Valutazione del sistema scolastico:
un passo avanti?

di Marco Campione i Mille, 18.3.2013

Venerdì 8 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo regolamento del Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) delle scuole. Si regge su tre pilastri: l’Invalsi (regia complessiva e predisposizione degli strumenti di valutazione e autovalutazione), l’Indire (per “aiutare le scuole nei piani di miglioramento”) e gli ispettori (per “guidare i nuclei di valutazione esterna”). Qui si può leggere un’intervista al Sottosegretario Ugolini, che ne spiega le ragioni dal suo autorevole e appassionato punto di vista.

Alcune forze politiche e sindacali avevano chiesto un rinvio, ma il governo ha preferito procedere per almeno un paio di motivi. Il primo è che anche chi nell’esecutivo era disposto a passare la pratica al successore di Profumo ha dovuto prendere atto del fatto che questo successore potremmo non averlo per un po’ di tempo. Il secondo è il timore – confermato purtroppo da numerosi precedenti – che un rinvio avrebbe potuto anche essere sine die. L’approvazione, ha inoltre sottolineato Palazzo Chigi in un comunicato, “consente di rispondere anche agli impegni assunti nel 2011 dall’Italia con l’Unione europea, in vista della programmazione dei fondi strutturali 2014/2020”.

Tra le critiche avanzate al provvedimento, la principale è quella fatta anche dalla CGIL, che stigmatizza l’eccessivo peso del MIUR “a danno del ruolo debole attribuito all’autonomia scolastica”. Ha invece applaudito al varo del regolamento la CISL, che ha fatto notare come “mentre l’impianto avviato può essere migliorato in fase di gestione, un ulteriore rinvio avrebbe creato un vuoto pericoloso e un danno ben più grave”.

Personalmente penso che effettivamente nello sviluppo dell’autonomia manchi (da 13 anni, non da oggi!) un adeguato coinvolgimento di scuole, dirigenti, famiglie e territori (enti locali, realtà produttive, associazioni…). Nonostante questo, prevale in me la convinzione che l’avvio di un rinnovato sistema di valutazione fosse un passo necessario e non più rinviabile, anche per rispetto al più ampio processo di autonomia scolastica avviato dall’allora ministro Berlinguer. Non mi convince fino in fondo neanche chi sostiene che la valutazione potrà avvenire solo dopo aver predisposto adeguati investimenti. Se è vero, infatti, che senza risorse non può esistere reale autonomia, è altrettanto vero che senza valutazione non è auspicabile alcun investimento di risorse economiche e umane.

Perché non sono possibili nuove risorse senza valutazione? Per quel che riguarda le risorse comunitarie, ha già detto il comunicato governativo sopra richiamato; per quanto concerne le risorse nazionali, il vincolo è invece tutto politico. È infatti doveroso che lo Stato attui procedure per verificare come i soldi vengono spesi, in particolare in un momento di ristrettezza economica; ma una seria valutazione del sistema serve soprattutto a individuare dove sono necessarie maggiori risorse, pratica essenziale se si vuole evitare di compiere un errore speculare a quello del centrodestra: non vi è molta differenza – ai fini dell’efficacia degli interventi – tra tagli indiscriminati e finanziamenti a pioggia.

Nel merito del provvedimento, il PD ha avuto ad Agosto 2012 una posizione equilibrata. “Per molti aspetti – scrivevano in una nota congiunta Puglisi e Bachelet – le linee guida del regolamento sono ampiamente compatibili con quelle del PD, se non ad esso ispirate”. A questo riconoscimento, seguivano tre osservazioni critiche puntuali:

  1. scarsa indipendenza e autonomia del valutatore;

  2. carenza di coordinamento con altre norme: Titolo V della Costituzione, legge sulla governance (approvata pochi mesi prima da un ramo del Parlamento), indicazioni nazionali sul curricolo;

  3. mancata previsione di risorse umane e finanziarie adeguate.

