La storia infinita della monetizzazione delle ferie di Francesca Romana Ciangola, Sinergie di Scuola 11.7.2013 Le disposizioni inserite nella legge di stabilità (legge 228/2012) a proposito dei precari della scuola avevano mitigato in qualche maniera la rigidità delle disposizioni in tema di monetizzazione delle ferie residue nel pubblico impiego che, ricordiamo, disponevano il divieto assoluto per i dipendenti pubblici di godere di indennità sostitutiva, per qualsiasi motivo (nonostante i tentativi mitigatori di qualche parere ministeriale che, come sappiamo, non può mai porsi in deroga o in contrasto con la legge). Le disposizioni "di maggior favore" prevedevano:
Veementi e reiterate sono state le polemiche, sia a proposito dell'ingiusto divieto, foriero di sicuro contenzioso, disposto per la generalità dei dipendenti, sia per l'operatività dello stesso nei confronti dei precari della scuola. I supplenti, infatti, per il loro ruolo, ben difficilmente possono fruire delle ferie in costanza del (precario) lavoro. Alcuni dirigenti scolastici hanno in corso d'anno suscitato vibranti proteste in sede sindacale, per aver disposto con atti imperativi la collocazione in ferie "'d'ufficio" nei giorni di sospensione delle lezioni del personale supplente con incarichi lunghi, spesso annuali, proprio in applicazione del disposto legislativo. Durante l’anno scolastico non ci sono stati interventi istituzionali, anche ministeriali, che chiarissero le cose, nonostante le sollecitazioni. In questi giorni si è parlato di una nota ministeriale di "salvezza" delle ferie dei precari, ovvero l'informativa sindacale del Miur del 12 giugno 2013, che dà atto dell'assegnazione alle istituzioni scolastiche dei fondi necessari per il pagamento delle ferie non fruite ai precari della scuola. Si badi bene, la nota parla delle ferie non fruite, senza distinguere se queste siano quelle residuali ai giorni di sospensione delle lezioni oppure a prescindere dalla fruizione in quei medesimi giorni. La nota quindi non interviene affatto sul problema annoso dell’obbligo, o meno, della fruizione delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni già durante l’anno scolastico 2012/2013. Ciò nonostante, è stata accolta in sede sindacale come sicura sconfessione nei confronti dei provvedimenti restrittivi operati in corso d’anno da alcuni dirigenti scolastici. Recentemente il 4 luglio è intervenuta una nota della Provincia autonoma di Trento (ringraziamo per la segnalazione l’a.a. Giorgio Greco) diretta ai dirigenti scolastici, che, nell’invitare i Dirigenti a fornire appositi modelli recanti di dati relativi alle ferie del personale a tempo determinato, ricorda che occorre indicare i giorni di sospensione delle lezioni non coperti da altre giustificazioni dell’assenza, rammentando espressamente che il pagamento delle ferie non godute viene riconosciuto “limitatamente alla differenza tra il numero dei giorni maturati e il numero di giorni nei quali è consentito fruire delle ferie”, non facendo alcun riferimento alla applicabilità della prescrizione a partire dal 1° settembre 2013 (data a partire dalla quale, per legge, sono caducate le clausole contrattuali in contrasto). La confusione continua quindi, e verrà “sanata” dall’ormai prossimo inizio dell’anno scolastico 2013/2014, con l’inefficacia delle clausole contrattuali in contrasto con la legge. Gli enormi problemi che deriveranno dall’applicazione del divieto anche nei confronti del personale precario sono facilmente immaginabili. Intanto, riscontriamo che l’aver combattuto in sede sindacale per l’inoperatività del divieto nei confronti del solo personale scolastico precario ha fatto “dimenticare” l’operatività del divieto nei confronti della generalità dei dipendenti pubblici che, se cessano dal rapporto di lavoro per qualsiasi motivo, si vedono cancellare il diritto alle ferie, costituzionalmente garantito e ribadito dalla giurisprudenza della Cassazione più recente. |