Programma SEL (Sinistra Ecologia e Libertà)
gennaio 2013
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I dati
parlano drammaticamente chiaro: l’Italia spende per
l’istruzione solo il 9% del totale della spesa pubblica,
quando la media dei paesi industrializzati è superiore al
13%. Nella classifica OCSE sugli investimenti e sullo stato
di salute del sistema della Formazione nei paesi più
industrializzati del mondo siamo penultimi, al 31° posto su
32. Le leggi finanziarie degli ultimi anni, che hanno
utilizzato le risorse della scuola per fare cassa, e la
controriforma delle Gelmini, cioè il più grande tentativo di
distruzione del sistema di formazione pubblica e di
demonizzazione degli insegnanti, hanno portato a questo
risultato. Chi è venuto dopo, il ministro Profumo, ha
operato in piena continuità: aumento delle risorse alle
scuole private e tagli per gli enti pubblici di ricerca,
blocca i concorsi universitari e proroga i rettori, indice
un “concorsone” in cui i titoli accumulati non hanno alcun
valore, lascia irrisolto il problema di chi nella scuola
lavora da anni in totale precarietà e si propone di ridurre
gli Organi Collegiali. |
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Il
sistema delle barriere d’accesso, tasse alte e numero
chiuso, ha ridotto la qualità della formazione e la quantità
di persone laureate. Così l’università attuale non è più uno
strumento per poter migliorare la propria condizione
sociale. Lo stesso accesso ai gradi superiori della
formazione è un continuo percorso ad ostacoli: dottorati
senza borse, contratti a salario zero, corsi di formazione
post-laurea spesso inutili, mortificante dipendenza
dall’ordinariato, scollegamento totale con il mondo del
lavoro. Assistiamo ogni giorno al processo di
dequalificazione e di scarsa valorizzazione delle capacità
di chi entra nel sistema della formazione. Siamo l’unico
paese nel mondo industrializzato che non considera il
finanziamento alla formazione pubblica come strumento
anticiclico, per contrastare la crisi e frenare gli effetti
della precarizzazione del mondo del lavoro. |
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Noi
proponiamo una riforma del sistema della formazione che
punti in primo luogo ad equiparare le risorse e gli
investimenti per l’istruzione italiana a quelli della media
europea, in linea con quel che richiede l’Europa attraverso
il programma europeo per la ricerca e l’innovazione Horizon
2020. |
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Nella
scuola che vogliamo il tempo pieno è garantito a tutti.
Abbiamo urgenza di abbattere la dispersione scolastica che
in alcune aree del paese supera il 20%. Per questo è
necessario
introdurre l’obbligo scolastico fino ai 18 anni. E abbiamo
bisogno di scuole pubbliche di qualità in tutto il
territorio nazionale, che operino in reale autonomia.
Proprio per questo è indispensabile garantire Organi
Collegiali democratici, aperti, che abbiano pieno
riconoscimento e diritto d’intervento nella didattica e
negli aspetti organizzativi. Una delle priorità è il
programma di edilizia scolastica, perché non possiamo più
vivere tragedie come quelle di San Giuliano, non possiamo
più pensare che i nostri figli passino la maggior parte
della loro giornata dentro strutture pericolanti,
fatiscenti, con barriere architettoniche che limitano
l’accesso ai diversamente abili e privi di connettività.
Attraverso il taglio delle spese per l’acquisto degli
inutili aerei da guerra F 35 possiamo recuperare risorse da
investire in un forte programma di edilizia scolastica in
tutto il territorio nazionale che rinnovi le strutture e le
adegui alla normativa antisismica, le doti di connettività,
di laboratori e degli altri strumenti necessari. C’è bisogno
di nuovi insegnanti. Ben tre generazioni di insegnanti sono
intrappolati nella vergognosa gabbia della precarietà. Per
questo noi proponiamo un piano pluriennale di immissione in
ruolo dei precari, fino ad esaurimento delle graduatorie,
coprendo tutti i posti disponibili nelle scuole. Oggi
l’organico scolastico è fortemente sottodimensionato
rispetto alle
necessità: sono infatti ben 81 mila i posti disponibili per
docenti e più di 12 mila quelli per il personale ATA. E’
necessario stabilire regole certe di reclutamento, sulla
base delle reali esigenze di formazione degli studenti.
