Scuola, per abilitazioni e graduatorie di Mariastella Gelmini, Il Messaggero 12.7.2013 Caro direttore, approfitto dell’ospitalità che il Messaggero offre spesso ai temi di politica dell’educazione per intervenire su due punti che, a prima vista, possono apparire marginali in una fase dell’anno in cui l’attenzione dei media si concentra sugli esami di Stato. Due temi che rappresentano una cartina di tornasole per valutare la volontà di dare qualità all’azione sull’istruzione. Il primo punto riguarda le procedure per l’abilitazione dei docenti e per la loro assunzione a tempo indeterminato, uno snodo decisivo se è vero che, come ricordava Luigi Einaudi, “ogni perfezione di struttura è vana se i professori sono scelti con metodi non buoni”. Senza attenzione alla qualità nella formazione dei docenti e senza un rigoroso sistema di reclutamento, infatti, ogni lamentela sulla debolezza del sistema scolastico somiglia alle lacrime del coccodrillo. Il ministro Carrozza ha parlato di una “riflessione” su questi temi. Giusto e sacrosanto. E aggiungo che la natura stessa del governo, di grande coalizione, può aiutare a trovare soluzioni condivise e, magari, a valutare con maggiore equilibrio ciò che i precedenti Ministri hanno messo in campo. Guai però a sospendere le procedure attualmente in vigore mentre ne predisponiamo altre! Significherebbe, ancora una volta, togliere una prospettiva ai giovani, e ai capaci, che devono poter contare su un percorso sicuro, e non sottoposto all’arbitrio del momento. Significherebbe comunicare incertezza ed in generare una caduta di autorevolezza su chi è chiamato a organizzare un momento cruciale dell’esperienza professionale di quei nuovi insegnanti ai quali affidiamo la formazione ed il futuro dei nostri ragazzi. Lo dico sulla base dell’esperienza: mi fu garantito, nella mia esperienza ministeriale, che la riforma del sistema di abilitazione sarebbe stata questione di pochi mesi, e per questo decisi di sospendere le Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario (SSIS ).A partorire l’attuale Tirocinio Formativo Attivo (TFA) ci sono voluti, invece, più di due anni. Addirittura quattro, per veder partire i primi corsi. E tutto questo, ben al di là della mia volontà politica, a causa dei tempi incredibilmente lunghi dell’iter amministrativo. Avviare il confronto, rivedere ciò che è opportuno rivedere , non può dunque significare lasciare ora nel limbo tanti giovani appena laureati che attendono quanto era stato loro comunicato nel preparare il loro piano di vita: il bando del II ciclo di TFA, cioè l’unica opportunità per abbracciare, secondo le regole in vigore in tutta Europa, la professione di insegnante. Allo stesso modo è stata inseguita per 13 anni di “complessive riflessioni” una riforma del reclutamento che non ha mai visto la luce, e bloccato per 13 anni qualsiasi concorso, condannando i nostri docenti migliori a una frustrante attesa, a “stare in coda”, senza prospettive. Ho trovato magari discutibili alcuni aspetti organizzativi del concorso in atto, ma il ministro Profumo ha fatto quanto io stessa mi accingevo a fare, e avrei fatto, una volta concluso il primo ciclo di TFA. Non si può da un lato invocare il merito e dall’altro bloccare le strade che il merito valorizzano. Ben vengano dunque dibattito e confronto. Ma sarebbe un errore congelare le procedure e non bandire quindi il concorso alla scadenza prevista: significherebbe dare ancora una volta il solito segnale che l’ appuntamento con la certezza delle opportunità può essere rimandato. La seconda questione riguarda le graduatorie ad esaurimento e la situazione dei “congelati SSIS”. Da sempre sono convinta che il sistema delle graduatorie sia il peggior sistema di reclutamento del personale scolastico; che le graduatorie debbano esaurirsi, e che possiamo ottenere questo risultato solo tenendole chiuse. All’inizio del mio mandato, promossi una riapertura ad esclusivo beneficio di chi si trovava, ancora, nel vecchio sistema. E dunque, con il consenso del Parlamento, fu consentito l’inserimento nelle “graduatorie ad esaurimento” del IX ciclo SSIS. Ma quel che è accaduto dopo esemplifica esattamente ciò che non si dovrebbe fare. Si è creata una situazione di palese violazione delle pari condizioni, a parità di titolo, tra chi terminò il IX ciclo in tempo per l’aggiornamento e per l’inserimento e chi, paradossalmente per “merito” (la vittoria di una borsa di dottorato, per lo più) e non per sua colpa, si è trovato: a volte correttamente inserito, a volte escluso senza motivo, a volte sconsigliato a presentare la domanda, a seconda dell’ambito territoriale o della struttura cui si era rivolto per avere un consiglio. Oggi, i “congelati SSIS” si avviano al conseguimento dell’abilitazione. Sarebbe davvero uno schiaffo al buon senso se, con urgenza, non li si mettesse tutti sullo stesso piano. Durante la mia esperienza al MIUR ho imparato che, certo, occorre occuparsi delle grandi questioni. Più spesso, però, a dare qualità duratura all’azione politica e amministrativa sono piccole opere di giustizia. Quelle che comunicano certezza e autorevolezza. Si dice che gli italiani siano bravissimi nelle emergenze e incapaci di garantire l’ordinaria amministrazione: dare un segnale in questa direzione contribuirebbe a riavvicinare l’azione politica ai cittadini, e non è poco. |