Crisi, quelli che il giorno di Natale
scoprono di essere diventati poveri

di Alessandro Giuliani, La Tecnica della Scuola 26.12.2013

Mentre le fredde statistiche ci dicono che nove italiani su dieci (l'1,5% in più rispetto allo scorso anno) hanno trascorso la festività a casa propria o di parenti o amici, e che è solo in leggero calo chi (il 14,4%) si è recato in un locale, sempre più famiglie ridotte al lastrico si uniscono alle mense per non abbienti: nella capitale, la Comunità di Sant'Egidio ne ha ospitate più di 20, romane, mischiate tra 550 poveri. Tra loro c’era anche quella di Bruno, fino a due fa anni titolare di un bar…


A volte i numeri non possono rappresentare la realtà. Non possono, semplicemente perché dietro ad un numero, dietro alla sua estrema sintesi, si cela sempre una storia troppo profonda. Che meriterebbe ben altra attenzione. Ecco, perché non possiamo accontentarci di sapere che quest’anno il Natale è stato trascorso dal 96% degli italiani esattamente “come lo scorso anno”. Quello che ci ha detto una delle tante indagini su come gli italiani hanno passato il 25 dicembre 2013, nella fattispecie realizzata da Fipe-Confcommercio e Format Research, rappresenta certamente uno spaccato interessante. Ma di certo non esaustivo.

Sapere che “la tradizione, la convivialità, la voglia di stare insieme resistono alla crisi”, perché solo il 4% degli italiani ha cercato cambiamenti, in particolare “i giovani adulti tra i 25 e i 34 anni e gli italiani residenti al Sud e Isole”, ma anche che “nove italiani su dieci, l'89,8% (l'1,5% in più rispetto allo scorso anno)” hanno trascorso “il Natale a casa propria o di parenti o amici”, ci aiuta a capire che ai festeggiamenti è difficile rinunciare. Tanto è vero che è solo in leggero calo chi (il 14,4%) “rispetto allo scorso anno”, si è recato “in un locale: ristorante o trattoria”.

Non sappiamo se nelle statistiche figurano anche le tante famiglie andate in rovina a seguito della crisi economica che attanaglia l'Italia. Come quella romana mandata in rovina dalla crisi, costretta a pranzare il 25 dicembre tra i 550 poveri della Comunità di Sant'Egidio, nella basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma. L’agenzia Ansa riporta che il capofamiglia si chiama Bruno, 52 anni, e la moglie Maria: hanno due figli, di 16 e 14 anni. Fino a due anni fa erano una delle tante famiglie romane: lui titolare di un bar e lei casalinga. Ma i debiti contratti con lo Stato, in particolare le tasse, hanno costretto Bruno a chiudere il bar e la moglie a fare la cameriera in una pizzeria.

Bruno, ai tempi d'oro, era anche presidente di una squadra di calcio di periferia; ora invece si deve accontentare di un lavoro saltuario in una cooperativa che lo impegna solo il sabato e la domenica. La famiglia vive nella zona di San Basilio, alla periferia est della capitale, e tirano avanti grazie al pacco viveri che la Comunità di Sant'Egidio ogni settimana gli consegna. Il valore del pacco è di 50 euro, all'interno c'è olio, caffè e pasta; usualmente alle famiglie viene dato ogni due settimane, ma avendo due ragazzi la Comunità ha deciso di fare una eccezione. In questo modo invece di mettersi in fila nelle mense di Sant'Egidio utilizzano i viveri per cucinarli a casa e mantenere un'apparente dignità.

Assieme alla famiglia di Bruno, al pranzo di Natale della Comunità di Sant'Egidio, c’erano anche altre 20 famiglie romane. Che non ce la fanno più a sopportare la crisi. E che il giorno di Natale si sono fatte coraggio. Per dire a tutti, ma prima ancora a se stesse, di essere diventate povere.