Bisognerà per questo reintrodurre il tempo pieno e le ore di
laboratorio che Gelmini aveva cancellato e garantire la
presenza di insegnanti di sostegno, secondo il bisogno
certificato. La soluzione praticabile è il concorso
periodico che copra il fabbisogno a partire dalla
percentuale degli organici funzionali. La formazione dei
docenti deve essere garantita e obbligatoria durante tutto
il percorso lavorativo, attraverso le unità territoriali di
supporto pedagogico-didattico. La formazione, come sappiamo,
inizia dalla nascita e le famiglie italiane, ed in
particolare le donne gravate dal doppio compito del lavoro e
della cura, necessitano con urgenza di nuovi nidi pubblici,
che garantiscano un numero di posti pari almeno al 30% dei
bambini fino a tre anni. La scuola deve formare alla vita:
recuperiamo le ore sottratte da Gelmini e lavoriamo per
l’unificazione dei cicli liceali e tecnico-professionali,
investendo maggiormente nella materie professionalizzanti.
E’ così che la scuola potrà esercitare un ruolo preminente
nell’organizzazione della società, della produzione e della
formazione delle generazioni. La qualità delle nostra scuola
va costantemente valutata e misurata. Per questo intendiamo
istituire un percorso di valutazione complessivo del sistema
scolastico, così da verificarne l’adeguatezza e la
rispondenza alle necessità espresse dagli studenti e dai
cambiamenti sociali e culturali in atto. La valutazione
verrà affidata ad un ente autonomo, non di diretta nomina
ministeriale, dovrà avere finalità compensative e di
supporto alle realtà scolastiche in difficoltà, e utilizzerà
modalità statistiche con indicatori e parametri misurabili e
quantificabili. La valutazione coinvolgerà il Consiglio di
Istituto e il Collegio dei Docenti. |
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La
scuola è degli studenti, mentre oggi il diritto allo studio
è fortemente messo in discussione dall’aumento delle tasse,
dai costi non più sostenibili delle famiglie per l’acquisto
dei libri di testo e del materiale scolastico, dall’erosione
delle borse di studio. Vanno messe in campo con urgenza le
risorse necessarie a garantire le borse di studio, forme di
reddito indiretto come la mobilità gratuita per gli
studenti, e strumenti fiscali come la deducibilità delle
spese per la scuola. |
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Università e ricerca devono essere considerati beni pubblici
essenziali, mentre nel corso di questi anni l’una e l’altra
sono state sistematicamente indebolite e messe sotto
controllo le istituzioni pubbliche dedicate all’alta
formazione con i tagli ai finanziamenti, con l’impoverimento
del personale e il blocco del turnover, con la revisione in
senso autoritario degli statuti, con meccanismi mortificanti
contro i precari. Gruppi di potere interni sono stati
consolidati, si è limitato l’accesso alla formazione con il
forte aumento delle tasse, si è spostato il potere degli
organi di indirizzo scientifico e politico democraticamente
eletti (come il Senato accademico e il Consiglio
scientifico) ad organi di mera gestione economica. Le nuove
norme di pseudo valutazione introdotte dal Governo Monti,
fondate sulla retorica della meritocrazia e lo strumento
della indicizzazione bibliometrica per orientare la carriera
e gli studi dell’accademia, finiscono incredibilmente per
dare più valore alle pubblicazione su riviste hanno
posizioni liberiste (come in economia e nella materie
giuridiche), mortificando così il pensiero autonomo ed
indipendente a favore di quello unico. E si sono in tal modo
dischiude le porte del mercato al business della formazione
privata, indirizzando il Paese verso uno sviluppo basato su
un lavoro scarsamente qualificato, sottopagato e ricattabile
in quanto facilmente sostituibile. Invertire subito la rotta
significa garantire la possibilità di formazione a tutti,
cancellando il numero chiuso come metodo di accesso
all’università. Significa rifinanziare l’intero sistema di
diritto allo studio, sia per le borse di studio, in
particolare per gli studenti di dottorato il finanziamento
deve essere sempre garantito, sia per le residenze
studentesche, e parte delle risorse possono essere reperite
da coloro che ne hanno beneficiato eludendo fin qui il
fisco. Vanno definiti i livelli essenziali di prestazioni,
prendendo ad esempio i migliori esempi regionali, a
cominciare da quello pugliese, garantendo a monte la
copertura totale degli idonei. Bisognerà svincolare la
possibilità di ottenimento della borsa di studio dalla sede
universitaria prescelta, la contribuzione studentesca deve
essere progressiva in base alle condizioni economiche e
