Corsi
obbligatori di formazione
in lingua inglese nella
scuola primaria:
cui prodest?
inviata da Laura Berutti, 18.3.2012
Egregio signor
Ministro,
Egregio signor Presidente del Consiglio,
Egregio signor Presidente della Repubblica,
mi permetto di
chiederVi qualche minuto del Vostro tempo per raccontarVi una
storia. Sono un’insegnante di scuola primaria e nel corso della mia
carriera ho riscontrato che esse sono il modo migliore per spiegare
in maniera semplice concetti difficili.
C’era una volta
un imprenditore, che aveva alle proprie dipendenze un congruo numero
di operai; alcuni di essi, nel corso degli anni, si erano
specializzati per lavorare su un’apparecchiatura speciale, che ai
loro colleghi sembrava molto complicata e che, fra l’altro, non
avevano interesse ad adoperare. L’imprenditore era molto fortunato,
perché quegli operai erano in grado di compiere un lavoro
particolare, tuttavia percepivano lo stesso stipendio degli operai
generici.
Un giorno,
l’imprenditore ebbe una brillante idea: “Come sarebbe bello, se
tutti i miei operai fossero in grado di utilizzare questo
macchinario!”
In quattro e
quattr’otto, decise che sarebbero stati organizzati corsi di
formazione per tutto il personale della sua fabbrica; stanziò i
fondi necessari, decise che ogni nuovo assunto sarebbe stato
obbligato a frequentare tali corsi e stabilì che, nel giro di
qualche anno, tutti gli operai già in servizio avrebbero dovuto
essere in grado di far funzionare i macchinari speciali.
Nel frattempo,
gli operai che si erano specializzati nel corso degli anni avrebbero
dovuto obbligatoriamente tornare a fare gli operai generici e,
qualche ora a settimana, far funzionare anche l’apparecchiatura
speciale.
Alla fine di
tutto il processo, l’imprenditore non aveva diminuito il numero di
operai, né risparmiato un centesimo sugli stipendi e per di più
aveva creato malcontento non solo fra gli operai costretti a
lasciare un lavoro che li
appassionava, ma anche fra coloro che, loro malgrado, avevano dovuto
formarsi per svolgere il lavoro dei colleghi. Inoltre aveva speso
una fortuna per i corsi di preparazione.
Bilancio
dell’operazione: in rosso.
Sembra una
storia assurda, vero? Nessun imprenditore di buon senso butterebbe
denaro dalla finestra in tal modo! Purtroppo è la realtà:
l’imprenditore è lo Stato, gli operai specializzati sono gli
insegnanti di scuola primaria che da anni insegnano lingua inglese
(e solo quella) in diverse classi e gli operai generici sono i
colleghi che insegnano le altre materie.
In passato si è
sostenuto che mantenere le cattedre di lingua inglese alla scuola
primaria costasse troppo. In effetti, fino a qualche anno fa un
insegnante di scuola primaria “specializzato” nell’insegnamento
della lingua straniera aveva per lo Stato un costo supplementare: la
sua cattedra era considerata aggiuntiva all’organico normale e
creava ore di compresenza con altri insegnanti, che venivano
utilizzate, ad esempio, per attività di recupero e potenziamento per
gli alunni in difficoltà.
Ora però la
situazione è cambiata: le cattedre di lingua straniera sono
calcolate a pieno titolo nel monte ore necessario a coprire il tempo
di presenza a scuola degli alunni. Considerato che l’orario di
servizio di un insegnante di scuola primaria è di 22 ore e che la
maggior parte delle scuole in Italia ha un orario di funzionamento
di 27 o 30 ore (più il tempo dedicato alla mensa), è chiaro che per
dieci classi occorreranno non dieci insegnanti, bensì dodici o
tredici. Che senso ha, quindi, che ogni insegnante debba insegnare
inglese nella propria classe? Ciò non determina nessun tipo di
risparmio per lo Stato, dato che un altro collega dovrà operare
nella medesima classe per completare l’orario curricolare degli
alunni. Gli attuali insegnanti di lingua straniera, quindi,
cesseranno di svolgere un incarico per il quale sono stati già
formati e quindi non costano più un solo Euro allo Stato, per
insegnare altre materie, magari nelle stesse classi in cui prima
insegnavano l’inglese.
La formazione di
nuovi insegnanti di lingua straniera, pertanto, si rende necessaria
solo nelle regioni o nelle province in cui non c’è adeguata
copertura delle cattedre di lingua inglese. In tutte le altre, è
semplicemente un costo inutile.
Attualmente,
invece, si tende alla soppressione delle cattedre di lingua
straniera, a vantaggio dell’insegnamento impartito dall’insegnante
prevalente della classe.
Io sono una di
questi insegnanti specialisti: mi sono formata negli anni ‘Novanta e
insegno le lingue straniere con passione da più di venti anni. Come
me, ce ne sono a centinaia, forse a migliaia, che allo Stato non
costano più nulla: in un sistema scolastico attento alla qualità, le
competenze da essi acquisite dovrebbero essere adeguatamente
valorizzate, anche in un’ottica di contenimento della spesa
pubblica. L’autonomia didattica dei singoli Istituti, ad esempio,
consentirebbe un uso flessibile e adeguato delle risorse a
disposizione.
Al momento,
invece, molti Dirigenti Scolastici (presumo su indicazione degli
Uffici Scolastici Territoriali) stanno spingendo gli insegnanti ad
iscriversi ai corsi di formazione, anche minacciando iscrizioni
d’ufficio, qualora non si trovino volontari disposti a frequentarli.
Non discuto,
anche se forse si dovrebbe, sulla qualità di questi corsi: partendo
da zero, in sole 300 ore (di cui circa il 50% online, se le mie
informazioni sono corrette) dovrebbero formare un insegnante, non
solo alla conoscenza di una lingua, ma anche a saperla trasmettere
agli alunni. Addirittura, già dopo le prime 40-50 ore di corso
cominciano a insegnarla.
La mia domanda è
molto più concreta: “Quanto costa questa operazione, in gran parte
assolutamente inutile? Decine, centinaia di migliaia di Euro? Forse
ancora di più?”. E se non giova né alle casse dello Stato, né a un
miglioramento del servizio, cui prodest?
Negli ultimi
mesi, in Italia è stato fatto molto per evitare spese superflue e
sperpero di fondi pubblici. In questo periodo di vacche magre, in
cui ogni Euro risparmiato può fare la differenza e in cui tanti
sacrifici sono stati richiesti agli Italiani, mi auguro che anche il
MIUR contribuisca, in tempi brevi, a limitare lo spreco, riservando
i corsi di formazione alle aree dove oggi non c’è adeguata
copertura. Da cittadina, che paga regolarmente le tasse, mi aspetto
che il mio contributo ai servizi del Paese sia utilizzato con la
diligenza del buon padre di famiglia.
Ringrazio per
l’attenzione che mi è stata accordata e porgo cordiali saluti.
Laura Berutti