Sulla scuola, il sindaco di Firenze prende le distanze dai big del Pd

Per Renzi, Profumo che vuole premiare il merito,
ha ragione. E invece è Bersani che ha torto

di Goffredo Pistelli ItaliaOggi, 14.6.2012

La campagna elettorale per le primarie del Pd è ormai in pieno svolgimento. E se Pier Luigi Bersani, segretario nazionale, giorni fa, ha ventilato una proposta di legge per il riconoscimento delle coppie gay, in cui molti hanno scorto la volontà di spiazzare il cattolico concorrente Matteo Renzi, sindaco piddino di Firenze, ieri il «rottamatore» ha risposto per le rime, attaccando il suo partito (cioè il segretario) sul tema del merito a scuola. Un'incursione cioè su un argomento che gli può far guadagnare molti consensi fra i riformisti e al centro, ammesso che le regole della consultazione interna, prevista a ottobre, consentano di parteciparvi anche a chi non faccia parte già dell'elettorato democratico.

Renzi lo ha fatto con la sua newsletter periodica, eNews, che manda via mail a migliaia di sostenitori, politici, giornalisti. «Non riesco a capire alcune polemiche che il mio partito ha fatto contro la riforma di Francesco Profumo», ha scritto, spiegando di non voler entrare «nel dettaglio delle singole scelte» ma di trovare «incredibile» che il Partito Democratico, «autorizzato non si sa bene da chi», abbia preso posizione contro l'idea di destinare «almeno una quota delle risorse a meccanismi di incentivazione del merito».

Il sindaco, infatti, contesta «il principio, per cui scuola pubblica e merito sarebbero inconciliabili, come sostengono autorevoli professori universitari intervenuti sulla materia e meno autorevoli ex ministri della pubblica istruzione», con chiaro riferimento, quest'ultimo, a due big del Pd nazionale, Luigi Berlinguer, oggi a Strasburgo, e Beppe Fioroni, parlamentare, uno dei maggiorenti dell'ala ex margheritina (e col quale un tempo Renzi aveva un ottimo rapporto), entrambi critici con le idee di Profumo.

«Io a una scuola che non riconosce il merito non credo», s'è indignato il «rottamatore», confessando di non essere mai stato uno studente modello: «Non sono mai stato il primo della classe, sono riuscito a farmi rimandare a scienze in un liceo classico e non ho mai avuto una condotta all'altezza delle aspettative». Insomma Renzi, oggi, non avrebbe mai preso il premio-merito ma, ha spiegato, di non aver voglia «di vedere i miei figli educati nella logica del sei meno o del diciassette e due figure».

E ha chiarito la sua idea di scuola: «Deve rimuovere gli ostacoli che stanno davanti ai più deboli. Ma non deve tarpare le ali di chi può – e per me deve – fare di più. La scuola», ha concluso, «deve educare alla capacità critica, al superamento di vette più alte, al miglioramento personale e comunitario»

Infine una stoccata alla tradizionale allergia di molti suoi compagni democratici ai processi di valutazione, come quelli che hanno più volte criticato le famose prove Invalsi svoltesi di recente nelle scuole primarie e secondarie: «Come può essere credibile un educatore che ti insegna a giudicare, ma che ha paura, lui per primo, di essere giudicato?».

Ce n'est qu'un debut, non è che l'inizio, dicevano i sessantottini francesi.

Di qui a ottobre, periodo in cui dovrebbero svolgersi le primarie, saranno molti altri i temi di confronto a distanza. In attesa che si pronunci Nichi Vendola, a oggi il terzo incomodo.