Una strana sensazione

di Sandro Mattiazzi, novembre 2012

Può essere che in questi momenti carichi di tensione, confusione politico-sociale e, soprattutto, culturale, si sia spinti verso valutazioni che hanno la caratteristica di essere sin troppo vicine al crinale del dubbio, dell’incertezza in ogni caso.

Gli ultimi eventi legati alla scuola, mi riferisco in particolar modo alla provocazione del ministro riguardo l’orario di lavoro degli insegnanti di scuola media che dalle consuete 18 ore avrebbe dovuto essere maggiorato di 6 ore senza alcun aumento stipendiale, mi hanno stimolato alcune riflessioni; innanzitutto la risposta degli insegnanti (della media intendo) per una volta  compatti e forti e questo certamente è motivo di soddisfazione pensando quanto sia e quanto sia stato difficile, anche in tempi recenti, mobilitare una categoria molto refrattaria al “combattimento” sia di piazza sia interno nell’’ambiente di lavoro. Evidentemente il tema orario di lavoro ha indubbiamente scosso gli animi di una popolazione professionale spesso tiepida ma molto attenta alle caratteristiche peculiari della propria attività lavorativa e in queste, senza tema di smentita, c’è anche l’orario di lavoro.

E’ da dire, comunque, che la distruzione della scuola (sia in senso valoriale sia nel senso concretamente economico-organizzativo) non inizia certo nei nostri giorni ma affonda le radici soprattutto nella distruzione avvenuta a partire dalla fine degli anni ottanta della scuola di base, quella che si chiamava scuola elementare e che ora si chiama scuola primaria. E’ da là che partirono le idee per oberare gli insegnanti di carichi di lavoro squisitamente impiegatizi, è da là che prese vita e corpo l’idea di Dirigente Scolastico in vece del Preside o Direttore Didattico, appunto. E’ dalla soppressione dell’esame di quinta elementare che prese vita una visione di totale appiattimento educativo con cadenze e tempi scolastici segnati da obblighi più o meno protocollari svuotando in questo modo l’autorevolezza della scuola e degli insegnanti. E’ dalla scuola elementare il luogo dove si iniziò a pensare l’istruzione pubblica come ad un servizio puro e semplice nel quale l’importante è fornire “cose” all’utenza composta dai genitori e dai loro figli. E’ sempre dalla scuola elementare l’inizio della tangibile diminuzione dei diritti individuali a favore dei diritti dell’utenza (basti pensare che nella scuola elementare (primaria)  un insegnante non può nemmeno scegliere il plesso di trasferimento e deve sottostare alle decisioni del D.S. che lo destinerà nella sede del Circolo che riterrà più idonea al buon funzionamento della scuola.

Sfortunatamente attorno a questi argomenti non è stato possibile coinvolgere tutto il mondo della scuola: forse perché le situazioni, i casi, parevano a coloro che nella scuola elementare non insegnavano argomentazioni troppo distanti e slegate dalla loro realtà; o forse si è equivocato attorno al termine insegnante e alla sua collocazione.

Comunque sia, sabato 24 novembre la GILDA, particolarmente la GILDA, ha indetto uno sciopero con manifestazione a Roma; benissimo. Peccato che migliaia di insegnanti, quelli dell’ex scuola elementare e della scuola dell’infanzia non possano scioperare poiché nella stragrande maggioranza non lavorano al sabato. Poco male. La sensazione, ritornando alla titolazione iniziale, è che la scuola primaria e la scuola dell’infanzia siano altro da scuola e che con la scuola c’entrino, ma sfiorando la professione.  Mi rincresce scrivere questo ma mi sento di farlo; la mia appartenenza alla GILDA è di vecchia data (e continuerà ad essere appartenenza) e con GILDA ho vissuto momenti di entusiasmante impegno politico e culturale ma, nonostante tentativi e tentativi, credo all’oggi che fondamentalmente Gilda sia un movimento di scuola media superiore luogo dove, in realtà, è nata la associazione professionale. Al massimo è possibile affiancare le istanze della scuola media superiore ma sperare nel viceversa è impossibile.

Credo che, in ogni caso, GILDA rimanga il miglior sindacato-associazione professionale del mondo della scuola ma credo altresì che sarebbe stato opportuno creare strutture interne (come c’erano e come io sempre osteggiavo) perché fossero tutelate altre categorie di insegnanti. Può sembrare inopportuno proprio in momento di estrema difficoltà mettere in evidenza, sottolineare contraddizioni e discrepanze atte a dividere e cioè indebolire ma mi pare anche che solo con le chiarezze si possa conquistare un futuro che forse necessita anche di altre aperture per non acciambellarsi in una ripetizione la quale, nonostante rilevanti apporti d’analisi, potrebbe finire in una strada senza sbocchi.

 

Mestre, novembre 2012                           

                                                             Sandro Mattiazzi

                                             insegnante scuola primaria RSU gilda Venezia