La scuola agonizza e il ministro Profumo vibra il colpo di grazia!

Marcella Ràiola, 16.1.2012

Calpestando diritti costituzionali (art. 32-33), diritti acquisiti e diritti faticosamente estorti ad un sistema da sempre ostile alla cultura e tendente a limitare l’acculturazione dei suoi cittadini; vanificando abnegazioni e sacrifici che solo gli studenti che ne hanno beneficiato hanno conosciuto e messo a frutto, diventando cittadini consapevoli e capaci di difendere i beni comuni e il Bene comune; ignorando che la scuola è stata oggetto del più grande licenziamento di massa della storia, attuato con la Legge 133/2008, che ha falcidiato 150.000 posti di lavoro e sottratto all’istruzione 9 miliardi di euro; fregandosene altamente di scioperi della fame, di manifestazioni oceaniche, di anni di lotta strenua, di accorati, indignati o disperati appelli, di sentenze quali la n. 4535-07-2011 del Consiglio di Stato, che ha dichiarato illegittimi, per grave vizio procedurale, i tagli operati da Gelmini e Tremonti, il Ministro Profumo proclama che i docenti plurititolati che lo Stato ha finora umiliato negando loro la stabilizzazione, sono la sola causa del disastro della scuola italiana, essendo dei vecchi bacucchi di 38-40 anni, quando non addirittura di 45, incapaci di interagire coi ragazzini e di affascinarli (ma non erano loro, i “tecnocrati” superefficienti, cioè, a sostenere che “l’esperienza” fa aggio sulla “teoria”?). Occorre, dunque, uno “svecchiamento”.

Detto fatto: per ringiovanire il corpo docente, il Ministro “tecnico” ha riesumato il cadavere del concorso, una formula di selezione stantia e dagli esiti spesso casuali, buona solo per far girare soldi e raccomandazioni, da quindici anni accantonata e proficuamente sostituita da percorsi biennali che prevedono, per gli aspiranti insegnanti, il tirocinio in aula e una formazione pedagogica e psicologica, oltre che disciplinare, garantita dalle stesse università che li hanno laureati.

Chi farà il “concorso”? 300.000 aspiranti circa. Ma su quali posti, se ci sono centinaia di prof. di ruolo da ricollocare perché “in esubero”, dopo il macello fatto dalla Gelmini con la riduzione del tempo-scuola e con la soppressione di materie, didattica modulare e laboratori?

Forse sui pochi posti rimasti ai precari “storici” con punteggi elevatissimi in graduatoria e una vita mai decollata, che attendono di entrare in ruolo magari da più di dieci anni, in modo da favorire l’ennesima guerra tra poveri? E loro? I precari quarantenni? Come pagheranno la retta del loro ospizio, visto che per andare in pensione col minimo servono almeno 40 anni di servizio?

Decisamente non funziona… Ma il Ministro “tecnico”, essendo un “tecnico”, appunto, non si è perso d’animo, sicché ha escogitato un ingegnoso sistema per liberare altri 40.000 posti per i giovani virgulti di quella scuola che a tutti i costi va definitivamente “riformata” perché diventi la scuola del “fare”, cioè del non pensare, la scuola dei quiz a punti - qualche crocetta e via! -, che dovrà sfornare proni yesmen e manodopera ricattabile, riconvertibile e sfruttabile da un Mercato onnipotente, insaziabile e marchionnizzato: ridurre di un anno la durata dell’iter scolastico dei ragazzi!

Quattro anni invece di cinque, et voilà! Il gioco è fatto!

L’opposizione si è già dichiarata favorevole “purché “il taglio di un anno di istruzione non si traduca in un taglio degli organici per fare cassa” (Pd), come dire che si è favorevoli a che si spari all’impazzata in mezzo a una folla, a patto che però nessuno muoia!

L’operazione, che sconvolgerebbe vite, programmazioni, approcci didattici collaudati, modelli di apprendimento, e che non tiene minimamente conto delle attuali difficoltà di docenti e studenti, viene imposta dall’alto, in quattro e quattr’otto (il DDL è pronto e sarà discusso fra pochi giorni!), come se fosse la cosa più urgente da fare in un settore allo stremo, spossato da anni di sciacallaggio ideologico e sindacale, di diffamazione e di doloso depauperamento.

La giustificazione, poi, è sempre la solita: l’allineamento ai “parametri” europei! Ma come mai non ci si allinea all’Europa per quanto riguarda gli stipendi dei docenti, per esempio? I prof. tedeschi e francesi percepiscono in media il 33% in più degli italiani: a quando l’“allineamento”? I paesi europei destinano il 6,8% del PIL a istruzione e ricerca, contro il nostro 3,7%: perché non ci si allinea anche (e prima) in questo? E perché non si capisce che non ci si può “allineare” in ciò che non è standardizzabile, e che non si può trattare il corpo docente da idiota, usando l’Europa come alibi per una puerile fuga dalle proprie pesanti responsabilità?

La scuola è costernata di fronte a questa continuata e continuativa violenza. La scuola ha già dato. Ha dato molto più di quanto avrebbe potuto, mentre quel che non avrebbe mai voluto dare le è già stato rapinosamente estorto. Ora basta, basta, basta!

Basta spacciare i licenziamenti e la criminale liquidazione della scuola statale per “razionalizzazione” e “modernizzazione”; basta drenare risorse da un settore in cui un paese appena appena decente non dovrebbe mai smettere di investire; basta gettare fango sulle uniche persone che rattoppano gli squarci prodotti nel tessuto sociale da governanti palesemente collusi con mafie e camorre, che invocano la secessione ruttando e vomitando volgarità indecenti ogni giorno, che fomentano il razzismo, che cianciano di selezione ed eccellenza mentre procurano a figli e amanti incarichi con scandalose remunerazioni, che riducono i corpi umani a tangenti, che non conoscono il pudore, che sputano sulla cultura e che invertono e pervertono ogni valore comunitario. Basta.

Come molti miei colleghi e insieme a loro, non sono più disposta a sopportare questo annichilamento della nostra dignità, della nostra professionalità, della nostra anima, della nostra cittadinanza. Né siamo più disposti a tollerare che gli studenti siano ridotti a bestiame da mungere e sfruttare per alimentare un circuito di interessi privati che ha individuato nella scuola - su cui si accanisce, infatti, da anni, per il tramite di governi che sono solo il braccio secolare dei potentati economici - lo zoccolo duro della resistenza al suo modello di sviluppo, un modello, cioè, che in nome di un ottuso e distruttivo sviluppo uccide ogni vero e possibile progresso.

Le proposte del ministro sono inaccettabili, nel merito e nel metodo, sospette nella loro tempistica e antidemocratiche nella loro non necessaria tempestività.

La stampa deve appoggiare la battaglia dei docenti e amplificare le voci della protesta contro ogni ulteriore, mortale tentativo di smantellamento della scuola statale. Se si perderà, potrete almeno dire di non essere stati complici di un omicidio premeditato: l’omicidio del futuro di questo infelice paese.

 

 

Marcella Ràiola, 41 anni, docente precaria di lettere classiche da 10 anni (Napoli).