Buco Inpdap, che qualcuno intervenga sulla voragine Il tempo stringe, dice la Corte dei Conti, perché tra poco mancherà la “liquidità indispensabile a gestire la stessa correntezza delle prestazioni”. Ovvero mancheranno i soldi per pagare le pensioni. Piero Riccardi, Ernesto Pagano, Il Corriere della Sera 10.5.2013 Da quando l’Inpdap, l’Ente di previdenza dei lavoratori pubblici, è entrato a far parte dell’Inps, il suo patrimonio si è più che dimezzato passando dai 41, 3 mld di euro del consuntivo 2011 ai 25,2 mld del preventivo assestato 2012 e ai 15, 4 del bilancio preventivo 2013. Tanto è grave la situazione da far scrivere al magistrato della Corte dei Conti: “ (l’) azzeramento dell’avanzo patrimoniale in un triennio (va) a incidere sulla liquidità indispensabile a gestire la stessa correntezza delle prestazioni”. Vale a dire sono a rischio le pensioni. Ma non ci avevano detto che dopo le tre o quattro riforme pensionistiche - Dini, Maroni, Fornero - la sostenibilità del sistema pensionistico italiano era in una botte di ferro?
La colpa di
tutti i mali, si sa, per molti italiani sono gli impiegati pubblici.
Lavorano poco, sono assenteisti e spesso inefficienti, in pratica
“rubano” lo stipendio e ora anche le pensioni. Almeno da quando
l’Inpdap, - l’Istituto di previdenza di ministeriali, militari,
insegnanti, ospedalieri, ferrovieri, dipendenti di regioni, province
e comuni -, è confluito nell’Inps. È stato così creato SuperInps, un colosso mondiale di previdenza e assistenza che gestisce un terzo degli italiani, tra pensioni, invalidità, cassaintegrazioni e prepensionamenti. Dopo quello dello Stato italiano il bilancio dell’Inps è il primo in assoluto. Tanto grande che per alcuni i due bilanci si mischiano un po’ troppo. A capo di questo impero il dottor Antonio Mastrapasqua, commercialista dagli innumerevoli incarichi, nominato nel 2008 dal governo Berlusconi prima come Commissario incorporante le funzioni dell’abolito Consiglio di Amministrazione e poi Presidente, e anche stavolta di un CdA inesistente. Una situazione che da anni la Corte dei Conti stigmatizza come insostenibile, ma talmente inascoltata che alla scadenza del mandato, il 31 dicembre 2012, il governo Monti si è affrettato a prorogare il dottor Mastrapasqua. «La verità», ci dice Rocco Carannante, consigliere del Civ, il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps «è che lo Stato da qualche anno usa l’Inps come cassa». Il Civ è l’organo di indirizzo politico dell’Ente, che ha senso se l’interlocutore è un Consiglio di amministrazione che gestisce le scelte, «ma se al posto del CdA c’è un governo monocratico che agisce a suon di determine il sistema duale è fallito. Se pure il Civ dovesse non approvare il Bilancio l’ultima parola è sempre del Ministero del Lavoro che lo approverebbe, dunque il Civ è inutile.»
Parole pesanti quelle del
rappresentate Uil in seno al Civ, l’unico, insieme al
collega sempre della Uil, che ha votato contro l’approvazione del
Bilancio 2013. E qui torniamo all’Inpdap. Rocco Carannante: «Fino al 1996 non esisteva una Cassa previdenziale per i dipendenti pubblici e le pensioni venivano pagate direttamente dal ministero del Tesoro. Con la riforma Dini, viene Istituita anche per il Pubblico impiego una cassa, l’Inpdap, a quel punto il Tesoro» spiega Carannante, che è stato a lungo anche consigliere Civ dell’Inpdap «avrebbe dovuto fornire all’Inpdap tutti i contributi passati a carico del datore di lavoro, cioè lo Stato, e continuare a versare i nuovi contributi, calcolo che però non fu mai fatto. Praticamente all’Inpdap di certo entravano solo i parte di contributi a carico dei lavoratori». Massimo Briguori viene dall’Inpdap, è sindacalista Usb: «Quando l’Inpdap doveva far fronte a esigenze di cassa, chiedeva i soldi al Tesoro, che li dava come anticipazioni, ovvero risultavano come prestiti dello Stato, che l’Inpdap doveva restituire. Per il Tesoro erano un credito e per l’Inpdap un debito». Insomma un artificio contabile che spostava debito dallo Stato all’Inpdap. «Senza contare il blocco del turn over nel pubblico impiego» racconta Ettore Davoli, Cobas Inpdap, «che insieme alle privatizzazioni di servizi e funzioni hanno prodotto il risultato che i pensionati aumentavano ma diminuivano i lavoratori attivi che pagavano i contributi.» Tutti e tre sono d’accordo: il dissolvimento dell’Inpdap dentro l’Inps doveva servire a risolvere il buco dell’Inpdap facendolo pagare ai lavoratori del privato. Ma ora che anche l’Inps ha bruciato quasi tutto il suo patrimonio cosa accadrà? Se lo Stato pagherà per ripianare il disavanzo dell’Inpdap - che il Civ ha calcolato in 23 mld di euro - aumenterà il suo debito, se non lo farà sarà a rischio la tenuta della sostenibilità del sistema pensionistico. |