Niente tetti per il prof precario La Funzione pubblica esclude il settore dall'accordo sulle nuove regole della Fornero Le supplenze possono essere reiterate oltre i tre anni di Carlo Forte ItaliaOggi, 26.2.2013 La scuola resterà fuori dall'accordo quadro sui contratti a tempo determinato per il quale si sta trattando all'Aran in questi giorni. E dunque, anche dall'applicazione della riforma Fornero. L'esclusione è stata decisa dal ministero della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, che lo ha messo nero su bianco nella direttiva inviata all'agenzia con la quale ha dato il via alle trattative: «Per quanto riguarda il comparto scuola e quello delle istituzioni di alta formazione artistica e musicale», si legge nel provvedimento, «continuano a trovare applicazione le specifiche disposizioni contrattuali e normative di settore». L'effetto più evidente della decisione è quello della esclusione della scuola dall'applicazione delle disposizioni contenute nella legge 92/12, che regolano la reiterazione dei contratti a termine. Esclusione che si spiega sulla base di due considerazioni. Entrambe suggerite dalla giurisprudenza di legittimità. La prima è che la normativa scolastica ha carattere di specialità. E ciò la rende impermeabile alla prescrizioni contenute nella normativa generale. Come per esempio, quelle della legge 92/12 e del decreto legislativo 368/2001. La seconda è che la Corte di cassazione (10127/2012) ha stabilito che la reiterazione dei contratti nella scuola non viola la normativa europea. Perché e legata ad esigenze temporanee di sostituzione dei dipendenti assenti o comunque non in servizio. E in ogni caso non ha nulla a che fare con il decreto legislativo 368/2001, che vieta la reiterazione oltre i 36 mesi. Ciò perché le disposizioni in esso contenute valgono per tutto il pubblico impiego (dunque si tratta di norme generali) mentre le disposizioni sulla scuola valgono solo per questo comparto (legge 124/99 e decreto legislativo 297/94). Resta il fatto, però, che queste argomentazioni valgono per le supplenze disposte in organico di fatto. E cioè per quelle che non vanno oltre il 30 giugno e che vengono disposte su cattedre e posti non vacanti ( fatte salve quelle che vengono fuori dopo la chiusura dell'organico di diritto). Ma incontrano il limite delle supplenze annuali. Che vengono disposte su cattedre e posti vacanti, che potrebbero essere coperti con immissioni in ruolo. Dunque, non per fare fronte ad esigenze temporanee o di sostituzione. Per queste ultime, quindi, la partita resta aperta. Tanto più che la Funzione pubblica non intende aprire spazi negoziali per risolvere la questione al di fuori delle aule di Tribunale. E a complicare il tutto vi è anche una questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Napoli davanti alla Corte di giustizia europea (ordinanza 2 gennaio 2013, proc. 5288/12 Rgac). Questione che, se ritenuta fondata dalla Corte di Bruxelles, avrebbe l'effetto di moltiplicare esponenzialmente il contenzioso con sicura soccombenza dell'amministrazione. Va detto, inoltre, che nonostante la posizione assunta dalla Cassazione, non sono pochi i giudici di merito che continuano ad accogliere i ricorsi dei precari ultratriennalisti. E in alcuni casi le sentenze sono anche passate in giudicato. Resta aperto anche il match sulla mancata piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro a tempo determinato nella scuola. Dove l'art. 40 del contratto di lavoro continua a fare a pugni con il decreto ministeriale 131/2007. E non di rado a finire a tappeto è il contratto. Non tanto per la questione del reclutamento dei supplenti, che in ogni caso, prima dell'accettazione della proposta, resta sempre di stretta competenza dell'amministrazione. Quanto, invece, per la fase successiva allo scambio tra proposta e accettazione. E cioè dopo la conclusione del contratto. A partire dalla quale, viale Trastevere dovrebbe cedere il passo alla contrattazione collettiva. E invece continua a definire le sanzioni per i rinunciatari e le prescrizioni sul diritto al completamento. Con buona pace dell'art. 36 del decreto legislativo 165/2001, che fissa la riserva di contratto per il rapporto di lavoro a tempo determinato, in ciò precludendone la regolazione per decreto. |