La rivoluzione degli e-book a scuola?
"Ne godrà solo chi vende tablet
e i costi per le famiglie non caleranno"

di Claudia Mura Tiscali.it, 5.4.2013

Il ministro Profumo ha appena firmato il decreto per l'adozione obbligatoria dei libri di testo digitali per scuole elementari, medie e superiori a partire dall'anno scolastico 2014-2015 e nell’immediato ha provocato le ire di tutta la filiera dell’editoria e della carta. Si tratta di un decreto attuativo di una legge che ridisegna la didattica scolastica puntando sul risparmio contro la quale protestano l'Associazione italiana editori (Aie), la Federazione della Filiera della Carta e della Grafica, l’Associazione librai italiani, l'Associazione nazionale agenti rappresentanti e promotori editoriali, che "ribadiscono - si legge in una nota - la volontà, già ampiamente dimostrata, di favorire l'innovazione tecnologica nell'ambito scolastico", ma al tempo stesso "riaffermano congiuntamente la loro totale contrarietà al decreto ministeriale". Decreto che non terrebbe “conto delle indicazioni del Parlamento, volte ad assicurare equilibrio, misura e gradualità, e a non limitare l'autonomia delle scuole e il principio costituzionale della libertà di insegnamento”. Ignorata poi “l'insufficienza infrastrutturale delle scuole (banda larga, Wi-Fi, dotazioni tecnologiche...)”. Per capire come stanno le cose ci siamo fatti aiutare dal presidente di Pedias (Pedagogisti ed Educatori Italiani Associati), Agostino Basile, e dal presidente del settore Educativo dell’Aie, Giorgio Palumbo.

Tablet insalubri per gli studenti? - Nei giorni scorsi la filiera del libro e della carta ha riaffermato “il valore pedagogico e la centralità del libro a stampa”, che "dovrebbe quindi rimanere irrinunciabile" affermando pure che ad oggi "non è dimostrato da nessuna parte che l`impatto sempre più pervasivo degli strumenti elettronici sui ragazzi non sia nocivo per la salute". Ma ai giornalisti sospettosi pare strano che siano gli editori a porsi problemi sulla salute degli studenti e quindi siamo andati a chiedere lumi ai pedagogisti.

Genitori preoccupati - “Se è per questo non esistono prove neanche che non siano nocivi i libri, il piombo della stampa o la carta sbiancata”, dice il dottor Basile. Si dirà che sui vecchi libri nessuno si è mai ammalato, anche se qualche studente non sarà dello stesso parere. Ma il dottor Palumbo insiste: “Quando si fa uso di strumenti elettronici bisogna sempre osservare delle precauzioni, le stesse che si osservano nei luoghi di lavoro (distanza dal monitor, tempi di riposo, esposizione alle onde elettromagnetiche da wi-fi). Ma questi sono problemi che si pongono più le associazioni dei genitori che hanno chiesto riscontri di tipo sanitario sui rischi derivanti ai propri figli dall’esposizione prolungata a strumenti digitali. Credo che il ministero dovrebbe offrire degli studi.”

Le nozze coi fichi secchi - Non sarà che il mondo editoriale non è pronto per questa rivoluzione? Palumbo ammette che “gli editori sono una realtà variegata ed è possibile che qualcuno si attardi. Ma ce ne sono altri molto più avanti rispetto anche a quanto chiede il ministro. Però la realtà è che sul tema della digitalizzazione della scuola l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha pubblicato un rapporto che afferma come i ritardi siano da attribuire ai mancati investimenti proprio da parte dello Stato in infrastrutture: banda larga, wi-fi, aggiornamento della classe docente che è la più vecchia d’Europa, è peggio sarà con la riforma Fornero. Lo strumento didattico è l’anello conclusivo di un percorso in cui, se non ci sono a monte le condizioni per poter fruire di questi nuovi contenuti è tutto inutile. Noi non siamo contrari alla digitalizzazione perché non si può essere contrari al progresso, ciò che chiediamo è maggiore gradualità.”

Zaini più leggeri - La stessa richiesta arriva dalla classe degli educatori, perché se è vero che qualche editore è rimasto indietro, chi è più indietro di tutti sono proprio gli insegnanti. “La classe docente nel complesso non è pronta per questa rivoluzione perché non si è investito in formazione”, ammette Basile criticando a sua volta una riforma che cala dall’alto senza condivisione con famiglie, insegnanti, né editori. Ma bisogna valutare anche i vantaggi del decreto, fra i quali Basile annovera “l’alleggerimento degli zaini, la maggiore attrattiva dello strumento per fare leggere i ragazzi e migliore capacità di aiutare i ragazzi che presentano problemi dell’apprendimento come la dislessia o l’autismo.”

Valutare gli effetti dopo l’applicazione del decreto - Ma gli editori nella loro nota hanno parlato di “memorizzazione e comprensione meno sollecitati dai supporti elettronici". “Non credo ci sono problemi di memoria”, dice Basile secondo il quale si può provare ad applicare la riforma e poi eventualmente correggere il tiro. “Usiamo lo strumento: alleggeriamo gli zaini dei ragazzi, riduciamo i costi e dopo uno o due anni facciamo una valutazione scientifica dei risultati sotto il profilo apprenditivo, cognitivo, della memoria e neurologico. In ogni caso penso che con gli e-book sia meglio partire dalla terza classe elementare”, anche perché si impara a scrivere con carta a matita, la tastiera arriva dopo.