patrimoniali, senza penalizzare gli studenti fuori corso,
partime e lavoratori. Va garantito il rispetto effettivo del
vincolo di legge del tetto del 20% di contribuzione
studentesca rispetto al fondo di investimento ordinario e
vanno potenziati tutti i programmi di formazione
presso altre università europee. |
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Occorre
ripristinare un livello minimo e certo di finanziamento
dell’università e della ricerca. Il finanziamento ordinario,
di lungo termine, deve essere utilizzato per il
funzionamento delle strutture, la ricerca, i servizi
essenziali per gli studenti. Nell’immediato è necessario
eliminare il blocco del turnover, recentemente inasprito
dalla spending review. I fondi resi disponibili dal
pensionamento andranno utilizzati, per una quota del 50%,
per un piano straordinario per l’immissione in ruolo di
ricercatori a tempo determinato attraverso uno speciale
programma di assunzione. La quasi totale assenza di
finanziamenti privati nella ricerca, in particolare quella
sviluppata in proprio, è un fattore penalizzante per tutto
il sistema e ciò comporta l’incapacità da parte delle
imprese di assorbire figure a qualifica più alta, come ad
esempio i dottorati. Ecco allora che bisogna favorire la
creazione di spin-off dalla ricerca pubblica, semplificare
le start-up, puntare a progetti di finanziamento di consorzi
misti pubblico/privato con un sostanziale cofinanziamento da
parte del privato e garantire agevolazioni fiscali per la
promozione degli investimenti dei privati in una ricerca di
qualità. |
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E’ fuori
di dubbio che l’università con il “sistema del 3 più 2 si è
licealizzata, chiudendosi in una netta divisione dei saperi
che l’ha condotta a specialisti e microspecialismi, buoni
solo per garantire cattedre e rendite assicurate al sistema
di gestione attuale. Invece l’università deve essere
l’istituzione del sapere complesso, deve mettere in campo
strategie che non seguano il mercato del lavoro italiano, lo
stesso che in questi anni ha rifiutato giovani formati e
specializzati, ma piuttosto che costituiscano a svecchiarlo,
puntando sulla innovazione e la creatività. |
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L’emanazione di un testo unico su università e ricerca può
fare ordine dentro il confuso quadro normativo attuale e
modificare gli aspetti più deleteri delle ultime
controriforme. Bisognerà dare potere agli organi
democraticamente eletti, ampliandone al contempo la base
estendendo il potere elettivo al personale con contratto a
termine. Occorre garantire la trasparenza nella gestione dei
fondi, sia nell’assegnazione che nei concorsi. Puntiamo per
questo al ruolo unico della docenza e della ricerca,
garantendo ai ricercatori assunti con contratti a termine di
concorrere direttamente per l’assegnazione di fondi legati a
progetti. Vanno infine aperte le
commissioni valutatrici a tutti i ruoli. |
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Il
liberismo ha contagiato gli istituti di formazione e tutta
la pubblica amministrazione raccontando la favola del
modello aziendale come quello funzionale e vincente su
tutto. Di fatto si sono semplicemente privatizzate le
istituzioni del sapere, tanto nella governance quanto nella
valutazione. Ed invece valutare università e ricerca è un
punto fondamentale per garantire sia il giusto livello dei
servizi, sia per migliorare la didattica. L’ANVUR manca
dell’indipendenza necessaria ad una corretta valutazione,
come manca di equità nel considerare i differenti ambiti
disciplinari e di apertura verso lo stesso mondo della
ricerca. I suoi costi, inoltre, sono stati sin qui
esorbitanti e assolutamente ingiustificati. La valutazione
va dunque ripensata, nei criteri e negli scopi, così da
essere indipendente, equa, inclusiva, garantendo all’insieme
della comunità scientifica la possibilità di partecipazione
e rendendo pubblici i criteri di valutazione, nonché
accessibili i risultati. Essa potrà in tal modo identificare
e correggere le criticità del sistema universitario e della
ricerca italiana, aprendosi agli studenti alla società in
generale, scongiurando il rischio di autoreferenzialità.
Essa deve partire dal sistema nel suo complesso, poi
riguardare le strutture e infine le persone nei loro ruoli
decisionali. Deve tenere in considerazione le specificità,
premiando che con poche risorse e con eticità professionale
riesce a produrre buoni risultati. |
Fonte: programma pubblicato nel sito
http://www.sinistraecologialiberta.it/
Tratto da
Tuttoscuola verso il voto
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