Il concorso per insegnanti? di Alessandro Schiesaro Il Sole 24 Ore, 1.9.2012 La partenza di un nuovo concorso per insegnanti è una buona notizia per tutti: per i giovani che non hanno fatto in tempo ad entrare nelle graduatorie ad esaurimento e possono adesso mettersi in gioco; per i precari abilitati che popolano quelle graduatorie, perché potranno, vincendo, anticipare l'ingresso in ruolo (è sempre in vigore infatti la norma che prevede di assegnare la metà dei posti annualmente disponibili per scorrimento delle graduatorie); per gli studenti, visto che le cattedre coperte da docenti di ruolo offrono un maggior grado di stabilità. Soprattutto, è una buona notizia per il sistema scolastico, che dal 1999 aveva interrotto l'esperienza dei concorsi, uno strumento prezioso, se usato bene, di selezione basata sul merito. Rispetto al passato la novità di fondo è che saranno messi a bando solo posti realmente disponibili, sulla falsariga di quanto è successo per il recente concorso a dirigente scolastico. I concorsi "a posti zero" servono solo a infittire le graduatorie degli abilitati, accentuando il problema del precariato anziché risolverlo, se è vero che oggi si stanno ancora nominando i vincitori del 1990. A fronte di un numero di candidati che si preannuncia per forza di cose molto consistente, le prove di selezione dovranno essere impostate con serietà e rigore, ma è importante che si sperimentino modalità innovative finalizzate a ridurre i tempi della procedura, perché i concorsi troppo lunghi danneggiano la scuola, che rimane senza i docenti di cui avrebbe bisogno, e logorano i candidati. In questa tornata il primo discrimine sarà quindi costituito da un test generale centrato su logica e comprensione di testi. Si obietterà che questo tipo di prove non entra nel merito delle competenze specifiche, ma sarebbe sbagliato trascurare l'importanza di quesiti che, a patto di essere formulati correttamente, consentono di valutare capacità trasversali di ragionamento, competenza linguistica e acribia analitica, che tutti i futuri docenti, quale che sia la loro specialità, devono ovviamente dimostrare di possedere. E' un fatto che il ricorso prevalente se non esclusivo agli esami orali nel percorso universitario riduce le occasioni non solo di saggiare le capacità di scrittura degli studenti, ma anche la loro capacità di scavare a fondo nelle pieghe di un testo complesso, letterario o meno. Alla prova scritta disciplinare spetterà valutare la preparazione settoriale, mentre l'orale, cui il regolamento in vigore assegna un punteggio eccessivo, prenderà questa volta a forma di una lezione, per far emergere l'abilità di organizzare e presentare la materia. Un quinto dei cento punti disponibili è assegnato sulla base dei titoli accademici e professionali. Il nuovo concorso prende l'avvio in contemporanea con l'inizio dei corsi di Tirocinio formativo attivo (TFA), al termine del quale si ottiene l'abilitazione che permette di partecipare ai futuri concorsi. Solo tra un anno sapremo se l'esperienza del TFA è stata positiva, ma non è troppo presto per riflettere sulla durata complessiva del percorso. Oggi per diventare insegnanti è necessaria una sequenza davvero lunga: laurea, laurea magistrale, TFA, concorso. Nel caso, statisticamente poco probabile, che tutte le date si intreccino alla perfezione senza tempi morti, si parla di almeno sette anni, in pratica molti di più. L'adozione di un nuovo regolamento, da tempo previsto per delega, potrebbe essere anche l'occasione per ripensare a questa sequenza. È in ogni caso indispensabile che i concorsi, almeno fino a quando resterà in vigore l'attuale normativa, riacquistino una cadenza regolare, se possibile annuale, perché solo questa certezza consente ai giovani di programmare concretamente le tappe del loro futuro professionale. L'attesa snervante di concorsi modello Godot (dal 1974 ad oggi solo quattro, distanziati l'uno dall'altro di quasi un decennio, ma in un caso, l'ultimo, di tredici lunghi anni) è causa di frustrazioni che si aggiungono inutilmente alla preoccupazione, quella sì, reale, legata alla disponibilità o meno di posti. Carlo Azeglio Ciampi usava ricordare che, da governatore della Banca d'Italia, non aveva mai fatto slittare il concorso annuale di ingresso nei ruoli della Banca. La vendemmia, diceva, è qualche volta più abbondante, altre meno, ma l'importante è farla ogni anno. È questo l'esempio da seguire. |