Un paese di futuri analfabeti

Gli ultimi dati Istat confermano: in Italia ci sono
troppi abbandoni degli studi, poca lettura e pochi laureati

 da Giornalettismo.com, 19.1.2012

In Italia si scappa troppo dalla scuola. Si legge poco. E il tasso di disoccupazione giovanile è, più alto della media europea è preoccupante. Sono questi alcuni allarmanti dati forniti dall’ultimo rapporto dell’Istat che descrive abitudini, economia e stili di vita della nostra penisola.

POCHI LIBRI IN GIRO - La quota dei più giovani (18-24enni) che ha abbandonato gli studi senza conseguire un titolo di scuola media superiore è pari al 18,8% (la media Ue e’ pari al 14,1%), ha rivelato il documento, dal titolo Noi Italia – 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo, redatto dall’Istituo Nazionale di Statistica. La Penisola si colloca così, con riferimento al 2010, tra i Paesi Ue con la quota piu’ alta, alle spalle di Malta, Portogallo e Spagna. A fronte di una produzione editoriale che conta in media 3,5 copie di opere librarie stampate per abitante all’anno, inoltre, nel 2011 solo il 45,3% della popolazione dichiara di aver letto almeno un libro nel tempo libero nell’arco di dodici mesi.

L’ALTA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE – Alla scarsa propensione allo studio e alla lettura si aggiungono notizie poco gratificanti sul piano economico. Il tasso di disoccupazione in Italia – rivela l’Istat – è piu’ basso di quello dell’Unione europea, ma quello giovanile è superiore. E non solo. In Italia, infatti, è occupato “il 61,1% della popolazione nella fascia di età 20-64 anni”. All’Istituto risulta inoltre che “le donne occupate sono il 49,5%, gli uomini il 72,8. Il tasso di occupazione dei 20-64enni nel 2010 è diminuito di sei decimi di punto rispetto al 2009 confermando l’inversione di tendenza rispetto al periodo precedente. Il tasso di occupazione della popolazione in eta’ 55-64 anni e’ pari al 36,6% e, in controtendenza con quanto avviene per l’occupazione nel suo complesso, in aumento rispetto al 2009″.

TROPPA INATTIVITA’ - Inoltre “il 12,8% dei dipendenti ha un contratto a termine, valore poco inferiore alla media europea. La quota di occupati a tempo parziale è pari al 15%. Entrambe le tipologie contrattuali sono più diffuse tra le donne. Il tasso di inattività della popolazione tra i 15 e i 64 anni è pari a 37,8%, valore tra i più elevati d’Europa. Particolarmente elevata l’inattività femminile (48,9%)”. Per quanto riguarda i dati sulla disoccupazione, “nel 2010 il tasso ha raggiunto l’8,4%, aumentando per il terzo anno consecutivo, ma rimanendo inferiore a quello dell’Ue27 (9,6%)”. Il tasso di quella giovanile (15-24 anni) è invece pari “al 27,8% e superiore a quello medio dell’Unione (21,1%)”. La disoccupazione di lunga durata (che perdura cioè da oltre 12 mesi) “riguarda il 48,5 dei disoccupati nazionali”. Infine la quota di unità di lavoro irregolari “è pari al 12,3 per cento (2010). Nel Mezzogiorno può essere considerato irregolare quasi un lavoratore su cinque; nell’agricoltura circa uno su quattro”.

SENZA STUDIO E SENZA LAVORO IL 22% - Cresce la fetta di giovani neet, quelli che non lavorano nè studiano. Nel 2010, secondo i dati diffusi oggi dall’Istat più di due milioni di ragazzi (il 22,1% della popolazione tra i 15 ed i 29 anni) risulta fuori dal circuito formativo e lavorativo. In Italia la quota dei Neet è di molto superiore a quella della media europea (22,1 e 15,3% rispettivamente).

POCHI LAUREATI - L’Italia, poi – fa sapere l’Istat -, resta a metà strada negli obiettivi imposti dall’Ue sul numero di laureati che ogni paese dovrebbe avere. Secondo il rapporto Noi Italia, “entro il 2020 dovrebbero essere il 40% dei giovani tra i 30 e i 34 anni. In Italia, ad oggi, siamo fermi al il 19,8%. C’e’ stato comunque un incremento in confronto al 2004 di 4,2 punti percentuali”. Si tratta di una “magra consolazione visto che circa la metà dei paesi dell’Unione europea (i paesi del Nord Europa, Cipro, Francia, Belgio, Regno Unito, Spagna) ha già raggiunto nel 2010 il target fissato nella Strategia Europa 2020″. L’Italia presenta, invece, “un valore dell’indicatore inferiore di quasi 14 punti alla media Ue (33,6 %), collocandosi nella terza peggiore posizione prima di Romania e Malta”. (Agenzie)