Gite scolastiche addio?

Calo del 70% in Italia per la protesta dei professori e la crisi economica

 La Stampa, 20.2.2013

Nelle scuole si finirà per dire addio alla gita scolastica? I dati non sono confortanti: il calo è del 70% in Italia e del 50% nel Lazio, avverte il presidente di Fiavet Lazio, Andrea Costanzo. A provocare il crollo è di sicuro la crisi, ma anche la protesta degli insegnanti che in centinaia di scuole italiane, si sono rifiutati di organizzare gite perché ormai da tempo non ci sono rimborsi per chi porta i propri studenti fuori assumendosi la responsabilità anche della loro salute.

Andrea Costanzo lancia l'allarme: ci sono nel Lazio oltre 100 agenzie di viaggi sull’orlo del fallimento, e in Italia sono in 3mila a rischiare il collasso operativo. "Anche se il turismo scolastico viene considerato un mercato di nicchia, può comunque vantare un fatturato di oltre un miliardo di euro e impegna almeno 10mila addetti nelle agenzie».

L'intero settore è in ginocchio. 'Questi dati ci preoccupano molto - afferma Fabrizio Galeotti, Direttore Generale del Touring Club Italiano – Chiediamo al Governo misure concrete che possano essere d’aiuto a scuole e famiglie per tutelare e valorizzare il viaggio di istruzione che sta affrontando una crisi profonda a causa, principalmente, dei forti tagli operati alla scuola, non certo per mancanza o calo di volontà di partecipazione".

Secondo l’Osservatorio del Touring Club Italiano, nel 2011/2012, prima del calo di quest’anno, c'era stata una tenuta del viaggio di istruzione con 930 mila (il 24% in più rispetto all’anno precedente) studenti delle scuole superiori di secondo grado che avevano preso parte a una gita scolastica (equivalente a quasi il 50% delle classi totali) su una domanda potenziale di 2,7 milioni di studenti, con un incremento del fatturato del settore di 270 milioni di euro rispetto ai 215 dell’anno scolastico precedente (+25%). Le destinazioni preferite dalle scuole superiori di secondo grado per le gite all’estero sono Praga, Barcellona e Berlino, seguite a pari merito da Londra e Parigi. Le classi che invece hanno scelto di rimanere in Italia hanno mostrato di prediligere Roma, Firenze e Venezia, che torna al terzo posto dopo l’exploit di Torino nel 2010/2011, salita ai vertici della classifica sulla spinta dell’Anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

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Lo sconcerto

Dopo le proteste che venerdì si sono levate dalle organizzazioni studentesche un po’ in tutta Italia, ieri i presidi sono intervenuti nella polemica. Gianni Oliva, per esempio, da bis-preside dei classici Cavour e D’Azeglio attacca: «Stimo Profumo, ma questa volta non capisco la sua decisione. Anticipare a luglio i test è sicuramente utile per i professori universitari, che a fine mese sono comunque impegnati negli esami estivi e all’inizio di settembre possono fare altro... Ma è una scelta infelice per i maturandi: che senso ha imporre loro di iniziare a prepararsi per il test il giorno dopo l’orale?».

E l’assessore all’Istruzione della Provincia Umberto D’Ottavio, in campagna elettorale, rincara: «Per gli studenti si tratta della carriera professionale, del futuro. Quando si prendono decisioni che riguardano la scuola occorrono metodo e sensibilità».

Problemi pratici

Oliva sottolinea i problemi organizzativi che l’anticipo si porta dietro: «Cavour e D’Azeglio hanno promosso un corso intensivo di preparazione: 72 ore full immersion con docenti interni e universitari dal 19 agosto ai primi di settembre, cinque ore ogni mattina a 150 euro, contro i mille che chiedono i privati. Dovremo riprogrammarle dall’8 luglio e per chi avrà appena affrontato l’orale non sarà facile. Chi fa l’orale alla fine è discriminato, avrà meno tempo».

Genitori irritati

Il preside del liceo classico Alfieri ieri mattina ha incontrato un gruppo di genitori. «Erano contrariati. Molti dei nostri studenti vogliono entrare a Medicina e si impegnano allo spasimo per la maturità. Dopo, dovrebbero avere il tempo di prepararsi. Noi abbiamo organizzato un corso di trenta ore, ora finirebbe di essere quasi in contemporanea con lo studio per l’esame. L’anno prossimo ci si organizzerà, ma ora cambiare le regole in febbraioha senso? Tra l’altro, mi chiedo se anticipare abbia davvero senso per una migliore organizzazione: in agosto le segreterie faranno un po’ di ferie e si andrà a finire comunque a settembre».

Studiare non basta?

Il decreto sollecita molte riflessioni. «È invalsa l’abitudine di doversi sobbarcare due preparazioni diverse - osserva Caterina Bocchino, preside del liceo scientifico Volta -, una per l’esame di stato e un’altra per il test con libri e corsi ad hoc. Se la scuola funzionasse davvero per competenze non ce ne sarebbe bisogno. Di certo, quel che manca alla scuola oggi è la preparazione ad affrontare la parte di logica nei test».

«La realtà è che per l’università, la maturità non ha valore. È vero che in certi corsi negli anni finali mancano materie come fisica e chimica, previste all’inizio, ma su questi aspetti varrebbe la pena di riflettere. Come sull’esame di terza media: l’obbligo prosegue per altri due anni... Sono costi che lo stato sostiene», osserva Tommaso De Luca, preside dell’Avogadro e presidente dell’Asapi, l’associazione delle scuole del Piemonte. «È grottesco: intorno ai test universitari è nato un grande business. Sembra impossibile che test di cultura generale non possano essere compresi all’interno del curricolo e dell’esame finale».