Università, studenti stranieri: di A.G. La Tecnica della Scuola 10.5.2013 Presentato il rapporto "Gli studenti internazionali nelle università italiane”: in Italia sono il 3,8%, contro una medie Ue dell’8,6% ed in Gran Bretagna del 21,6%. Sempre da noi se ne laurea uno ogni 34 italiani. La maggior parte arrivano da Albania, Cina, Camerun, Iran e sono iscritti a Bologna. Uno su tre è costretto a svolgere professioni umili. Gli esperti: colpa della burocrazia, del mancato riconoscimento dei titoli ottenuti nel paese di origine e della carenza di alloggi. In Italia l’incidenza degli studenti stranieri sul totale popolazione accademica "é ancora piuttosto limitata". Nel 2010 gli studenti universitari stranieri in Italia erano appena il 3,8% del totale. Mentre nello stesso periodo in Gran Bretagna se ne contavano il 21,6%, in Germania il 10,7%, per una media Ue dell'8,6%. A sostenerlo è il rapporto "Gli studenti internazionali nelle università italiane: indagine empirica e approfondimenti" dell'European Migration Network Italia, presentato il 10 maggio a Roma. Anche se negli ultimi decenni si è assistito ad un incremento complessivo di matricole non italiane, oggi annualmente si conta ancora solamente un cittadino straniero ogni 22 immatricolati, uno ogni 26 iscritti, uno ogni 34 laureati. Oltre ai numeri, lo studio ha esaminato anche le caratteristiche degli studenti non italiani iscritti nei nostri atenei. Ebbene, la maggior parte provengono da Albania, Cina, Camerun, Iran. Nell'anno accademico 2011/12 si contavano 51.947 studenti non comunitari (22.951 nel 2004), provenienti per lo più da Albania (11.802), Cina (6.161), Camerun (2.612), Iran (2.271), Perù (1.929), Marocco (1.831), Moldova (1.794), Ucraina (1.559), Israele (1.586) e Russia (1.404). Se a questi studenti si sommano anche gli iscritti a corsi post lauream (5.980) e a corsi di alta formazione artistica, musicale e coreutica (4.380), gli extra Ue in Italia raggiungono quota 62.307, mentre i comunitari si fermano complessivamente a un totale di 17.424. Il rapporto stima che gli stranieri che frequentano i college nord americani siano 20 mila e quelli iscritti agli atenei pontifici 10 mila. Per un totale di 110 mila studenti stranieri in Italia, contro i 550 mila della Gran Bretagna e i 250 mila di Francia e Germania. Dallo studio è emerso anche che è l’Università di Bologna quella con il maggior numero di iscritti non comunitari, anche se il Politecnico di Torino, quello di Milano e l'Università di Genova registrano la maggiore incidenza (12,7%; 8,2%; 6,2%). La Sapienza e i Politecnici raccolgono il 20% degli studenti non comunitari presenti in Italia. In generale le facoltà preferite sono Economia (18,9% degli extra Ue), Ingegneria (17,9%) e Medicina (11,4%). Dall'indagine International Student Survey, condotta con l'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali e contenuta nel Rapporto, risulta poi che un terzo degli studenti non comunitari lavora per far fronte alla carenza di risorse finanziarie. Soprattutto in mancanza di una borsa di studio. Quasi sempre il lavoro cade su professioni umili (ristorazione e servizi per le aziende), nel 60% dei casi in nero. E per uno su quattro c’è anche il modo di inviare risparmi ai familiari in patria. Il 74,9% è detto soddisfatto del proprio rendimento universitario e il 90% del suo inserimento nella società. Un’ultima doppia curiosità: solo il 40,7% ha espresso la volontà di fermarsi una volta terminati gli studi. E appena il 24,5% ha detto di essere venuto a studiare in Italia per le buone prospettive di carriera. A frenare l'accesso degli stranieri alle università nostrane, ha spiegato Antonio Ricci, di Emn Italia, ci sono, tra le altre cose, "la burocrazia, il mancato riconoscimento del titolo di studio ottenuto nel paese di origine e l'insufficienza di servizi alloggiativi". Il problema è che "bisogna rafforzare le politiche di sostegno allo studio per permettere che all'università abbiano accesso anche gli stranieri e i figli degli immigrati", ha aggiunto Mario Morcellini, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale alla Sapienza. |