Insegnanti: rischi, fatica e tante ore di lavoro di Rita Guma, Il Fatto Quotidiano 31.10.2013 Leggo il post di Vania Lucia Gaito mentre riemergo da ore ed ore di lavoro per la predisposizione dei piano di lavoro annuali di ogni classe dopo che abbiamo concluso il piano di lavoro di dipartimento elaborato in team con ore di confronto via e-mail e riunioni di persona. Sono documenti che non abbiamo potuto decidere quando predisporre perché ci sono precise scadenze, a meno che si voglia dire che aver lavorato anche di notte per fare in tempo sia stata una scelta… Nell’articolo di Gaito – che forse voleva essere una critica ai politici in cerca di facile consenso e temo sia risultato un colpo basso agli insegnanti – manca il riferimento all’obbligo di sorveglianza che comporta per i docenti rischi notevoli ogni giorno, sia durante la presenza in aula che nei corridoi durante l’intervallo, sia nelle uscite didattiche che nei viaggi di istruzione. Se un allievo infila la matita nell’occhio di un altro o tenta di strozzarlo o cade dalle scale o danneggia proprietà altrui o persone terze in orario scolastico o in gita scolastica, il docente responsabile deve dimostrare di non aver potuto impedire il fatto (cioè presunzione di colpevolezza!). Non solo: i docenti che portano gli allievi nei laboratori o in palestra risultano, per la normativa sulla sicurezza, preposti, per cui devono seguire un apposito corso e farsi carico delle corrispondenti responsabilità per rischi che non solo irrilevanti in un laboratorio di fisica o chimica o impianti elettrici. Inoltre, il peggior danno che un docente potrebbe fare non è generare una classe di asini, ma essere fuori aula (ad es al cambio d’ora) o alla cattedra sepolto da un capannello di allievi mentre dei bulli stuprano una compagna o picchiano un disabile. O, ancora, perdere di vista i bambini durante un’escursione accanto ad un fiume o in un parco visitato da pedofili, anche perché, quando in una classe si presentano più situazioni a rischio in contemporanea, non si sa a quale si debba dare la priorità. Non parliamo poi dei rischi corsi dai docenti stessi a contatto con allievi che ormai portano a scuola anche armi bianche o che possono sferrare un pugno al docente senza che questi possa reagire. Non accade solo in scuole di periferia e ad alto rischio e simili comportamenti talora sono messi in atto anche da certi genitori…E purtroppo nelle scuole malfrequentate non c’è un presidio delle Forze dell’Ordine come invece in ospedale. Ma anche senza situazioni criminali quello del docente è un lavoro usurante che inviterei tutti a sperimentare, prima di giudicare. Se gli allievi sono interessati non c’è un attimo di tregua ed, anche se soddisfatti, ci si trova esausti dopo poche ore. Se gli alunni sono scalpitanti e violenti ci si trasforma in guardiani, con la testa piena di rumore e lo stress di cercare di impedire danni. Emblematica, in tal senso, questa immagine, che peraltro evidenzia come l’usura del ruolo non sia una pretesa italiana. Quanto alle ore di lavoro, vogliamo considerare quante giornate si impiegano ad organizzare e fare le “gite” scolastiche, predisporre gli interventi di esperti, aggiornarsi sui contenuti che cambiano costantemente quando si insegna una materia tecnica o scientifica o quando le materie cambiano da un anno all’altro (perché per alcune classi di concorso passi da telecomunicazioni a tecnologie informatiche, da elettronica a robotica, e sono campi molto diversi, anche se con una comune matrice)? E vogliamo parlare della preparazione dei piani individualizzati per gli allievi con BES (Bisogni Educativi Speciali) o portatori di handicap, delle relazioni di fine anno o del documento del 15 maggio? Sono un’insegnante entusiasta del mio lavoro: l’ho scelto – da ingegnere – rinunciando ad offerte di lavoro allettanti di multinazionali, e anche dopo vent’anni lo considero il lavoro più bello del mondo e dico sempre che pagherei per farlo. Pertanto non sono appassionata di discorsi sui profili stipendiali ed il mio messaggio non è “guadagniamo poco”, ma “facciamo tanto tanto tanto di più di quel che si dice e con tanta più fatica di quel che si crede”. |