativi previsti dal
contratto, si applicano, in
quanto compatibili, le
disposizioni di legge e
contrattuali dettate per il
rapporto a tempo pieno “tenendo
conto della ridotta durata della
prestazione e della peculiarità
del suo svolgimento”. Il comma
10 stabilisce che “il
trattamento economico del
personale con rapporto di lavoro
a tempo parziale è proporzionale
alla prestazione lavorativa”,
ovvero 9/18, 10/18, 12/18, a
seconda dei casi. La
proporzionalità della
retribuzione è riferita
all’intera prestazione
lavorativa. Quindi imporre e
pretendere obblighi di lavoro
superiori a quanto definito nel
contratto individuale e
percepito nello stipendio
sarebbe una discriminazione
perfino incostituzionale
(articolo 36 Costituzione).
Il
principio di non discriminazione
è fissato chiaro e tondo nel
D.L.vo 61/2000, richiamato nel
Contratto, che recepisce una
direttiva europea in materia e
vieta di assegnare al lavoratore
a tempo parziale un trattamento
meno favorevole rispetto al
lavoratore a tempo pieno, specie
sul piano retributivo.
La
soluzione è quella prospettata
nel 2010 dall’Usr Veneto,
Regione nella quale da allora
sembra esserci maggiore
uniformità di trattamento. “In
coerenza con la ratio della
norma che presuppone una stretta
correlazione tra monte di
insegnamento e partecipazione
alle attività a carattere
collegiale”, il Dirigente
scolastico dovrà fornire al
docente part time un “calendario
individualizzato” delle attività
funzionali all’insegnamento, nel
quale risulti esplicitato
l’ordine di priorità delle
sedute, con l’obbligo di
partecipare a quelle valutate
indispensabili e compatibili con
il suo orario di servizio.
Per approfondire meglio la
questione si suggerisce di
consultare i seguenti link.
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Praticamente è solo l’Anp
a continuare a sostenere “che i
docenti in part time debbono
presenziare a tutti i collegi
docenti e ai dipartimenti
disciplinari che sono
articolazioni del collegio fino
a 40 ore”.
Il parere dell’Anp Piemonte del
14/02/2012 si legge a questo
link:
http://www.anppiemonte.it/forum1202.htm
È reiterato pari pari in un
altro parere dell’11/07/2013:
http://www.anppiemonte.it/forum1307.htm
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