Professoressa uccisa dall'amianto
Inchiesta di Guariniello
su una scuola media Alberto Gaino La Stampa, 1.5.2012
Una professoressa di 60
anni è morta di mesotelioma. Il collegamento con l’amianto è
scattato in automatico, ma è stato solo dopo la ricostruzione della
sua vita fra casa e lavoro che si è risaliti alla scuola dove aveva
insegnato per trent’anni matematica e scienze: la media inferiore
Vivaldi. I pavimenti dell’edificio che la ospita in via Casteldelfino 24 erano «deteriorati, se non rotti, in forti condizioni di degrado» prima della bonifica cui sono stati sottoposti come altre parti della costruzione che contenevano materiali fabbricati con amianto. Ma prima dell’intervento di risanamento almeno una persona, camminando per quei corridoi e locali per tanti anni, ne ha respirato le fibre sbriciolatesi con la mancata sostituzione del linoleum. Quella persona ne è morta.
Guariniello ha iscritto
nel registro degli indagati per omicidio colposo 7 dirigenti fra i
responsabili della Vivaldi e dei Servizi tecnici di edilizia
scolastica del Comune nel periodo 1976-1999. In quell’arco di tempo
la prof. ha lavorato alla Vivaldi. Per la verità, l’insegnante è
rimasta sino al 2006 nella scuola di via Casteldelfino (ha anche
ricoperto l’incarico di vicario del dirigente) per andare in
pensione subito dopo. Nel 2007 si è ammalata e sulla base della
latenza dei mesoteliomi il magistrato ha «circoscritto» al periodo
individuato il cerchio delle responsabilità. La bonifica dell’amianto nell’edificio della Vivaldi risale al decennio scorso, sicché gli ispettori di Guariniello hanno dovuto chiedere, ottenere ed esaminare pacchi di documenti sulla storia degli interventi edilizi alla Vivaldi per poi raccogliere le testimonianze di chi vi ha lavorato. Così si è saputo del pericoloso degrado soprattutto dei pavimenti in linoleum.
Per decenni questo
genere di rivestimento è stato preferito nelle costruzioni, in
particolare nel periodo 1960-1980. Motivo: bassi costi e resistenza
del materiale. Per questo è stato utilizzato nella pavimentazione di
edifici pubblici e delle abitazioni più povere. Per questo la
dannata storia dell’amianto coincide con le stragi soprattutto di
poveri. E’ stato così nel boom economico del dopoguerra in Italia e
nel resto d’Europa, è così per l’attuale sviluppo delle megalopoli
di baracche nel Terzo e Quarto mondo, dove si sono trasferite le
produzioni di manufatti con amianto. Nel 2010 erano 33 gli insegnanti torinesi che la procura sospettava di essersi ammalati a causa dell’amianto nelle scuole. Gli accertamenti svolti, lunghi e meticolosi, hanno portato i collaboratori di Guariniello a ridurne il numero ai casi sicuri, quantificati ora in 28 per Torino e la parte della provincia che rientra nella competenza territoriale di Guariniello.
La stessa insegnante di
matematica della Vivaldi, deceduta nel 2008, è diventata lentamente
un caso sicuro, malgrado avesse lavorato per trent’anni nella stessa
scuola. Dopo la segnalazione raccolta dall’Osservatorio torinese sui
tumori di origine professionale (il mesotelioma vi rientra), si è
dovuto fare i conti con il rimpallo di responsabilità fra autorità
scolastiche e enti locali. I documenti e le testimonianze sono stati
determinanti: nel 1998 il dirigente scolastico della Vivaldi aveva
inoltrato un’«avvertenza» ad alcuni lavoratori della scuola più a
contatto con strutture e rivestimenti imbottiti di amianto. La
docente di matematica non rientrava in quella lista. La professoressa deve alla sua «fedeltà» alla Vivaldi la causa di una morte così brutta, ma in pericolo sono stati anche gli studenti che hanno frequentato la scuola per un periodo molto più breve. Guariniello lo dice con chiarezza: «La situazione delle scuole torinesi è migliore rispetto al resto d’Italia: un centinaio sono state completamente bonificate, un’ottantina ha ancora amianto nei propri edifici ma non a contatto con lavoratori e studenti. E’ anche il caso della Vivaldi. Il ministro Profumo aveva promesso un investimento di 500 milioni di euro per mettere in sicurezza gli edifici scolastici. Speriamo che questi soldi ci siano e vengano spesi». |