Bocciati a scuola, peccatori a vita

Il giudizio senza appello di un parroco del Padovano: "Mi fai pena e rabbia".
Come se l'impegno sui banchi e l'etica cristiana andassero di pari passo.

di Marina Boscaino Il Fatto Quotidiano, 20.7.2012

C’era una volta don Lorenzo Milani, quello dell’inclusione; quello che diceva che non c’è cosa più ingiusta che fare parti uguali tra diversi; quello per cui bocciare è come sparare nel mucchio o in un cespuglio: “Forse è un ragazzo, forse è una lepre”. Oggi c’è don Marco Scattolon, parroco di Rustega. I giovani parrocchiani della sua chiesa, in provincia di Padova, sono stati accolti nell’atrio della casa del Signore da un manifesto-proclama non facilmente ignorabile. Un volto di Cristo con sotto il monito perentorio: “Bocciato=Peccato. Provvedi! Avviso sacro”. Don Marco, autore del diktat, non pago della minacciosa esternazione, ha poi scritto una lettera aperta, dai toni altrettanto perentori: “Caro bocciato. Mi fai pena e rabbia. È umiliante anche per te dover segnalare ad altri la tua bocciatura. Spiace a tutti perdere un anno per pigrizia, leggerezza, indisciplina. Vizi, o limiti, che si radicano nella vita ben oltre il periodo scolastico. Ti invito a verificare perché ciò è accaduto”.

In Italia, come ci hanno confermato recenti dati Istat, la dispersione scolastica continua a essere una piaga sociale, il cui principale precedente è il ritardo (rimanere indietro, non avendo maturato conoscenze e competenze per proseguire il percorso nella classe successiva, essere bocciati, insomma). Si tratta di un fenomeno che determina costi sociali, culturali, economici molto onerosi per la comunità. E molto penalizzanti per i singoli individui. In tutta la letteratura di riferimento non esiste un unico autore che lo abbia trattato con la pena e la rabbia, con la minaccia, con il senso di colpa.

Ecco invece la soluzione “illuminata” offerta da questo Paulo Freire di Rustega, per far fronte a un complesso problema cui è necessario dare risposte rapide e convincenti. Il timore è che i nostri decisori politici possano approfittare dell’occasione – a corto, come sono, di idee e iniziative – per creare improbabili alleanze con preti zelanti in vena di improponibili stigmatizzazioni. Molti dei comandamenti, secondo don Marco, sono violati dai bocciati-peccatori. Concede, il castigatore degli “insufficienti”, rare attenuanti (“A volte si sbaglia indirizzo scolastico, ci possono essere problemi di apprendimento legati alla dislessia, mancanza di memoria o anche periodi di malattia” ): meno male, qualcuno si salva dal marchio del peccato. Pochi, però. Prosegue infatti don Marco: “Ma quando manca l’impegno costante, un bocciato quasi sempre è responsabile della sua situazione. Ha arrugginito la sua volontà e sciupato un anno della sua vita, ha umiliato i suoi genitori, il loro sudore per farlo studiare, ha sperperato i soldi per mandarlo a scuola, intaccato il prestigio dell’intera famiglia”. Violata la prescrizione di onorare il padre e la madre, dunque. Non solo. Nel cilindro di don Marco non manca nulla, nemmeno i riferimenti alla cultura classica. In una volontaria amplificazione dell’enfasi nella chiusa del suo illuminato messaggio, il parroco sottolinea infatti che i bocciati hanno “snobbato l’invito di Cristo a sviluppare i propri talenti, dando un brutto esempio ai più piccoli. È doveroso che si facciano un esame di coscienza, si diano una mossa, si pentano e vengano a confessarsi. L’etica cristiana e impegno scolastico vanno a braccetto e, come diceva Socrate c’è un solo bene, il Sapere; e c’è un solo male, l’Ignoranza”.

E conclude con l’induzione del senso di colpa: “Farsi bocciare per mancanza di impegno e indolenza è un insulto alle migliaia [soltanto? magari! ndr] di bambini e ragazzi dei Paesi del Terzo Mondo che vorrebbero studiare, ma non ne hanno la possibilità. L’impegno a scuola è sinonimo di impegno poi nella vita da adulti”. Si tratta di parole irrinunciabili e indimenticabili, che forniscono un eloquentissimo saggio del lavoro alacre e meritorio che – soprattutto nella provincia – la chiesa riesce talvolta a svolgere, spesso nel disinteresse nazionale, in un conciliante e distratto lasciar fare che dimostra quanto alcuni principi stiano davvero a cuore e a chi. Violando ambiti, pertinenze, competenze e ponendosi come interprete inappellabile dei comportamenti dei fedeli; di qualsiasi natura essi siano, ce n’è per tutti. Fornendo chiavi di lettura che allontanano dalla cittadinanza consapevole e immergono nelle spire del più vieto oscurantismo. La disponibilità a rubricare queste e altre sgradevoli e sgradite incursioni in ambiti impropri come una delle folkloristiche manifestazioni del costume italico costituirebbe una discutibile e pericolosa disattenzione.

È di pochi giorni fa la notizia che a Pontedera, cinque bambini provenienti dalla stessa classe sono stati bocciati in prima elementare. Peccatori precoci o vittime di un sistema scolastico non in grado di seguirli adeguatamente? Quale sarà il destino – scolastico, di cittadini, di credenti – degli studenti di Rustega che hanno ricevuto l’informazione che impegno a scuola ed etica cristiana vanno di pari passo? Infine, come ha suggerito L. sulla Rete, se bocciato fa rima con peccato, scrutinio finale fa rima con giudizio universale?