Le paritarie utili allo Stato
ma rischiano il collasso
Con il taglio dei contributi statali un
milione di studenti
potrebbe restare senza banco. Che fare?
Marco Fattorini,
Linkiesta 27.8.2013
Il tema viaggia sulle scrivanie del ministero: sarà impopolare e
foriero di steccati ideologici, ma il sistema delle scuole paritarie
italiane rischia il collasso. Il motivo? La mannaia dello Stato sul
contributo pubblico erogato ogni anno agli istituti privati.
Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione, delinea il
quadro con Linkiesta: «Il bilancio previsionale del 2014 stabilisce
un taglio ai fondi destinati al finanziamento del sistema paritario
che sfiora il 50%. Si passerebbe da un fondo storicamente di 538
milioni a 260». Se non bastasse, 80 milioni dell’ultimo contributo
statale sono stati “congelati” per effetto del decreto 174 del
governo Monti con cui lo Stato chiedeva alle regioni uno snellimento
dei costi della politica. In un passaggio normativo del
provvedimento si esplicita che se gli enti non avessero effettuato i
tagli di spesa imposta una parte dei contributi alle regioni sarebbe
stata congelata, compreso l’obolo destinato alle paritarie.
L’epilogo è all’italiana: non
tutti gli enti hanno applicato i tagli dovuti e alcune risorse di
bilancio sono state bloccate, con le scuole che hanno già chiuso i
bilanci senza considerare i tagli. «D’altronde le paritarie con le
regioni non c’entrano nulla», incalza Toccafondi, «i soldi che vanno
a queste scuole rappresentano dei fondi solamente virtuali per le
regioni, che li ricevono dalla Ragioneria dello Stato e li girano
direttamente alle Usr, gli ex provveditorati regionali». Eppure il
danno tocca gli istituti educativi, il cui taglio agli
approvvigionamenti mette a rischio il pagamento degli stipendi del
personale. Senza contare che nei prossimi mesi, con la prevista
forbice del 50%, il salasso rischia di trasformarsi in una condanna
a morte per l’intero sistema. I sostenitori delle paritarie
insistono sul fatto che la chiusura delle scuole non converrebbe a
nessuno: nè allo Stato, nè agli studenti. Lo ribadisce il ministro
Carrozza a Linkiesta: «Non vogliamo fare a meno di questo sistema,
lavoreremo per garantire un piano di stabilizzazione dei
finanziamenti che abbia un’ottica pluriennale».
Il conto è presto fatto: in
Italia le scuole paritarie di ogni ordine e grado sono 13.807, con
gli istituti per l’infanzia che fanno la parte del leone attraendo
il 27,5% degli studenti italiani. Complessivamente le paritarie
raccolgono un bacino di 1.000.034 alunni, circa il 10% del totale.
In media ricevono dallo stato 490 euro a studente, mentre per ognuno
degli 8.938.000 bambini che frequentano scuole statali le casse
pubbliche sborsano 6.800 euro: la differenza tra i due finanziamenti
si assesta a 6.310 euro. Il risparmio è evidente e l’iniziativa
privata sembra dare i suoi frutti. Toccafondi parte dal concetto di
sussidiarietà: «Ci sono persone che da sole hanno visto un problema
e non hanno aspettato lo Stato ma hanno fatto loro. Io sono di
Firenze e nella mia città la prima organizzazione no-profit è
rappresentata dalle Misericordie, nate prima dello Stato per dare
una degna sepoltura ai morti di peste nelle strade».
