La scuola democratica nell’era dei “nativi digitali”

Come affrontare la crisi del sistema scolastico
e ripensare il futuro dell'istruzione in un saggio di Norberto Bottani

 Paolo Randazzo Europa, 10.4.2013

Quella di Norberto Bottani sul mondo della scuola è una riflessione scientifica che abbraccia da anni amplissime prospettive, sia diacroniche che sincroniche, e questo è un bene giacché consente di riflettere su questo importantissimo segmento della cultura contemporanea con quella libertà intellettuale e quella giusta distanza che, da sole, possono garantire di individuare linee di movimento profonde ed eventuali soluzioni, innovative ed efficaci, alla crisi evidente che attanaglia globalmente il mondo dell’istruzione pubblica e che è, anzitutto, una crisi di senso. Diciamo questa volta del bel saggio Requiem per la scuola?, pubblicato da qualche settimana per i tipi del Mulino, nel quale Bottani (funzionario Ocse, esperto di politiche scolastiche e oggi consigliere della Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo), parte da un’attenta lettura dei risultati dell’indagine internazionale Pisa (Programm for international student assessment), iniziata nel 2000 in trentadue paesi di ogni parte del mondo, proseguita nei dieci anni successivi e mirante a monitorare scientificamente l’efficacia dei sistemi scolastici statali, la loro capacità di migliorare il livello di istruzione della popolazione e, per questa via, contribuire significativamente, lavorando sui tre parametri dell’efficienza, dell’equità e dell’eccellenza, alla concreta diminuzione delle diseguaglianze e delle discriminazioni sociali.

Il percorso che Bottani propone si articola quindi in due grandi segmenti di elaborazione: nel primo si tratteggiano le coordinate socio-politiche e governative per comprendere l’attuale crisi (probabilmente irreversibile) di molti sistemi scolastici statali; nel secondo segmento si verificano invece le politiche scolastiche relative alle questioni (e agli obiettivi sostanzialmente mancati) dell’equità e dell’uguaglianza. Ed è una verifica quest’ultima estremamente coraggiosa che non lascia spazio a provincialismi né a facili indicazioni politicamente corrette. Per esemplificare, basta guardare agli esiti che, ad esempio, nella legislazione scolastica italiana ha avuto la scelta dell’autonomia degli istituti scolastici: una scelta feconda e potenzialmente ricca di grandi sviluppi nell’ottica di una reale rispondenza delle attività scolastiche alle reali esigenze e domande d’istruzione e formazione dei singoli territori, eppure sostanzialmente fallita e in qualche modo strangolata non solo (e forse non tanto) dalla carenza di risorse economiche, ma anche da ataviche abitudini culturali sia nell’organizzazione della scuola, sia nella percezione sociale delle istituzioni scolastiche, sia nelle prassi d’insegnamento.

Gli insegnanti, la cui condizione è attentamente esaminata nel saggio, hanno, spesso loro malgrado, un’assai scarsa consapevolezza della sostanza filosofica della loro didattica e della prevalenza della funzione educativa nel rapporto con gli alunni ed ancora, considerati una volta le “vestali della classe media”, sono oggi depressi da una generale perdita di prestigio della loro professione. Non così sotto diversi profili, a giudizio dell’autore, l’esperienza delle cosiddette “Charter schools” statunitensi, scuole statali ma del tutto autonome e indipendenti, o di alcune esperienze scolastiche coreane, finlandesi, canadesi: esperienze capaci invece di grandi risultati nel collegare strettamente e nel declinare equità, efficacia ed eccellenza. Esempi che inducono l’autore a propendere per un ripensamento globale del organizzazione centralistica della scuola pubblica e a consigliare una maggiore attenzione per l’esperienza delle scuole private e paritarie.

Resta tuttavia aperta – ci pare – la questione grave dell’impatto politico (se non addirittura ideologico) di tali eventuali e radicali riforme che assai difficilmente possono darsi se non nel contesto di istituzioni pubbliche che abbiano la capacità di autoriformarsi agevolmente e di re-interpretare il loro ruolo in una realtà di continuo e velocissimo cambiamento.