dati istat

Istruzione, Italia in ritardo
rispetto alla media europea

Il livello dipende in larga misura dall’estrazione sociale,
dal contesto socio-economico e dal territorio

 La Stampa, 11.3.2013

roma
Istruzione e benessere vanno di pari passo ma l’Italia, nonostante i miglioramenti conseguiti nell’ultimo decennio, non è ancora in grado di offrire a tutti i giovani la possibilità di un’istruzione adeguata. 

Il ritardo rispetto alla media europea e il fortissimo divario territoriale si riscontrano in tutti gli indicatori che rispecchiano istruzione, formazione continua e livelli di competenze. Ad esempio la quota di persone di 30-34 anni che hanno conseguito un titolo universitario è del 20,3% in Italia a fronte del 34,6% dell’Unione europea a 27 paesi. E’ quanto emerge dal rapporto Istat-Cnel “Bes 2013”, presentato oggi.  

Il livello di istruzione e competenze che i giovani riescono a raggiungere dipende in larga misura dall’estrazione sociale, dal contesto socio-economico e dal territorio. Il divario nelle competenze di italiano e matematica tra gli studenti dei licei e quelli degli istituti professionali è ampio e non semplicemente giustificabile con il diverso indirizzo formativo degli istituti; a questo si aggiunge la qualità del sistema educativo, che è profondamente diversa tra Nord e Sud. La famiglia inoltre influenza fortemente i risultati, tanto che i figli di genitori con al massimo la scuola dell’obbligo hanno un tasso di abbandono scolastico del 27,7%, che si riduce al 2,9% tra i figli di genitori con almeno la laurea.  

Il percorso formativo è finalizzato a raggiungere e mantenere conoscenze e competenze adeguate per aumentare l’occupabilità (employability) delle persone, favorire lo sviluppo e realizzare stili di vita adeguati alla società complessa in cui viviamo. 

In questa prospettiva, prosegue il rapporto “Bes 2013”,, il percorso formativo non si limita all’istruzione formale, ma è un processo continuo che inizia prima della scuola dell’obbligo, con gli stimoli ricevuti in famiglia fin dalla più tenera età e con la scuola dell’infanzia, e si estende oltre la scuola secondaria o l’università con la formazione continua e, più in generale, con le attività di partecipazione culturale.  

Rispetto a questo percorso formativo, tra il 2004 e il 2011 la situazione è migliorata per quasi tutti gli indicatori considerati, ma l’Italia non è riuscita a superare il divario con il resto d’Europa. Restano comunque molte criticità. In primo luogo, a causa della crisi economica che ha colpito più duramente i giovani, è aumentata la quota di Neet, ossia di giovani 15-29enni che non lavorano e non studiano (dal 19,5% del 2009 al 22,7% del 2011).  

Inoltre è in netta diminuzione la partecipazione culturale delle persone; dopo un periodo di stagnazione, nel 2012 l’indicatore presenta un decremento molto marcato, passando al 32,8% dal 37,1% del 2011.  

Sono ancora ampie le differenze territoriali: nel 2011 la quota di persone di 25-64 anni con almeno il diploma superiore è pari al 59% al Nord e al 48,7% nel Mezzogiorno, mentre i giovani che non lavorano e non studiano (Neet) sono il 31,9% nel Mezzogiorno, ovvero il doppio della quota relativa al Nord (15,4%). Un miglioramento del livello d’istruzione e del livello di competenze che intervenga a ridurre le disuguaglianze territoriali e sociali e garantisca maggiori opportunità ai giovani provenienti da contesti svantaggiati appare, dunque, una priorità nel nostro Paese.