Tolosa, la prof e gli alibi morali Lorenzo Mondo La Stampa, 22.3.2012 Prima della strage compiuta nella scuola ebraica di Tolosa, Mohamed Merah aveva ucciso in due distinti attentati tre paracadutisti. Si dà il caso che fossero tutti di origine maghrebina, due musulmani e uno cattolico. Sembra che la sorte abbia voluto affratellare nell’estremo sacrificio persone di etnia e di fede diversa. Questo non placherà gli irriducibili del fondamentalismo, non cancellerà i graffiti che esaltano l’«eroe» sui muri di Francia, ma dovrebbe indurre la comunità islamica a diversificarsi, a stigmatizzare con più forza chi uccide in nome di un Dio «clemente e misericordioso». Colpisce tuttavia, ai margini della dolorosa vicenda, un episodio di altro segno, che non è scaturito dal cuore di una disastrata «banlieue». La scena si è svolta a Rouen, in un liceo intitolato allo scrittore Flaubert, la cui ombra dovrebbe tutelare docenti e discenti dall’universale «bêtise». Bene, una insegnante di inglese ha chiesto ai suoi allievi un minuto di silenzio per commemorare l’assassino di Tolosa. Sarebbe «vittima di una infanzia infelice», il suo arruolamento tra i talebani sarebbe una invenzione dei media e di Sarkozy. Sembra che la donna fosse indiziata di stravaganze. D’altronde gli studenti, alle sue parole, hanno lasciato la classe e si sono affrettati a denunciarla al Provveditorato, che l’ha sospesa dall’insegnamento. Forse quello offerto da Rouen è un caso estremo, ma le parole dell’insegnante ricorrono diffusamente nella realtà quotidiana. Le condizioni disagiate, l’infelicità, trovano, non dico una disposizione a comprendere (che non va negata a nessuno), ma una partecipazione che sfocia in alibi morale davanti alle più gravi e perfino criminali infrazioni. Così, si tende a trascurare le vittime accertate a vantaggio di quelle presunte o malcerte. E si indulge a sospettare di complotti e speculazioni ad opera dei «servizi» manovrati dal «potere». Si fa strame cioè della responsabilità personale e si offendono i molti che, pur angustiati da povertà e marginalità, non si sentono legittimati a delinquere (si tratti anche soltanto di minacce, violenze e saccheggi). Quelle parole capita di sentirle ogni giorno, anche da noi, specie nel caso di virulenti contestatori dell’ordine sociale. E siamo portati a strani, paradossali pensieri. Preoccupa giustamente la difficile integrazione nel nostro Paese di persone che vengono da lontano, con il carico delle loro diversità. Ma esistono pure i non integrati di casa nostra (per necessità ma anche per vocazione) che vengono assolti da solerti sostenitori. Emuli della scombinata professoressa di Rouen. |