buongiorno maestra

Bambini analfabeti?

di Luciana Bertinato Avvenire, 5.3.2013

I bambini scoprono e raccontano il mondo con i gesti, la parola e il disegno. Da piccoli anche voi avete iniziato a muovere i primi passi nell'universo della lettura e della scrittura attraverso la scoperta dei suoni e i primi scarabocchi. Ciascuno ha imparato a leggere e scrivere la sua prima parola in mille modi diversi: Federico a tre anni alla scuola dell'infanzia, Francesca a quattro sul pigiama del papà, Laura al supermercato, Alessio al pronto soccorso cercando la parola “uscita”.

La lingua è uno strumento importante per comunicare e sviluppare nuove conoscenze. «È solo la lingua che rende uguali», scriveva don Lorenzo Milani. Sapete quante parole conoscono i bambini in Italia al momento di entrare a scuola? Circa duemila: parole utili a pensare e mettere ordine nelle esperienze. Nonostante la presenza in ogni casa di tv, cellulari e computer, molti si lamentano perché i bambini d'oggi non sanno parlare in forma chiara, scrivere in modo corretto, leggere un testo e capirne il significato. Secondo costoro la colpa sarebbe sia dei ragazzini, pigri e svogliati, che delle maestre incapaci di insegnare a “leggere, scrivere, far di conto”, come recitava la scuola dei nonni.

Ma proviamo a chiederci: quanti sono gli adulti che parlano usando correttamente i modi e i tempi dei verbi? Scrivono un testo privo di errori d'ortografia, vanno in biblioteca, leggono e s'informano non solo davanti alla tv? Il 38 per cento della popolazione adulta italiana in età di lavoro ha gravi difficoltà di lettura, scrittura e calcolo. Spesso la povertà del vostro linguaggio è la conseguenza della povertà culturale di tante famiglie, nelle quali non si coltiva l'abitudine a conversare insieme, leggere un libro o un giornale, scrivere una lettera, sviluppare qualche interesse culturale.

A noi insegnanti spetta il compito di suscitare la passione per la lettura e la scrittura, tuttavia la scuola non può essere lasciata sola nell'aiutare gli alunni che partono da situazioni familiari e sociali di svantaggio. Una volta usciti dalle aule, sono proprio loro che rischiano di diventare analfabeti adulti di ritorno.