Le valutazioni a scuola

di Mariangela Galatea Vaglio Letterina A.S.SI. n 350 del 7.2.2013

Quando si parla di valutazione a scuola (intendendo valutazione degli insegnanti) si sa già che si aprirà una diatriba senza fine. Qualunque cosa tu sostenga, anche se la argomenti in maniera puntuale e motivata, alla fine lo scontro si riduce in una battaglia fra due tifoserie: quella che dice che gli insegnanti non vogliono essere valutati con “test oggettivi” perché vogliono continuare a fare poco e non avere nessuno che controlla cosa fanno effettivamente in classe e “quanto” insegnano, e quelli che sostengono che invece, per larga parte, l’attività dell’insegnante - anche, forse soprattutto, di quello bravo - non è “valutabile” con test oggettivi.

Per cui lo so che probabilmente in questo post si scateneranno i soliti battibecchi. Risparmiatemeli, se possibile, e proviamo a ragionare con calma sulla questione.

L’insegnamento è una attività valutabile “oggettivamente”? Sì e no. Prendiamo la mia materia, l’italiano. È ovvio che con una serie di test somministrati agli alunni (INVALSI o quant’altro si voglia inventare) io posso avere un maggiore controllo su quanto viene spiegato in classe.

In questo senso i test “oggettivi” possono aiutare a sgamare quegli insegnanti (ce ne sono, per carità, come in ogni tipo di lavoro) che fanno oggettivamente poco, nel senso che non spiegano grammatica, non insegnano i verbi, se ne fregano di fare analisi logica. Come li scopro? Non certo perché per un anno dai test i loro alunni risultano un po’ indietro, come credono molti, o perché ci sono molte insufficienze. Un anno capita che si abbia la classe che per quanto fai e spieghi non ha dei buoni risultati e un tot di insufficienze in una classe sono fisiologiche. Ma se capita che per un ragionevole e piuttosto alto numero di anni, sempre, le classi dell’insegnante x non riescono a fine ciclo a riconoscere in una frase semplice nemmeno un soggetto o un predicato (tutti gli alunni, quindi, non i soliti 3 o 4 o 10 che statisticamente ci sono in ogni classe), il sospetto che non siano in grado di farlo perché il collega non glielo sa spiegare viene.

La valutazione degli insegnanti, in questo senso, anche la più banale, come si vede, richiede un numero di anni piuttosto alto, e bisogna inoltre considerare il contesto socio-economico-culturale della classe stessa. Bisogna inoltre avere un test di ingresso fatto seriamente, perché i progressi vanno valutati in base al livello di partenza degli alunni: se in prima media un anno mi arrivano alunni che non sanno nemmeno scrivere il proprio nome senza errori di ortografia e alla fine dei tre anni io riesco ad insegnare almeno quello, magari risulteranno più indietro rispetto ai loro coetanei di altre classi, ma io sono di sicuro una insegnante che ha lavorato bene.

Tutto ciò per far capire (ai genitori e a chi non è del mestiere) che i cosiddetti “test oggettivi” non esistono, in realtà: se anche il figliolo è in una classe che agli INVALSI è andata malissimo non è il caso di salire sulle barricate e chiedere la testa dell’insegnante, perché la valutazione (del docente e degli alunni) è una cosa un po’ più complessa che contare quante risposte corrette sono state messe a crocetta in un test.

C’è poi un lato dell’insegnamento che i test oggettivi non sono in grado di rilevare mai, per quanto bene possano essere fatti. E questo perché, come dico spesso, la scuola non è una fabbrica di bulloni.

Le fabbriche di bulloni forniscono un prodotto standard e alla fine del processo: applicato il procedimento che si è deciso di applicare, i bulloni escono fuori tutti uguali, sempre.

Ecco, a scuola no. E non solo perché ogni alunno è un essere umano diverso, per giunta ancora in formazione, quindi reagisce in maniera diversa e qualche volta persino imprevedibile alle sollecitazioni esterne. Ma perché, soprattutto, gli insegnanti sono a loro volta esseri umani. Non sono uguali da un anno all’altro, neanche da un giorno all’altro, se è per questo. reagiscono a loro volta a sollecitazioni esterne, ed interne. Per cui non capita mai che un insegnante faccia la stessa lezione in una classe. O meglio, capita, ma quelli che lo fanno farebbero pure meglio a cambiare mestiere.