L'INDAGINE

Giovani e bamboccioni:
due milioni né a scuola né a lavoro

Lo studio Istat certifica ancora una volta la parziale esclusione
sociale dei giovani dai cicli formativi e produttivi del Belpaese

 Il Corriere della Sera, 19.1.2012

MILANO - I giovani non inseriti in un percorso scolastico/formativo nè impegnati in un'attività lavorativa sono più di due milioni, il 22,1% tra i 15-29enni (2010), valore tra i più elevati a livello europeo. Lo dice l'Istat nel rapporto «Noi Italia». Il 6,2% degli adulti è impegnato in attività formative (2010), valore ancora ben al di sotto del livello obiettivo stabilito nella Strategia di Lisbona (12,5%).

I GIOVANI E IL LAVORO - La sigla Neet sta per l'inglese «Not in Education, Employment or Training». Guardando nel dettaglio il dato, la quota dei Neet risulta più elevata tra le donne (24,9%) rispetto a quella degli uomini (19,3%). L'Istat spiega come, dopo un periodo in cui il fenomeno aveva mostrato una leggera regressione (tra il 2005 ed il 2007 si era passati dal 20,0 al 18,9%), l'incidenza dei Neet sia tornata a crescere durante la recente fase ciclica negativa, segnalando l'incremento più sostenuto tra il 2009 e il 2010. A livello territoriale, Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni con le quote più elevate (superiori al 30%) seguite da Puglia e Basilicata con valori intorno al 28%. Nel Mezzogiorno il fenomeno, spiega l'Istat, dei Neet è peraltro così pervasivo da non mostrare nette differenze di genere: il vantaggio per gli uomini è minimo (28,6%) rispetto a quello delle donne (33,2%).

ISTRUZIONE - Altro neo - evidenziato dall'Istat - è l'incidenza sul Pil della spesa in istruzione e formazione, pari al 4,8% (2009), valore inferiore a quello dell'Ue27 (5,6%). Circa il 45% della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha conseguito la licenza di scuola media inferiore come titolo di studio più elevato, un valore distante dalla media Ue27 (27,3% nel 2010). La quota dei giovani (18-24enni) che ha abbandonato gli studi senza conseguire un titolo di scuola superiore è pari al 18,8% (la media Ue è 14,1%). Lo dice l'Istat nel rapporto «Noi Italia». I dati più recenti sul livello delle competenze mettono in luce - sottolinea l'Istat - un recupero rispetto al passato dello svantaggio degli studenti 15enni italiani in tutti gli ambiti considerati. La partecipazione dei giovani al sistema di formazione al termine del periodo di istruzione obbligatoria è pari all'81,8% (15-19enni) e al 21,3% (20-29enni).

L'INFORMAZIONE - Ancora l'Istat avvalora l'Italia come un paese in fuga dalla lettura: sono poco più della metà della popolazione totale, il 54%, gli italiani che leggono un quotidiano almeno una volta a settimana. Il 39% lo legge cinque giorni su sette e poco più di una persona su quattro si informa attraverso il web. Quanto ai libri, ogni anno nel nostro paese vengono stampate in media 3,5 copie di opere librarie per ogni abitante, ma nell'arco di un anno poco più del 45% degli italiani legge almeno un libro nel tempo libero (dato del 2011). Dall'indagine emerge poi che, al 2010, le famiglie italiane destinano ai consumi culturali (spese per ricreazione e cultura) il 7,0% della spesa complessiva per consumi finali. Nello stesso anno, risultavano essere circa 372 mila le unità di lavoro (1,5% del totale) impiegate in attività di produzione di beni e servizi per la ricreazione e la cultura, al netto del settore editoriale. La propensione a svolgere attività culturali fuori casa è, in generale, più bassa nelle regioni meridionali rispetto a quelle del Centro-Nord: il divario più elevato si osserva per le visite a musei e mostre, frequentate da oltre un terzo degli abitanti del Centro-Nord e da meno di un quinto di quelli del Mezzogiorno.

L'INFANZIA - L'Italia non sarà un paese per giovani, ma forse lo è per i più piccoli. Continua a crescere, raggiungendo il 56,2% nel 2009, la quota di comuni italiani che hanno attivato almeno un servizio tra asili nido, micronidi o altri servizi integrativi/innovativi per l'infanzia. Lo rileva l'Istat aggiungendo però che «nonostante i significativi miglioramenti degli ultimi cinque anni, a livello territoriale rimane una ampia disparità dell'offerta pubblica di servizi per la prima infanzia tra i Comuni del Centro-nord e molti del Mezzogiorno». Nel 2009 la percentuale di bambini in età 0-2 anni che fruisce di servizi pubblici per l'infanzia Š pari al 13,6%, in aumento di oltre due punti percentuali rispetto al 2004. La distribuzione dell'offerta pubblica di servizi sul territorio nazionale rimane molto disomogenea, con ampi divari fra Centro-nord (18,1%) e Mezzogiorno (5,1%).