Scuole chiuse solo ad Agosto.
Ma senza soldi che aprono a fare?

di Alessandro Camilli blitz, 29.1.2013

ROMA –Un litigio al giorno e quindi anche sulla scuola Monti e Bersani gareggiano, anzi provano ad elettoralmente litigare. Scuole da aprire anche a luglio, limitando le vacanze estive ad un mese era stata l’idea attribuita a Monti. Teniamole invece aperte tutto il giorno è stata la replica di Bersani. Aperte e risanate con nuovi soldi pubblici “anche sforando il patto di stabilità così si dà un po’ di lavoro” le parole del candidato premier dei Progressisti. Cosa Monti pensi dei “patti da sforare” si sa. Via twitter si è saputo anche che Monti disconosce l’idea del mese unico di vacanze estive, non fa aprte delle sue proposte elettorali né del suo programma di governo.

Campagna elettorale a parte, l’idea di tenere le scuole aperte undici mesi l’anno lasciando a prof e studenti un solo mese di vacanza è una efficientissima cartina di tornasole per vedere come reagiscono…tutti. Sindacati e insegnanti hanno immediatamente e con fermezza bocciato l’iniziativa. Ne andrebbe della didattica, dell’organizzazione. E anche delle loro ferie.

Dubito che “tra le urgenze della scuola ci sia quella di intervenire sulle vacanze” ha commentato Francesco Scrima, segretario generale del comparto scuola della Cisl, sintetizzando l’uniforme sentire della categoria. Non sarà forse tra le priorità ma la questione è più complessa e non può così semplicemente essere liquidata. I genitori ad esempio trarrebbero vantaggio dal mese unico di vacanze estive a scuola, dall’agosto e basta?

Sarebbe utile tenere aperte le scuole, soprattutto per i ragazzi? Se e come si potrebbe realizzare e come cambierebbe l’organizzazione di vita delle famiglie italiane? Da questi e su questi punti bisognerebbe far partire e vertere il ragionamento, non da posizioni preconcette di ostilità senza se e senza ma rispetto a qualsiasi novità che comporti più lavoro. E si dovrebbe casomai chiedere al premier con quali soldi e per far cosa.

La proposta attribuita a Monti e da Monti lasciata cadere, per ora solo una bozza di qualche riga di una “bozza” non ufficiale, ha immediatamente dato il ‘la’ alla polemica. E lo ha fatto perché intorno alla scuola molte antiche questioni giacciono mai affrontate e mai sopite. I professori lamentano da sempre retribuzioni troppo basse rispetto ai colleghi europei e strutture carenti se non del tutto non idonee all’insegnamento.

Genitori e ampie fette della società “rinfacciano” di contro ai prof di lavorare poco e male. Sentimenti reali ma verità dimezzate. I salari, hanno ragione i professori, sono più bassi rispetto al resto d’Europa. Ma questo perché da noi il criterio di merito non esiste. In Italia gli insegnanti, bravi o pessimi che siano, guadagnano uguale.

All’estero chi è bravo guadagna di più e chi non è bravo di meno, e sono gli stessi insegnanti che per decenni hanno difeso e voluto questo stato di cose. Le strutture scolastiche sono spesso fatiscenti, vero, e i responsabili non sono ovviamente né i professori né le famiglie, ma lo Stato che non destina fondi sufficienti all’istruzione. Lavorano poco gli insegnanti? Rispetto alla maggioranza dei lavoratori sì, senz’altro.

Mi è capitato di sentire per radio un insegnante che protestava: “Ma quali tre mesi di vacanza, a giugno abbiamo gli esami e quindi lavoriamo sino al primo luglio, e dal primo settembre siamo di nuovo a scuola…”. Quali altri lavoratori hanno sessanta giorni di vacanza? Ma lavorano meno di altri perché non possono fare altrimenti, e se ce ne sono alcuni che sono ben felici di mantenere lo status quo, ce ne sono almeno altrettanti che sarebbero persino più felici se la scuola desse loro la possibilità di lavorare e guadagnare di più, possibilmente anche con strumenti migliori.

Ecco quindi quale dovrebbe essere il vero punto focale del dibattito figlio della cosiddetta proposta Monti: i fondi. Dibattito che invece sembra ancora una volta incentrato e impantanato in antiche questioni fondamentalmente lontane da quelle che sono le vere priorità della scuola. Priorità che non sono le ore lavorate, ma la qualità dell’insegnamento e l’organizzazione della scuola in rapporto alla nostra società.

Non sono però pazzi retrogradi i professori e i loro sindacalisti perché è vero che spesso, troppo spesso, sulla scuola si sono fatte riforme zeppe di belle parole ma povere di contenuti che lasciavano poi i problemi concreti sulle spalle degli insegnanti. Come è vero che il ‘contenitore’ della proposta, la bozza di riforma del mercato del lavoro, è un contenitore potenzialmente sospetto. Perché la scuola è sì il luogo di lavoro di insegnanti e non solo, ma è prima di questo il luogo dove si formano le generazioni future.

E non dovrebbe essere quindi giudicata e regolata solo sulla base di esigenze lavorative ed economiche, ma anzi, sulle necessità degli studenti e delle famiglie. Diciamo quindi che l’immediato stop degli insegnanti potrebbe essere il riflesso istintivo dopo decenni di riforme e proposte infelici.

Detto ciò cosa accadrebbe, dimenticando per un attimo le polemiche e i diversi punti di vista, è tutto da vedere, e per ora immaginare. Un’apertura prolungata senza fondi scontenterebbe gli insegnanti che dovrebbero lavorare di più con lo stesso stipendio, non arricchirebbe in alcun modo gli studenti che si ritroverebbero per lo più parcheggiati dalle famiglie che oggi, con gli attuali calendari, devono fare i salti mortali per gestire i tempi dei figli e quelli del lavoro.

Ma se alla modifica del calendario si accompagnassero adeguati finanziamenti allora la realtà sarebbe assai differente. Gli insegnanti che a stipendi più alti, con aule attrezzate e strutture migliori si continuassero ad opporre smaschererebbero la loro volontà corporativa di far poco, mentre gli altri sarebbero ben felici di poter lavorare in condizioni migliori.

E di colpo migliorerebbe l’offerta formativa per gli studenti che potrebbero sfruttare il tempo in più con viste guidati, laboratori, corsi di lingua e di informatica, sport e via dicendo. E festeggerebbero poi le famiglie che non solo vedrebbero di colpo se non risolti quantomeno attenuati i problemi organizzativi, ma allo stesso tempo beneficerebbero del miglioramento dell’offerta formativa della scuola pubblica.

Praticamente l’uovo di Colombo. Ma deve aver pensato Monti, che volente o nolente è famoso più per i tagli che per il sostegno del welfare, dove trovare i fondi per finanziare in modo giusto la sua proposta? Ecco quindi il punto vero, quello che fa la differenza. E quello probabilmente per cui l’idea è prontamente tornata in un cassetto. Senza fondi e senza sapere per far cosa, il teniamo la scuola aperta si riduce a sale gettato nelle mai cicatrizzate ferite che fanno da contorno al mondo della scuola. A proposito che dice la Cgil scuola della proposta Bersani di tenere aperte le scuole “tutto il giorno”?