Duello sulla scuola
"Oltretevere" mette a
confronto pro Giacomo Galeazzi La Stampa, 1.1.2012 Maria Grazia Colombo, lei è presidente della dell’Associazione genitori scuole cattoliche (Agesc). Il Papa chiede di investire sull’educazione, ma, in una fase di tagli alla spesa la scuola pubblica non statale è un «lusso» o una risorsa per lo Stato?
«La scuola non
statale o paritaria. E’stata riconosciuta dalla legge firmata nel
2000 da Berlinguer che ha istituito il sistema nazionale unitario di
istruzione, composto da scuola statale e paritaria. Sia l’una che
l’altra sono da considerarsi pubbliche, in quanto svolgono un
servizio a favore di tutti i cittadini. La scuola paritaria è una
risorsa per lo Stato, perché in essa si attua l’autonomia
responsabile, cioè la possibilità di optare per le formule
organizzative più adeguate. Cioò manca nel sistema scolastico
statale poiché non è ancora stata attuata la legge sull’autonomia
scolastica del 1997. Sotto il profilo dell’organizzazione, il
modello scolastico delle paritarie è interessante per l’intero
sistema nazionale dell’istruzione in quanto razionalizza dle
risorse».
«A partire da un
piano di offerta formativa condiviso da tutti i soggetti della
comunità scolastica. Mi riferisco a insegnanti, studenti e genitori.
Proprio in questo momento di crisi economica, il sistema paritario
costituisce un elemento di novità. Nonostante ciò, veniamo
penalizzati. Per ogni allievo della scuola statale dell’infanzia lo
Stato spende ogni anno 6.116 euro, contro i 584 per allievo che
frequenta la scuola paritaria. Nella primaria (elementari) lo scarto
è di 7.366 euro contro 866, nella secondaria di primo grado di 7.688
euro contro 106, nella secondaria di secondo grado di 8.108 euro
contro 51 euro».
«Queste
differenze, tra spesa per alunno che frequenta la scuola statale e
alunno della paritaria, generano per lo Stato un risparmio sulla
spesa complessiva destinata alla scuola di 6.245 milioni di euro
all’anno, di cui 3.436 nella scuola dell’infanzia, 1.202 nella
primaria (elementare), 496 nella secondaria di primo grado (medie
inferiori) e 1.110 nella secondaria di secondo grado. E’ evidente
che il mantenimento e lo sviluppo del sistema paritario risulta una
voce a favore dello Stato, in quanto attua un vero e proprio sistema
sussidiario all’incontrario. Mediamente dal 2002 il capitolo di
spesa per la scuola paritaria è stato fra i 520 e i 530 milioni di
euro (tranne per il 2011 dove si è fermato a 497 milioni), di cui
355 circa per l’infanzia, 160 per le primarie (elementari), 6,9 per
le secondarie (medie e superiori), 10 milioni come integrazione per
alunni portatori di handicap, 4,5 milioni assegnati dalla direttiva
annuale attuativa della Legge 440 del 1997».
«La previsione è
di 523 milioni. Gli alunni delle scuole paritarie sono pari al 12,1%
della popolazione scolastica (in crescita nel 2010 sul 2009
dell1,3%), ma incidono sul bilancio del ministero dell’istruzione in
ragione dell’1,2%. Il disequilibrio nella ripartizione delle risorse
è evidente. Noi siamo favorevoli al “buono scuola” anche se aperti
ad altre forme di finanziamento, come la detrazione d’imposta.Ma
oggi il punto fondamentale per noi è quello di ottenere uno
strumento di finanziamento certo, sia per garantire lo sviluppo
della scuola paritaria sia per assicurare una condizione di equità
reale tra genitori di alunni della scuola statale e quelli della
paritaria, questi ultimi allo stesso modo cittadini come i primi».
«Non si tratta di
contrapporre le due esperienze educative, anche se differenti.La
ricchezza del sistema nazionale di istruzione è data oggi dalla
diversificazione dell’offerta formativa. E’ necessario, piuttosto,
rimettere al centro e discutere i contenuti. Mi riferisco
principalmente alla modalità in cui nel mondo scolastico si vivono
le relazioni tra insegnanti, studenti e genitori, che allo stesso
titolo formano la comunità scolastica. Occorre ritornare a fare
dialogare le parti sgombrando il campo da ogni posizione ideologica
e cercando di lavorare insieme, ognuno all’interno del proprio
ruolo, per una scuola veramente aperta alla realtà. E l’articolo 33
dell Costituzione afferma che “la legge deve assicurare piena
libertà alle scuole non statali che chiedono la parità, e ai loro
alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni
della scuola statale”.
«Ora lo Stato
deve investire nella scuola pubblica. La priorità assoluta è
risollevare l’istruzione pubblica, gravemente impoverita da un’epoca
di tagli indiscriminati. C’è da recuperare il terreno perduto nel
recente passato».
«Bisogna valutare
caso per caso quali svolgano effettivamente un servizio pubblico. E
cioè va verificato se le scuole private rispettino standard e
criteri di qualità e interloquiscano con le istituzioni. La
Costituzione affianca all’indispensabile sistema scolastico statale
il diritto a istituire scuole private senza oneri per lo Stato.
«Nell’istruzione
come nella sanità va superata la contrapposizione pubblico-privato.
C’è un privato religioso che di fatto svolge una funzione pubblica.
Alle materne mio figlio ha frequentato un istituto cattolico, quindi
conosco personalmente queste realtà. Fa bene il Papa a richiamare il
valore dell’educazione».
«Soprattutto
nella scuola di primo grado, il ruolo dell’istruzione pubblica è
fondamentale. Lo Stato deve garantire alle giovani generazioni pari
opportunità nella formazione. Ed è qui che va inserito un percorso
educativo anche sulle religioni. Viviamo in una società
multireligiosa, perciò non ha più senso l’esonero dall’ora di
religione come quando in classe si insegnava solo il cattolicesimo.
Una sana laicità valorizza nella dimensione pubblica la religione e
non la confina nella sfera privata. La globalizzazione ha cambiato
la società e in Italia non c’è più una sola fede».
«Sì.In Italia, a
differenza del resto dell’Europa, la povertà riguarda in modo
particolare i minori. Secondo l’Istat, gli individui con meno di 18
anni che vivono in famiglie relativamente povere sono 1 milione e
728 mila (il 17,1 per cento). Il 72% dei minori poveri vive nel
Mezzogiorno, dove risiede il 40% o del totale dei minori; al
contrario, nel nord dove risiede il 42% dei minori, vive appena il
16,5 per cento dei minori poveri. Lo Stato deve garantire in maniera
uniforme su tutto il territorio nazionale un’istruzione adeguata e
in linea con i parametri europei». «Sì. Particolarmente critica e in peggioramento nel corso degli anni è la situazione delle famiglie con tre o più minori,che sono povere nel 30,2% dei casi. Sono necessari interventi per contrastare le povertà minorile e bloccare la trasmissione della povertà da una generazione all’altra attraverso un adeguato sostegno al reddito delle famiglie e lo sviluppo di una rete di servizi socio-educativi per la prima infanzia. Proprio perché le risorse sono limitate, occorre prioritariamente investire nella scuola pubblica. Il ruolo dell’istruzione nella formazione dei giovani è così importante da non consentire ulteriori errori». |