Copiare a scuola è sbagliato. di Simona Ravizza la 27 ora, blog del Corriere della Sera, 25.5.2013
Negli Stati Uniti l’ultima a lanciare l’allarme sui bambini che copiano a scuola è stata la giornalista del Wall Street Journal Sue Shellenbarger in una delle sue rubriche Work & Family dedicate al lavoro e alla famiglia. A ogni età dell’alunno vengono abbinati suggerimenti per spiegargli che imbrogliare tra i banchi è sbagliato. Un vademecum che fa riflettere. In Italia, dove i bambini che copiano (in modo abituale o saltuario) arrivano al 34% già alle elementari, l’atteggiamento diffuso è ben più tollerante: «I raggiri scolastici sono delle vere e proprie prove generali d’illegalità, ma vengono rappresentati come gesti sporadici insignificanti o episodi di costume e di folklore — denuncia il sociologo dell’Università di Urbino Marcello Dei, che pubblicherà sull’argomento uno studio sulla rivista Minori Giustizia —. Per dirla con una metafora teatrale, in Italia la rappresentazione degli imbrogli tra i banchi di scuola non ha il tono serio e doloroso del dramma, appartiene al genere della commedia leggera, all’italiana, per l’appunto». Ma chi esagera? Sono troppo rigidi i genitori all’estero o siamo noi mamme e papà italiani troppo permissivi? Come bisogna comportarsi, insomma, con i bambini che copiano a scuola? Il fenomeno è stato sdoganato da noti imprenditori e scrittori di fama. Luca Cordero di Montezemolo, ai tempi in cui era ai vertici di Confindustria, aveva confessato agli studenti dell’università Luiss di Roma: «A scuola ero campione mondiale di copiatura e questo dimostra che anche chi copia ha speranza». Ancora prima, addirittura nel 1997, Claudio Magris sulle colonne del Corriere aveva fatto L’elogio del copiare: «Copiare (in primo luogo far copiare) è un dovere, un’espressione di quella lealtà e di quella fraterna solidarietà con chi condivide il nostro destino (poco importa se per un’ora o per una vita) che costituiscono un fondamento dell’etica. (…) Chi, sapendo un po’ di più di informatica o di latino di quanto non ne sappia il suo compagno di banco, non cerca di passargli il tema resterà probabilmente per sempre una piccola carogna».
E indulgenti spesso lo sono anche i prof che, in occasioni come la maturità, girano la testa per non vedere chi copia. Così nei giorni scorsi l’Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola è stata costretta a scrivere al nuovo ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza: «Fra poco avranno inizio gli esami di Stato — rimarcano i presidi —. Un momento importante, previsto dalla nostra Costituzione, la cui credibilità negli ultimi anni è stata fortemente intaccata dalla segnalazione di numerosissimi casi in cui non è stato garantito il corretto svolgimento delle prove. (…) Pesa anche, purtroppo, una abbastanza diffusa mancanza di fermezza nel far rispettare le regole, che, insieme a una malintesa “comprensione” nei confronti degli studenti, ha indotto alcuni a tollerare e anche a giustificare indebiti aiuti». L’appello «Non fate più copiare gli studenti», è il refrain appena (ri)lanciato dal Gruppodifirenze.blogspot che si batte per la scuola del merito e della responsabilità. Quel che emerge, forse, è che finora c’è stata troppa indulgenza. Il sociologo Marcello Dei è categorico: «Tra gli imbrogli scolastici e l’illegalità diffusa nella vita pubblica e privata del Paese sussiste un filo di continuità — ribadisce —. Il rispetto della legalità incomincia fra i banchi di scuola». Spiegare al bambino come resistere alla tentazione diventa una sfida importante: «Il mio suggerimento è di non colpevolizzarlo mai, soprattutto quando ha 5/6 anni e difficilmente attribuisce al copiare il significato che gli danno gli adulti — spiega Emanuela Confalonieri, psicologa dello sviluppo dell’Università Cattolica —. È meglio fargli capire che ce ne siamo accorti e trovare insieme un modo originale per (ri)fare il compito copiato». Dopotutto uno studio del 2008 di Sara Staats, Julie Hupp ed Heidi Wallace, ricercatrici di psicologia della Ohio State-Newark University, aveva dimostrato che «Chi non copia ha più personalità». |