Profumo ha deciso di ignorare l’equilibrio di quella posizione, forse irrigidito da un atteggiamento poco conciliante di Puglisi su molte iniziative ministeriali. Purtroppo la scelta del Ministro di non distinguere tra “riformisti” e non all’interno del PD ha indubbiamente indebolito le posizioni dei primi. Peccato, perché le critiche avanzate erano su aspetti molto precisi, sui quali nel tempo che è passato da allora si sarebbe potuto intervenire, migliorando il provvedimento. Invece quei limiti sono tuttora presenti.

L’aspetto più critico riguarda l’eccesso di centralismo nell’approccio dell’apparato tecnico ministeriale. Se infatti è giusto il mix tra ciò che viene gestito centralmente (i dati, la valutazione “oggettiva”, o – meglio – quantitativa) e ciò che viene fatto dalle singole scuole (l’uso dei dati, la conduzione del processo di autovalutazione), il pallino resta comunque in mano all’Invalsi, una diretta emanazione del MIUR. Ha senso che la predisposizione e l’analisi dei dati raccolti avvenga centralmente, ma è insensato insistere con il fatto che questa realtà sia alla stregua di un dipartimento ministeriale. L’indipendenza del valutatore deve tornare ad essere un obiettivo, mentre è corretto che in capo al MIUR resti il corpo ispettivo, che però dovrà essere formato e selezionato coerentemente con la nuova funzione che lo aspetta.

Infine pesa la non approvazione della riforma degli organi collegiali, abbattuta al Senato dal fuoco amico di chi l’aveva approvata alla Camera. Ammesso che la nuova legislatura abbia davanti un tempo adeguato, è auspicabile che si riprenda la questione. Tale legge dovrà prevedere i nuclei di valutazione interni alle scuole, e il SNV a quel punto non potrà non tenerne conto.

Su questi aspetti, come su quello delle risorse per far funzionare il sistema, si dovrà indubbiamente intervenire in itinere, ma i risultati ottenuti con questo regolamento sono importantissimi ed è un peccato che nessuno nel centrosinistra li abbia adeguatamente sottolineati. Richiamo i due successi politicamente più significativi:

  1. che sia stata abbandonata la logica premio/punizione di “brunettiana” memoria;

  2. che l’obiettivo dichiarato sia il miglioramento del servizio e dunque delle prestazioni delle scuole, distinguendo tra misurazione e valutazione.

Il primo punto il PD dovrebbe rivendicarlo per due ragioni: i) aver superato quella logica è stato un suo grande successo, da rivendicare con un elettorato sempre scettico a riconoscergli meriti nell’ambito delle politiche scolastiche; ii) se valorizzato bene, questo elemento potrebbe consentire una discussione nel merito, non sulle presunte intenzioni nascoste di questo o di quello, aiutando a liberare il campo dagli oppositori a prescindere.

Per quel che riguarda il secondo punto, va invece sottolineato che con l’impianto voluto da Profumo i dati delle rilevazioni Invalsi sono confermati come imprescindibili, ma a questi si aggiungono altri elementi che consentono alle scuole di condurre il processo di autovalutazione. Ed è significativo che siano i risultati di quest’ultimo processo ad essere resi pubblici, non i semplici dati di misurazione, abbandonando la logica della “classifica” fin da subito giustamente osteggiata.

Questo provvedimento, dunque, può e deve essere migliorato e molta altra strada dev’essere compiuta perché la valutazione – e con essa l’autonomia scolastica – possa sviluppare pienamente le proprie potenzialità. Però, pur criticandolo per la sindrome dell’uomo solo al comando che sembra colpirlo periodicamente, si deve riconoscere a Profumo che se non avesse emanato il regolamento oggi non avremmo nulla da poter migliorare.

E non avremmo definitivamente sancito la bocciatura su tutta la linea di quell’approccio gelminianto alla valutazione, che in tanti abbiamo avversato in questi anni. Quando avremo un nuovo ministro potrà partire da qui. Che non è poca cosa.