Sono Dirigenti ma continuano a chiamarli Presidi.
E se fossero eletti?

di Eleonora Fortunato, Orizzonte scuola, 11.10.2013

Sarebbero, finalmente, dei leader? È la proposta di Società Libera. Non così originale, se pensiamo che la Gilda degli Insegnanti ne parla da anni. Però ha il merito di riaccendere i riflettori su un tema più che mai attuale se si considera, finalmente, la scuola come una vera organizzazione.

Circolari, curricoli, sigle dall’onomatopea discutibile (Pof!): questa volta la burocrazia in cui annega la scuola è finita nel mirino di una associazione di cultura liberale, Società Libera. La soluzione è presto detta: presidi eletti anziché nominati per concorso.

"La nostra non è una provocazione – ci ha detto al telefono da Milano Vincenzo Olita, Direttore di Società Libera – in quanto amanti del liberalismo, ogni anno stiliamo un rapporto che porta l’opinione pubblica a conoscenza dei progressi, o delle involuzioni, compiute dal nostro paese nel campo delle liberalizzazioni. Così questa volta abbiamo voluto lanciare una proposta per portare in primo piano la responsabilità individuale nel mondo della scuola. Un capo di istituto eletto anziché nominato dall’alto sarebbe un leader riconosciuto, interessato in prima persona a far funzionare le cose: solo dimostrando le sue reali capacità potrebbe essere rieletto. Basta con i rituali che rallentano tutto, innervosiscono e distolgono gli insegnanti dal loro vero compito, cioè la formazione dei ragazzi, basta con le circolari, le assemblee, le occupazioni".

Ma come assicurarsi che un preside abbia poi le competenze tecniche per far funzionare un organismo complesso come una scuola? Olita prosegue: “Dopo la sua elezione, il dirigente potrebbe seguire dei corsi per imparare, per esempio, a leggere un bilancio. Fermo restando che quello che più conta sarebbe saper coordinare un lavoro di squadra. Non è detto neanche che debba restare in carica solo due anni: se dimostrasse di saperci fare, per noi potrebbe essere rieletto a vita”.

Ma il tema dell’elezione si lega indistricabilmente con quello della valutazione, incontrando un’istanza oggi più che mai presente nel dibattito sulla scuola: “La valutazione dovrebbe essere fatta dai docenti e dai dirigenti, certo, ma anche degli studenti. Senza contare l’importanza dell’autovalutazione”.

Quella dei presidi eletti anziché nominati per concorso (o per corso-concorso, stando al nuovo Decreto Legge sull’istruzione) è in realtà una proposta già nota tra gli addetti ai lavori, se pensiamo che alla Gilda degli insegnanti ne parlano da anni. “Anche nelle nostre recenti sezioni di lavoro – ci ha detto il coordinatore nazionale Rino Di Meglio – abbiamo lavorato al perfezionamento di questa ipotesi, che riproduce nella scuola secondaria lo stesso meccanismo delle Università, dove il Rettore viene eletto dal Senato Accademico. Non è un’idea così strana se pensiamo che in molti dei paesi che partecipano alle rilevazioni OCSE già sono adottati sistemi di elezione e di gestione partecipata della leadership”.

Anche Andrea Volterrani, che insegna sociologia della comunicazione all’Università di Roma “Tor Vergata”, giudica la proposta ‘stuzzicante’, coerente con l’idea che “ogni organizzazione, compresa la scuola, per funzionare bene, per rispondere alle esigenze dei suoi utenti e del suo territorio, deve basarsi su una struttura democratica e partecipata, oltre che flessibile e reticolare. Una scuola che si sceglie il suo capo gli affiderà molta più autonomia, non boicotterà le sue decisioni, lo aiuterà ad attuare i cambiamenti”.

Un teorico come lui tuttavia sa bene che il meccanismo elettivo incontra facilmente le resistenze dei dirigenti già in carica, non troppo inclini a vedere messo in discussione dal voto un ruolo faticosamente conquistato e che, se il sistema resta invariato, gli resterà a vita. “Non c’è dubbio però – conclude - che un’azione del genere porterebbe all’attuazione concreta e piena dell’autonomia. Certo sarebbe necessario un cambiamento globale a livello organizzativo e legislativo”.

Se pensiamo, come ci ha ricordato Gregorio Iannaccone, presidente Andis (Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici), che una modifica al reclutamento è appena stata fatta (il pacchetto “L’istruzione riparte” ha, infatti, predisposto che esso avvenga d’ora in avanti mediante corso-concorso bandito annualmente per tutti i posti vacanti e gestito dalla Scuola Nazionale di Amministrazione), un nuovo mutamento di prospettive non sembra troppo imminente.

La situazione della dirigenza in Italia non è compresa – ci ha detto Iannaccone - Quello del dirigente è un ruolo difficile, che ha bisogno di una tutela giuridica, la sua nomina non può essere elettiva, sarebbe troppo debole. La nomina deve continuare ad avvenire per concorso. Insomma, c’è bisogno di una stabilizzazione della dirigenza, non del suo indebolimento”.

Un’ambiguità e una debolezza che, se ci pensiamo, si traducono anche sul piano nominale: sono dirigenti, ma continuiamo a chiamarli presidi.

“Un’elezione a suffragio universale potrebbe magicamente risolvere tutti i problemi della categoria e della scuola italiana?” ci domanda infine il presidente dell’Andis. Forse no, forse in questo momento le priorità sono altre, ma discutere, come sempre, fa bene alla democrazia.