Ora di religione, adesioni in calo: di A.G. La Tecnica della Scuola, 28.2.2012 Nel 2010/11 il calo degli “avvelentisi” è stato solo dello 0,2%. Ma dal 1993/94 la percentuale è passata dal 6,5% al 10,2%. La metà delle defezioni alle superiori. Molte più al nord e nei professionali che al sud e nei licei. E ad insegnare la materia ormai quasi tutti laici. L’interesse per l’ora di religione si affievolisce di anno in anno. A confermarlo, anche se non si può parlare di caduta libera, è stata la Conferenza episcopale italiana, con la pubblicazione dell'Annuario del Servizio Nazionale per l'Insegnamento della Religione Cattolica. In corrispondenza con quanto accaduto negli ultimi anni, conseguenza dello scetticismo crescente delle nuove generazioni verso temi come fede e religione, ma anche dell’alta crescita degli iscritti di nazionalità non italiana, anche nel 2010/2011 si è perso un ulteriore 0,2% di cosiddetti “avvelentisi”. L’anno prima la discesa era stata dello 0,1%, ma il dato che più balza agli occhi è un altro: rispetto all’a.s. 1993/1994, coincidente con la prima rilevazione svolta dalla Cei, la percentuale nazionale di iscritti che non assistono all’ora di religione cattolica è passata dal 6,5% al 10,2%. In diciotto anni, in pratica, si è persa una quota vicina al 4%. E per la prima volta, sempre nel corso dell’a.s. 2010/2011 coloro che optano per l’ora di religione sono scesi, seppure di un’inezia, sotto il 90%. In termini pratici si tratta di circa 800mila alunni su 8 milioni complessivi sparsi tra la scuola d’infanzia (85mila su un milione), primaria (160mila su 2 milioni e mezzo), la secondaria di primo (quasi 150mila su 1 milione e 700mila iscritti) e secondo grado (oltre 410mila non avvalentisi a fronte di più di 2 milioni e mezzo di studenti totali). L’indagine della Cei ha confermato anche le profonde differenze che contraddistinguono la risposta all’ora di religione degli studenti del sud rispetto a quelli del centro e soprattutto del nord (in particolari nei grandi centri): “Al Nord – scrive la Cei - i livelli oscillano dal 9,5% della metà degli anni novanta e raggiungono l’attuale 16,3%, con un andamento in sistematica crescita; al Centro (composto da Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo e Molise, Sardegna ndr) la situazione appare mediamente un poco al di sopra della media nazionale con tendenze altalenanti ma sostanzialmente ascendenti che hanno raggiunto nell'ultima rilevazione la quota dell’11%; la circoscrizione Sud continua a manifestare la situazione più confortante sia perché la quota di studenti che rifiuta l’IRC appare trascurabile (1,9%), sia constatando che, nei 18 anni di rilevazione, ha mostrato la crescita più contenuta (+ 0,6%)”. A livello regionale le discrepanze riscontrate dai vescovi nel 2011 sono ancora più visibili: si va da una media del 20,1% di non avvalentesi nell’Emilia Romagna ad appena l’1,5%, l’1,6% e l’1,8% rispettivamente da ricondurre a Campania, Basilicata e Puglia. L’andamento si conferma tutt’altro che uniforme esaminando i corsi scolastici. Se ci si sofferma solo all’ultimo anno esaminato: “le quote di rinunzie – continua la Cei - risultano decisamente maggiori nelle scuole secondarie di II grado, che si collocano attualmente sul 16,2 %, percentuale circa doppia di quelle rilevate in tutte le altre scuole ove tali quote risultano oscillare dal minimo del 6,5% delle scuole primarie, fino all’8,5% delle scuole dell’infanzia e all’8,7% determinato nelle secondarie di primo grado”. La disaffezione alle superiori appare tuttavia molto diversa da corso a corso: si va dal 12,5% dei licei psicopedagogici al 20,7% degli istituti professionali.
L’indagine è servita per ribadire anche che l’alternativa all’ora di
religione - lo svolgimento di attività didattiche e formative in
classe, lo studio assistito, lo studio non assistito - continua ad
essere un’opportunità che solo alcuni istituti adottano. La
rilevazione annuale della Cei sull’insegnamento della Religione
Cattolica ha anche fatto il punto sui docenti che insegnano la
materia nelle scuole pubbliche: poco più della metà è di ruolo,
quasi l’88% sono laici e il 57,6% sono donne, il 71% ha un orario
settimanale di almeno 18 ore. |