Uno studente sardo porta il dialetto a scuola Pasquale Almirante, La Sicilia 7.7.2013 Lo scorso 21 giugno un alunno sardo ha sostenuto l'esame di terza media in lingua sarda, parlando per una buona mezz'ora di bioedilizia e costruzioni ecocompatibili, ricordando pure le figure di Emilio Lussu e D. H. Lawrence, lo scrittore inglese venuto in Sardegna nel 1921. «Vorrei esprimermi in sardo, perché non è un dialetto, ma una lingua come l'inglese o il francese; attraverso la sua conoscenza entriamo in contatto con la cultura e le tradizioni di questa terra»: ha motivato la sua scelta alla commissione d'esame. E l'iniziativa ha sorpreso ed entusiasmato i prof per il suo amore alla cultura e alla civiltà sarda, ma anche per le sue competenze, espresse sempre in sardo, e per le pronte risposte a tutte le domande. Gli è stato conferito il massimo dei voti, mentre l'imprenditrice della green economy e pluripremiata Daniela Ducato, ha voluto regalargli un libro con dedica: «Caro Riccardo, sei per noi sardi simbolo di orgoglio e di speranza». Tuttavia anche in Sicilia, qualche anno fa, fu annunciato, con il consueto clamore delle grandi riforme, che la Regione implementava nelle scuole lo studio della lingua e della civiltà siciliana, ma a costo zero e senza toccare il curricolo, le ore cioè di lezione previste per ciascuna classe. Un modo singolare per dire: la politica c'è e ha avuto questa brillante idea, però sbrigatevela da soli; e infatti non si è mai capito, non solo a quale insegnante si potesse affidare questa materia, ma anche dove, e a danno di quale altra disciplina, inserirla, mentre sulle competenze specifiche non si appianava nulla, tranne il fatto che non c'erano soldi per il progetto. Tuttavia l'altro aspetto singolare sta nel fatto che a scuola è bandito, giustamente, l'uso del dialetto (o lingua regionale?), proprio perché tutto avviene, si pensi agli esami di stato sia per lo scritto e sia per l'orale, in stretto italiano. Materia che fra l'altro è luogo dentro cui, secondo i dati internazionali Pisa, i nostri alunni cadono inesorabilmente, mentre gli errori più comuni si annidano essenzialmente nelle traduzioni dal dialetto all'italiano, con sintassi presa pari pari dal siciliano, come il vezzo di rendere intransitivi i verbi che vogliono invece il complemento oggetto. Allora bisogna decidersi se si vuole dare effettiva rilevanza nelle scuole al dialetto, considerato che sarebbe straordinario che il siciliano, lingua e civiltà, si studiasse, ma come materia curricolare e simile alle altre, con corso universitario, abilitazione e classe di concorso, e senza lesinare sui costi che tale "riforma" presuppone. |