Chi assiste a scuola i ragazzi disabili di Franco Buccino, la Repubblica di Napoli 24.2.2012 La scuola ha chiamato la nonna di Luca, un ragazzo disabile, perché il nipote se l’è fatta addosso. La signora si precipita a scuola con l’occorrente, anche se salviette e ricambio stanno sempre nella cartella del nipote. Lo pulisce e lo cambia sotto gli occhi dell’assistente materiale, che sta lì in piedi, a braccia conserte, con uno sguardo tra severo e accigliato. L’assistente si rivolge alla signora facendole notare che è quasi mezzogiorno e le chiede se si porta via il nipote. E no - sbotta la nonna - c’è ancora un’ora e mezza di scuola; vengo a prenderlo alla fine delle lezioni. Mentre va via, già si pente per quello scatto. Sia chiaro, la signora ha energia e risorse per mettere in riga assistente materiale, insegnanti e preside. Teme per suo nipote. Non che lo maltrattino, ma che lo prendano in antipatia. A pensare, dice, che il mattino il papà lo obbliga a stare seduto sul water anche per un’ora. Proprio per evitare quell’inconveniente e soprattutto l’umiliazione al figlio. Insomma, tornando battagliera, chiede quali siano i compiti dell’assistente materiale. Una bella domanda. Che però dovrebbe essere preceduta da un’altra. Qual è il diritto allo studio dei ragazzi diversamente abili nel nostro paese. Per principio occorre parlar bene della scuola pubblica, compresi quanti in essa lavorano, perché da anni è troppo maltrattata dai governanti, perché molti scaricano su di essa le proprie responsabilità e perché gli operatori fanno spesso più del loro dovere. Ma in situazioni come questa, una scuola diventa indifendibile: e con essa il dirigente, gli insegnanti, i bidelli e l’assistente materiale. Ci sono scuole, neanche poi in numero così insignificante, per le quali l’handicappato è merce preziosa quando si formano le classi, le cattedre e i posti, ma poi diventa un peso, un fastidio, perfino un elemento negativo per “l’appetibilità” sul territorio. Per avere più ore di sostegno alcune scuole sono pronte a fare carte false, salvo poi ad affidare agli insegnanti di sostegno i disabili perché li portino in qualche auletta o in giro per la scuola, purché fuori dalla classe. Gli insegnanti di sostegno, in gran numero precari, sono in genere preparati e formati, soprattutto da questa relazione speciale con i disabili e il loro mondo; ma purtroppo l’Amministrazione scolastica tenta di inquinare tale categoria con le riconversioni coatte di insegnanti in esubero, allettandoli con poche ore di corso e la prospettiva di una sede più stabile e vicino casa. All’inizio delle lezioni, se non c’è l’assistente materiale, per i ragazzi più gravi neanche comincia l’anno scolastico. Manifestazioni e scioperi delle cooperative, con il sostegno di genitori e insegnanti, in genere portano alla stipula della convenzione. Poi, spesso, escono tutte le contraddizioni. Le persone, a volte, non sono tagliate per quel compito dell’assistenza materiale. Persone che si sono messe per sbarcare il lunario, ma poi ritengono umiliante quell’attività; più spesso persone “sprecate” in quella mansione. Magari hanno diplomi e lauree; si sono inseriti nella cooperativa per fare, che so, i sociologi o gli psicologi. Hanno un occhio rivolto alle aziende partecipate del comune che di tanto in tanto, miracolosamente, assorbono e stabilizzano qualcuno. S’interessano dei ragazzi diversamente abili loro affidati, ma sono negati per la mera assistenza materiale. In entrambi i casi, e non sono rari, il problema ritorna ai familiari dei disabili. I quali, come la stragrande maggioranza dei genitori, anche i più agguerriti e rivoluzionari, diventano moderati e prudenti nei contati con la scuola dei loro figli. Loro magari con qualche ragione in più. Sull’integrazione dei ragazzi disabili la scuola si gioca la sua reputazione, e l’intero paese il grado di civiltà. Se pure, per assurdo, si dovessero fare altri tagli nell’istruzione, chiediamo di lasciare in pace i ragazzi disabili. E le scuole, nella programmazione e organizzazione delle loro attività, li tengano in grande considerazione. Parafrasando il celebre Quintiliano, potremmo dire: ”Si deve ai fanciulli disabili il massimo rispetto”. E magari anche alle loro nonne. |