Mobilitazione di cervelli

di Marina Boscaino da MicroMega, 18.11.2012

Tra tanti demeriti, la proposta indecente delle 24 ore di lezione frontale per gli insegnanti di medie e superiori, senza aumento di salario, (oggi rientrata; comunque – come ha affermato Profumo – rimandata al prossimo contratto, si spera almeno contemplando il riconoscimento economico) qualche merito l’ha avuto: quello di coinvolgere nella mobilitazione docenti che fino a questo momento sono stati defilati, portando all’attenzione generale della scuola e dell’opinione pubblica altri temi critici, come la pdl 953, ex Aprea. E, ancora di più, quello di rivelare le risorse umane che la scuola pubblica ospita; insegnanti non solo spesso dalle notevoli conoscenze e capacità disciplinari e didattiche, ma anche dalla grande capacità di ricerca e di elaborazione. Esaltazione della creatività intellettuale: ecco a cosa stiamo assistendo, volenti o nolenti. Mobilitazione di cervelli.

Ecco dunque qualche esempio.

Stefano Maschietti, docente di Storia e Filosofia, ha ricomposto in un sistema organico e significativo alcuni dei dati che maneggiamo tutti i giorni. La legge 133/08 ha previsto un taglio di 8mld alla scuola, con una diminuzione drammatica della spesa per l’istruzione. Tale risparmio è stato realizzato, ad esempio, attraverso il taglio di 140mila posti di lavoro (tra docenti ed Ata), l’aumento di un punto percentuale, nel triennio 2008-11, del rapporto docente-alunni, con aule sovraffollate e sprezzo totale di sicurezza e diritto all’apprendimento. Nessun altro settore della Pubblica Amministrazione ha subito tagli equiparabili. Nel contempo, dal 2000 al 2010, lo stipendio medio di un docente è aumentato del 5,2% contro una media europea del 22,5%. Maschietti rivela che la comparazione di tali dati –l’analisi, cioè, del numero progressivamente crescente degli alunni per classe, l’aumento dei salari, la diminuzione dei posti di lavoro ed altre variabili – dimostra che la produttività media dei docenti italiani è aumentata circa 3 volte più dell’aumento del Pil dal 1993 al 2012. Qualora le ore di lezione dovessero aumentare senza aumento salariale (ma non possiamo crederlo), ciò comporterebbe un aumento della produttività media degli insegnanti 6 volte superiore all’aumento del Pil annuale, che si assocerebbe ad una perdita del potere d’acquisto del salario pari al 45%: queste sarebbero state le condizioni che la proposta indecente avrebbe configurato. Del resto, poiché un insegnante con 15 anni di carriera guadagna 1600 euro e, per via del blocco dei contratti, i docenti subiscono perdite tendenziali di 2500 euro annuali, è difficile trovare un’altra categoria di lavoratori pubblici o privati che possa sopportare il confronto con questi dati. Anche scendendo sul terreno dei tecnicismi e dei parametri di efficienza cari (più di qualsiasi diritto all’apprendimento degli studenti e di qualsiasi riconoscimento della specificità della nostra professione, nonché di qualsiasi gestione non strumentale dell’impropria equivalenza tra orario di lezione e orario di lavoro) al governo dei tecnici, sembra che la scuola abbia già pagato molto, troppo.

Carlo Salmaso, docente di Matematica e Fisica a Padova, membro del Coordinamento Nazionale Per La Scuola Della Costituzione, ha confrontato in una serie di slides il testo del dlgsl 297/94 (Testo Unico sulla scuola, che raccoglie i decreti delegati del ‘74 e la determinazione degli organi collegiali così come oggi esistono) con la previsione del ddl 953 (ex Aprea), che rivede la funzione dell’autogoverno nella scuola, limitando il ruolo degli organi di democrazia scolastica e rafforzando il ruolo manageriale del dirigente scolastico. Materiale utilissimo nelle assemblee e nei seminari che si stanno tenendo in questi giorni per sensibilizzare docenti e società civile su quali sarebbero gli effetti di una simile legge.

Vincenzo Pascuzzi, V.P. per chi frequenti siti scolastici, nell’ambito della sua meritoria attività informativa, si è specializzato in contabilità. Prendiamo, ad esempio, il suo impegno nel “fare i conti del concorsone”. Sono 321.210, a fronte degli 11.542 mila posti disponibili, i candidati al concorso a cattedre. La maggior parte delle domande arriva da donne e non iscritti alle graduatorie ad esaurimento. E’ di 38,4 anni l’età media dei candidati. La metà delle domande arriva dal Sud; in testa la Campania. Il ministro Profumo ha dichiarato il costo dell’operazione: 1 milione di euro. Ammesso (e non concesso) che i costi del concorso riguardino esclusivamente il pagamento dei commissari nell’espletamento dei loro obblighi, ciascuno degli 11.000 vincitori costerà circa 90 euro. I precedenti statistici inducono a pensare che per ogni vincitore vi siano 27 non ammessi e 5 ammessi all’orale. Senza contare le ore impiegate per la correzione degli scritti, il budget ammonta 18 euro per ogni orale. Ipotizzando un’ora per l’orale, i tre commissari percepirebbero 6 euro lordi orari. Una garanzia per i candidati.

Anna Angelucci, Alvaro Belardinelli, Massimo Sabbatini (docenti di Italiano e Latino e Latino e Greco) studiano studiano studiano: riforma del Titolo V della Costituzione, dati europei, sistemi di valutazione, economia.

Sono pochissimi dei tanti esempi che potrei fare per raccontare come molti di noi hanno capito che l’attacco alla scuola dello Stato – che non è iniziato né si concluderà con la proposta indecente – può essere contrastato esclusivamente con una assunzione di responsabilità culturale ed intellettuale. Sarebbe utile che questo elemento diventasse chiaro per tutti: insieme siamo un esercito stabile e molto efficace. Per i fan dell’autonomia scolastica potrebbe essere utile riflettere sul fatto che, in fondo, si tratta di un’interpretazione virtuosa dell’articolo 6 del Dpr 275/99 sull’Autonomia Scolastica – autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo – per difendere la propria identità democratica.