L'INTERVISTA.
Marco
Rossi-Doria
«Il
concorso è
Il sottosegretario
all'Istruzione: «Capisco le sofferenze e le fatiche di Jolanda Bufalini l'Unità, 7.9.2012
ROMA. Davanti al
palazzone di viale Trastevere un gruppo di precari protesta contro
il concorso, all'interno incontriamo il sottosegretario Marco Rossi
Doria, il maestro di strada che oggi si trova dall'altra parte della
barricata.
«Cerchiamo di capire
come ricade sulla scuola ciò che facciamo, ci chiediamo quali siano
i possibili errori. Chiamiamo, andiamo nelle scuole, il metodo di
lavoro è partecipativo».
«Con il ministro
Profumo ci siamo dati obiettivi coerenti con la possibilità che
questo governo ha di smuovere le cose e, al tempo stesso, sappiamo
di avere una maggioranza formata da forze politiche fra loro
avverse. Mi pare che stiamo riuscendo a rispettare le priorità: in
primo luogo c'è l'obiettivo politico di cambiare il clima, siamo
riusciti ad aprire un dibattito pubblico sul ruolo della scuola
nella crescita del paese».
«Facciamo i conti con
il debito pubblico ma il paesaggio è molto variegato, ci sono
regioni con tradizioni consolidate che riescono a tenere aperte le
scuole, ce ne sono altre dove è importante il contributo comunitario
degli utenti, come in alcune esperienze a Roma, ci sono esperienze
nuove avviate con entusiasmo. I tagli penalizzano ma hanno
mobilitato risorse della cittadinanza attiva. L'agenda politica
impostata da Profumo ha il merito, chiunque vada dopo al governo,
mano a mano che si aggiustano i conti pubblici, di considerare
scuola e ricerca non una spesa ma un buon investimento».
«C'è un bando pubblico
di 25 milioni di euro per la lotta alla dispersione scolastica a cui
si aggiunge l'iniziativa congiunta dei ministri Barca e Profumo in
Europa per proseguire con politiche attive contro la dispersione
scolastica fino al 2020. Ci sono 200 milioni per interventi nelle
scuole del Sud e un miliardo per l'edilizia scolastica, c'è
l'implementazione tecnologica delle scuole».
«Quando ho iniziato io,
nel 1975, l'abilitazione consentiva di fare supplenze ma si entrava
in ruolo solo vincendo un concorso. I concorsi si facevano ogni
anno, per coprire i vuoti del turn over. La situazione che si è
creata dal 1980 ha generato una grande aspettativa e un grande
precariato, conosco le sofferenze e le fatiche dei colleghi precari.
Abbiamo scelto di ripristinare il dettato costituzionale, dopo 12 e
in alcuni casi 20 anni che non si facevano concorsi, ma non ci
possiamo nascondere la situazione che abbiamo ereditato. Il
compromesso è che l'ingresso in ruolo sarà al 50% per concorso, il
che consente di aprire ai ragazzi che si stanno laureando, e al 50%
attraverso le graduatorie fino a esaurimento».
«Lo scorrimento più
lento ha due cause, una è la riforma delle pensioni, il picco dei
pensionamenti è ritardato ma ci sarà. E, in alcuni casi, per le
materie scientifiche, le liste delle graduatorie sono già quasi
esaurite. L'altra causa è la scelta del concorso, sono convinto che
il cerchio andava rotto, andava dato un segnale di svolta e
ripristinato il dettato costituzionale. Per i precari non c'è
penalizzazione, possono partecipare ai concorsi restando in
graduatoria».
«C'erano le indicazioni
dei ministri precedenti, Fioroni e Moratti, ma il curriculum della
scuola di base non era definito. Abbiamo lavorato con le scuole, in
due mesi di dibattito intenso, collegi e singoli docenti hanno
mandato 10.000 osservazioni su ciò che non va, sulle sperimentazioni
degli anni passati, poi c'è stato il voto quasi unanime del
Consiglio nazionale. Si è chiusa un'operazione che era aperta da
molti anni, definendo in modo rigoroso cosa devono sapere i ragazzi
sulla base delle indicazioni che vengono dall'Unione europea e dalla
tradizione italiana».
«È una classifica che
comprende la ricerca e l'università, nella scuola spendiamo più
della Germania».
«Il vero spreco è nella
vetustà degli edifici, spendiamo 8 miliardi l'anno di riscaldamento.
È una cifra che si potrebbe dimezzare, ci stiamo muovendo, di
concerto con gli enti locali, con il Cipe e la Cassa depositi e
prestiti». |