L'intervento

Verso la conclusione gli esami di stato

 Pasquale Almirante La Sicilia, 1.7.2012

Hanno preso la discesa verso la conclusione gli esami di stato di quest’anno e che si erano aperti con la novità del plico coi temi delle due prove scritte, non più portate a mano, ma spedite per via telematica. Esami che non sono più di maturità (nonostante ancora tanti si ostinino a chiamarli così), perché non misurano più la “personalità globale del candidato”, come sull’onda delle contestazioni del “68 fu richiesto, né tantomeno quella culturale preesistente implementata da Gentile, ma dovrebbero certificare invece le competenze del diplomato così come avviene in Europa e così come da essa è richiesto (quante richieste ci fa l’Ue?).

E in effetti non è istanza peregrina perché si è ravvisata, già agli inizi degli anni novanta, la necessita del riconoscimento dei titoli in ambito comunitario, per cui è giocoforza capirsi sul giudizio che ogni diploma porta con sé. E maturo infatti, fuori dalle nostre precisazioni ideologiche e quindi all’estero, che significa? Diverso è invece se si specifica che il diplomato ha competenze di un certo livello e che sono leggibili e interpretabili almeno nell’Ue, sia per riceve un lavoro e sia per l’iscrizione all’università. Ma questi esami così come sono concepiti, e nonostante l’ultima modifica apportata nel 1997 da Luigi Berlinguer, dichiarano cose diverse rispetto alle sole due materie scritte e orali di prima?

Sull’odierno diploma infatti è solo segnato se il candidato ha superato o meno gli esami di stato e con quale punteggio che però è unico e come tale vuol dire tutto e nulla del suo possessore: saprà di matematica, di diritto, di lettere? E con quali competenze? L’obiettivo dunque dovrebbe essere, in accordo all’Ue, quello di rilasciare un titolo dove si certifichi la “competenza” che si ha per ciascuna disciplina secondo criteri condivisi e riconoscibili. Un lavoro questo che dovrebbe elaborare il Miur (quanti esperti paga?), così come è stato fatto con le lingue straniere in ambito comunitario e per le quali esistono vari livelli di competenze: A1/A2-B1/B2-C1/C2. Ognuna di queste sigle dichiara a quale livello si è in grado di capire, parlare, leggere e scrivere nella lingua straniera che si è studiata e per saperlo ci sono test oggettivi e uniformati in modo tale che il giudizio sboccia senza nulla aggiungere o levare.

E’ vero che si possono sostenere esami nel corso dell’anno e fra un anno e un altro, semplificando l’esame finale, ma occorrono sempre strumenti validi e condivisi per misurare con la massima oggettività.