“Asciugare” i ricorsi è possibile?

 dal blog di Max Bruschi, 21.8.2013

Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca Maria Chiara Carrozza prende atto della marea di ricorsi da cui il dicastero è sommerso. Non stupisce, a dire la verità, la dimensione record del fenomeno, visto che il Miur è una macchina i cui interventi riguardano milioni di persone, tra “amministrati” (i dipendenti) e (termine brutto, ma che rende) utenti (studenti e famiglie), senza dimenticare i fornitori.

Numeri eterni, si direbbe: ma l’attuale impennata non si spiegherebbe se non si prendesse in considerazione l’effetto del web. Attraverso il mondo virtuale gli interessi concreti si coalizzano, trovano sponde, scambiano strategie e documenti; ogni loro vittoria genera la sensazione (reale o illusoria, poco importa) che le magistrature siano il grimaldello che tutte le porte può aprire, e dunque funge da detonatore per i ricorsi più impensabili. A volte basta una “sospensiva”, con la sentenza di merito che non arriva mai, e zac, ecco il soccorrevole ope legis e orde di miracolati a scalzare chi, con le proprie forze, sperava di aver raggiunto la meta.

Il tributo a Temi è altissimo: si va dall’ossessione per le procedure, che lascia in secondo piano le preoccupazioni didattiche al costo sociale della totale incertezza del diritto e del riconoscimento del merito; dalla paralisi dell’Amministrazione ai costi economici che ricadono, in fondo, sull’intero Paese. Con l’ulteriore, orrenda e classista discriminazione tra chi si è pagato un avvocato e chi ha accettato serenamente il verdetto.

Ora, sarebbe errato, però, scambiare causa ed effetto. Non si possono addossare a giudici e ricorrenti colpe che, spesso, sono altrove. Primo, la normativa scolastica è un guazzabuglio. Non che sia inestricabile, ma si dura ovviamente fatica a costruire atti di normazione secondaria (regolamenti, decreti) che siano a prova di bomba. E ci vuole un certo coraggio per spiegare al ministro o al parlamentare che no, quella cosa lì proprio non si può fare. Né soccorrono, anzi, le note e le circolari, comoda scorciatoia che termina per lo più in un baratro, perché (giustamente) considerate dalle magistrature come giuridicamente inefficaci. Aggiungiamoci il vizio della “lex specialis”: un conto infatti è tutelare le peculiarità, là ove sussistono, altro conto è accamparle “a prescindere”.

Infine, condiamo il tutto con il barocchismo nelle procedure e i passaggi sotto il giogo di altre amministrazioni che, specie quando si tratta di “conti”, invertono, dopo troppe solenni fregature, l’onere della prova. E vai, ad esempio, a dimostrare che le indicazioni nazionali per i licei non comportano oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, quando qualche tuo distratto funzionario ha scritto fantasiosamente il contrario. Ma questo è solo lo sfondo. La sventurata navicella del nomoteta più volenteroso, infatti, prima di arrivare in porto deve attraversare tempeste, arrembaggi, ammutinamenti o ammuine dell’equipaggio. La “composizione degli interessi” e le pressioni, i ghiribizzi del politico o del sindacalista di turno, l’arrendevolezza di qualche amministratore rassegnato, l’irresponsabilità generata (a volte) da una produzione normativa fatta da una sorta di anonimo “collettivo”, dove manone e manine alterano e scassano l’impianto originario e producono colabrodi figli di nessuno. Gli esempi, anche recenti, si sprecano, ed elencarli, facendone la storia, sarebbe lungo e in questo momento fuori luogo. M

a chi voglia ripercorrere le tracce, che so, del concorso a presidi siciliano o delle “code/pettine” potrà, sulla base del noto, intuire anche il non così chiaramente noto. E allora? Se l’analisi è condivisa, anche le ricette lo sarebbero. A partire da quella norma delega per un testo unico in materia di scuola, ricompresa nel ddl semplificazioni, che potrebbe essere un’occasione (se opportunamente emendata) o tramutarsi nella cristallizzazione compilativa della catastrofe. Passando per il “non possumus” da contrapporre alle interferenze di chicchessia e per la predisposizione e l’utilizzo non episodico di banche dati sulle sentenze e sullo stato dell’arte del contenzioso. Per finire con la tutela di chi, nell’Amministrazione, fa il proprio dovere costi quel che costi o potrebbe anche farlo, se non si sentisse troppo spesso nudo e solo.