il caso

Le scuole per tecnici cambiano
per stare più vicine alle aziende

I futuri Its prepareranno su 16 settori, dall’agribusiness alla moda

Flavia Amabile La Stampa, 14.6.2012

roma
Non c’è lavoro ma più di centomila tecnici potrebbero strappare un contratto nel giro di poche ore, se solo avessero la formazione giusta. Sono i tecnici dell’industria e delle costruzioni, i tecnici del marketing e, fra le professioni operaie, quelle del settore metalmeccanico.

La domanda è talmente alta quando si entra nei settori superspecializzati che ieri mentre il ministero dell’Istruzione e quello dello Sviluppo Economico erano riuniti con le Regioni per dare una risposta al problema, in platea due giovani che studiano materie biomedicali hanno trovato all’istante uno stage in un ente che fa ricerca.

Ci aveva provato già Mariastella Gelmini quando era ministro dell’Istruzione a dare alle aziende i tecnici di cui c’è un grande bisogno. Aveva creato 59 Its, Istituti tecnici superiori destinati a fare faville. Erano partiti, come promesso, ma le cose non sono andate nel migliore dei modi. Alcuni non hanno mai preso il via, altri solo in parte.

In primavera il nuovo ministro dell’Istruzione ha deciso una correzione di rotta approvando una riorganizzazione che ha affidato alla sottosegretaria Elena Ugolini e che ieri è stata raccontata durante la Conferenza dei Servizi. «Non bisogna aver paura di chiudere le strutture che non vanno. Su 59 Its il 30-35% è già di altissima qualità, in altri ci sono le condizioni per un’oliatura e possono andare avanti, ma quelli che non funzionano chiudiamoli».

Arriveranno alcuni ritocchi, insomma. «L’integrazione tra scuola e impresa non può prescindere dal rapporto con il territorio», ha avvertito Ivan Lo Bello, vicepresidente per l’Education di Confindustria. La base da cui partire è in alcune mappe realizzate dal Ministero per lo Sviluppo Economico. Vengono individuati 16 settori che diventeranno il nucleo dei futuri Its: si va dall’agribusiness alle costruzioni, alla meccanica strumentale, la sanità, la casa, la moda e così via. «Intendiamo formare dei tecnici specializzati alla tedesca che in Italia mancavano», spiega Elena Ugolini.