I costi non scenderanno - Da valutare anche l’eventuale risparmio per le famiglie visto che la filiera della carta nega ci siano minori costi. Il ministro Profumo dice: “Se prima spendevate 100, ora ne spenderete 70 e con quei 30 comprate un tablet”. Il discorso non fila però e ce lo dimostra Palumbo: “Se il taglio dei costi viene deciso a monte unilateralmente, senza un serio progetto editoriale e una revisione del modello didattico, assisteremo a un mero taglio di contenuti: meno costi, uguale meno pagine. Non è la didattica che si deve piegare alle esigenze del digitale ma si deve capire in quale modo il digitale può aiutare la didattica. I modelli vanno condivisi con gli insegnanti , non si impongono dall’alto e tutto questo non si fa in sei mesi come chiede il ministro.”

I prezzi degli e-book - Un e-book costa mediamente poco più della metà rispetto al cartaceo quindi su una spesa media di 330 euro annuali per i libri scolatici tradizionali, il risparmio dovrebbe essere sui 150 euro da investire nell’acquisto di un lettore multimediale, che comunque non si compra tutti gli anni. Il risparmio dovrebbe esserci quindi. Ma il dottor Palumbo non è d’accordo: “Chi lo dice che gli e-book costano la metà dei cartacei?” lo dice l’Aie con un documento scaricabile on line dal loro sito. Ma l’editore chiarisce che questi dati non riguardato i testi scolastici che hanno caratteristiche diverse dalla narrativa, ad esempio.

L'Iva sul digitale al 21% contro il 4 della carta - Allora si risparmia o no nella produzione di un manuale scolastico elettronico rispetto al cartaceo? L’esponente dell’Aie spiega che “le voci di carta e stampa sono ampiamente sostituite da nuove voci di costo perché non si può pensare che il prodotto digitale sia una mera riproposizione del cartaceo, non è questo che vuole il ministro. Pensiamo ai contributi video, musiche, filmati, interviste e immagini navigabili. Chi produce questi contenuti multimediali va pagato esattamente come gli altri perché non lavorano gratis. Sui contenuti multimediali c’è poi il problema del mancato aggiornamento del diritto d’autore, una legge del 1941 che si applica solo al cartaceo e non al digitale. Sono tutti maggiori costi per noi editori. Poi c’è il problema della fiscalità perché se il digitale connesso al cartaceo ha un’Iva del 4%, l’e-book da solo ha invece un’aliquota del 21 che tra poco passerà al 22.”

Colpa dello Stato che non investe - Insomma il problema sta a monte: “Mentre tutti gli stati che hanno sposato il digitale hanno prima investito, l’Italia sceglie il digitale per risparmiare senza fare alcun investimento preventivo. Il ministro dice che non ci sono soldi e unilateralmente abbassa i tetti di spesa. L’innovazione avviene per sottrazione di risorse sulla base di un presunto risparmio del 50%, un calcolo di tipo demagogico a fronte del quale non c’è mai stato fornito uno studio. Riuscire ad abbattere i costi del 50% in sei mesi mantenendo marginalità sul prodotto è una follia. L’impatto sotto forma di licenziamenti e di tipografie e librerie che chiudono perché vivono dello scolastico sarebbe forte e senza che ci siano i risultati dall’altra parte perché, come già detto, la riforma è inapplicabile senza investimenti.”

Tutti sconfitti tranne i produttori di tablet - Per usare una metafora automobilistica “è come se il ministro ci chiedesse di fare auto elettriche ma non investisse per fare le colonnine per l’approvvigionamento”. Tutto inutile insomma e “l’unica categoria che si avvantaggerà di questa riforma saranno i produttori di tablet, che sono tutti esteri, non sarà la scuola, né le famiglie.

Legge Gelimini addio - E neanche gli editori che sono già gravati da costi di investimenti cui sono stati obbligati sulla base della legge Gelmini che prevedeva la durata obbligatoria di 6 anni delle adozioni e che è impedisce cambiamenti sui testi per 5 anni dalla pubblicazione”. Il tutto per favorire il discorso dell’usato. “E’ vero - afferma Palumbo - ma per ottenere questo è stato imposto agli editori di rivedere tutto il catalogo in contemporanea. Se io non mi presentavo con tutto un ventaglio di offerte, rischiavo di rimanere fuori dal mercato per 6 anni. E questa legge a distanza di tre anni è stata rimessa in discussione senza tenere conto del fatto che le aziende hanno fatto investimenti milionari che si prevedeva di ammortizzare in 6 anni.”

Pronto il ricorso al Tar - Palumbo è arrabbiato e avvilito, non ci sta a passare per il vecchio editore che vuole rimanere ancorato alla carta mentre il futuro scorre sul digitale: “ Questa riforma è fatta con arroganza, incompetenza e ignoranza della realtà della scuola”. Ma un ricorso al Tar è già pronto: “Valuteranno i nostri avvocati”, dice infine prevedendo, assieme a Basile, che questa riforma “epocale” difficilmente troverà applicazione nelle scuole italiane dove non ci sono i soldi neanche per la carta igienica.