L’uscita a 18 anni fu già proposta da Berlinguer di P.A. La Tecnica della Scuola 28.11.2013 “Chiunque si trovi a pensare, progettare, governare il sistema scolastico deve porsi il problema di costruire la corrispondenza di curriculum tra classe scolastica e classe di età”. Su Il Sussidiario.it una interessante analisi sul cosiddetto “liceo breve” Diamo una sintesi dell’articolo di Giovanni Cominelli “Non ha senso discutere/sperimentare solo relativamente alla durata del quinquennio superiore senza coinvolgere tutto l'ordinamento, in particolare la scuola media. Rinchiusa la sperimentazione nei quattro anni di liceo, è difficile sfuggire ad alcune obiezioni, che contestano con buoni argomenti l'eterno ritorno nonché l'opacità delle sperimentazioni, la perdita secca di un anno di istruzione superiore, il richiamo solo parzialmente pertinente all'Europa.
Dunque, è l'intero
segmento superiore che va riorganizzato, perché è la fine del ciclo
03-10 anni il punto di partenza di un nuovo ciclo esistenziale.
Luigi Berlinguer aveva risolto la questione con la proposta del 7+5
(legge 30 dell'8 marzo 2000). La scuola di base si allungava di due
anni, saltava la scuola media, il ciclo superiore recuperava
l'ultimo anno di scuola media, conservava i cinque anni, ma si
usciva a 18 anni. Generava, nell'immediato, l'inconveniente
dell'onda anomala (risolvibile in un anno) ma questo fu l'argomento
principale usato dagli oppositori al governo e all'opposizione. Beninteso, l'uscita a 18 anni non è un dogma. Ma quello della corrispondenza tra curriculum e biografia individuale sì! Mentre il nostro sistema di istruzione tratta i già-adolescenti come ancora-bambini fino ai 14 anni e tratta i già-giovani come ancora-adolescenti fino a 19 anni. In realtà, decenni di elaborazioni, di esperienze nazionali e internazionali e, soprattutto, di politiche confermano che il principio di riorganizzazione e di ripensamento degli ordinamenti è un curriculum fondato sulle competenze-chiave, sui piani di studio personalizzati, sul laboratorium invece che sull'auditorium, sull'organizzazione dell'edilizia scolastica e degli spazi fisici, che non costringa nei banchi degli undicenni i giovani di 19 anni.
La sperimentazione
della Carrozza ha il merito di riaprire il discorso su tutto ciò.
Nulla di più. Perché, ad un occhio smaliziato la sperimentazione
autorizzata potrebbe anche apparire come un ennesimo rinvio e una
fuga per i campi, vista la mancanza di volontà politica dei governi
passati e di questo governo di camminare sulla strada maestra delle
riforme volte a mettere in asse il sistema di istruzione con le
biografie individuali dei ragazzi. Tuttavia sarebbe ingeneroso
imputare alla sola Carrozza un blocco delle riforme che invece è
l'effetto del reciproco assedio di forze politiche, che, governando
insieme, impediscono, ciascuna all'altra, di "ferire" con riforme
radicali il proprio elettorato. Ed è il peggio che, appunto, sta già accadendo. C'è da scommettere che nessuna forza politica e sindacale si riconosca in questo giudizio. Eppure, vent'anni di seconda Repubblica confermano che solo quel presupposto è in grado spiegare razionalmente l'immobilità delle politiche e il declino del sistema di istruzione. E l'eterno movimento delle parole dei dibattiti, dei talk-show, dei programmi elettorali, dei disegni di legge e dei decreti legislativi? |