La libertà di educazione, spiega il
sottosegretario, «ha senso se parte dalla centralità
della persona, che si muove e tenta di rispondere ad un bisogno
reale». Anche per questo chiudere i rubinetti al sistema delle
paritarie rischia di diventare un boomerang per le casse dello
Stato: in caso di chiusura delle 13.807 scuole bisognerebbe
ricollocare oltre 1.000.000 di studenti, con conseguenti esborsi per
la predisposizione di nuovi locali e insegnanti. Allo stesso tempo
la libertà sancita dall’articolo 33 della Costituzione fa discutere
i critici circa il passaggio normativo del “senza oneri per lo
Stato”. Ma in Assemblea Costituente lo stesso proponente
dell’emendamento, l’onorevole Epicarmo Corbino, ricordò che «con il
senza oneri per lo Stato non diciamo che lo Stato non potrà mai
intervenire in aiuto degli istituti privati, ma che nessuno istituto
privato potrà sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello
Stato. Si tratta della facoltà di dare o non dare».
A norma di legge le scuole paritarie
finanziabili non possono essere quelle create svolgendo una libera
attività creata, ma quelle che chiedono la parità «alle quali la
legge deve assicurare piena libertà e ai loro alunni un trattamento
scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali».
Gli oneri statali per le paritarie, che attualmente si attestano
intorno ai 500 milioni di euro annui, con la serrata degli istituti
privati potrebbero aumentare esponenzialmente: calcolando la spesa
annua dello Stato per gli studenti delle pubbliche (6.800 euro l’uno
contro i 490 allo studente della paritaria), l’assegno in uscita dal
forziere pubblico ammonterebbe, teoricamente, a 6.3 miliardi di
euro.
«Non è una battaglia ideologica»,
insiste Toccafondi «e non parliamo di collegi esclusivi, ma di
scuole nate per rispondere a un bisogno. Ho visto casi di insegnanti
che ci hanno messo la faccia e si sono uniti in cooperative che per
non far chiudere scuole in crisi. Se non si scongelano gli 80
milioni del 2013 si rischia di non poter pagare gli insegnanti, se
addirittura passasse il taglio del 50% del budget alle paritarie si
andrebbe verso il collasso del sistema». Toccafondi, a cui il
ministro Carrozza ha affidato le deleghe per le scuole paritarie e
non, sgombra il campo dagli equivoci: «Ci vuole una stretta sui
diplomifici, bisogna combattere chi si nasconde dietro la paritaria
e difendere le scuole vere». Gli fa eco il ministro, interpellato da
Linkiesta: «Occorre un serio monitoraggio di quel che si fa nelle
scuole paritarie andando oltre il dibattito ideologico».
O fondi, o chiusura. Il taglio
netto dei finanziamenti non lascerebbe vie d’uscita agli istituti:
«Pensare ad un aumento delle rette, che mediamente sono di 300-350
euro al mese, in questo periodo significa far chiudere le scuole».
In tempi di crisi, l’argomento paritarie è forse tra i più
impopolari e il pensiero corre allo scontro ideologico-partitico
andato in scena con il referendum di Bologna. Di tempo non ce n’è
molto e a viale Trastevere provano a sondare le strade percorribili.
Nel frattempo il ministro Carrozza ha scritto una lettera al
ministero dell’Economia per lo scongelamento degli 80 milioni di
euro del 2013, ma il vero scoglio è rappresentato dal taglio del
bilancio previsionale 2014. Dove a venir meno non sono 80 ma oltre
250 milioni di euro.
La soluzione, riferiscono dal Ministero, sta nel prevedere il
reintegro dei fondi con un provvedimento in sede di discussione
parlamentare sulla legge di stabilità, o direttamente da parte del
governo. Eppure nei corridoi di viale Trastevere le sensazioni non
lasciano presagire un cammino semplice, senza contare l’instabilità
delle larghe intese che potrebbe spingere il caso paritarie nel
burrone dei rinvii. «Sono preoccupato - spiega Toccafondi a
Linkiesta - perché siamo in un momento di forte scontro ideologico e
quando arriverà la legge di stabilità in Parlamento potremmo
ritrovare una contrapposizione talmente forte da non comprendere
cosa c’è in gioco. Lo ripeto. Non vogliamo fare battaglie
ideologiche, ma solo spiegare l’importanza di questo sistema
formativo per l’Italia...».