Vogliono essere, studiando, innovatori e
protagonisti. Ci sono dei giovani che non vogliono restare sul pack di Pierpaolo Albricci ItaliaOggi, 21.8.2012 La grande crisi finanziaria ha fatto da detonatore ai problemi della società italiana: li ha fatti esplodere, evidenziandone la complessità. Ma le grandi crisi hanno sempre costretto le persone a riflettere sui problemi per cercare di risolverli. Uno dei cardini fondamentali dello sviluppo sociale ed economico di una comunità è sempre stato il nodo della condizione giovanile, il problema della formazione, della scuola, della cultura, dell'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e della produzione. Una società, un popolo e una classe dirigente che non si occupano con passione e attenzione di questo passaggio della vita, che è superficiale o indifferente di fronte all'universo giovanile, è una società senza futuro, destinata a crollare. La Mostra che quest'anno è stata allestita al Meeting di Rimini, con il titolo «L'imprevedibile istante. Giovani per la crescita», è una riflessione importante e un tentativo di risposta al problema dei giovani in Italia. Preparata da gruppi di giovani, di insegnanti di studiosi, con la testimonianza diretta di molti protagonisti della vita culturale, sociale ed economica, la Mostra non solo mette in luce i problemi della condizione giovanile, ma dimostra che l'Italia, soprattutto l'apparato statale, spreca una grande occasione: non valorizza il capitale umano a disposizione e non riesce, sia nel mondo della formazione e della scuola, sia nel lavoro, a garantire un significativo ricambio generazionale che assicuri un futuro sia alle persone in quanto tali, sia allo sviluppo del paese. Lo stato italiano tutela soprattutto «un mondo di vecchi», una società invecchiata, e li tutela, paradossalmente, come conquista del benessere più vasto raggiunto nel dopoguerra. È come se si pensasse, inconsciamente, che i giovani possono vivere all'ombra del benessere raggiunto dai loro genitori, entrando in una sorta di “recinto sociale” tutelato e cloroformizzato dove non è importante valorizzare la propria individualità, ma è importante mostrare il “pezzo di carta” che giustifica l'impegno dei genitori, dei “vecchi”, non la conquista di un percorso di formazione culturale e professionale che li faccia diventare uomini e donne con aspirazioni e desideri di giusto protagonismo sociale. In questa concezione c'è una cultura, o subcultura, che ha radici ormai vecchie. Ma c'è stata anche una via di comodo che è stata imboccata da quando la formazione e la scuola sono passate da essere struttura elitaria a struttura di massa. Per comprenderla bisognerebbe aprire un discorso sui misfatti e i danni del Sessantotto, e su tutto quello che è avvenuto dopo, nella scuola e nella formazione professionale. Ci sono storie e documenti importanti, illustrati in questa Mostra, che dimostrano la voglia di reagire dei giovani. Ma il sostegno alla crescita dei giovani, l'impegno a guardare con realismo al futuro è spesso mortificato da una burocrazia quasi ottusa. La Mostra può diventare uno stimolo alla voglia di riscatto che spesso si percepisce nel mondo giovanile e in molti ambienti della società italiana. Forse qualcuno potrà ricordare che tra i punti nevralgici della crescita di una società, c'è un fattore determinante: una grande scolarizzazione tecnica, supportata da una buona impalcatura umanistica. E c'è pure la capacità di saper individuare a tempo, e di indirizzare e aiutare, i migliori quadri giovanili che si affacciano al mondo del lavoro. Siamo lontanissimi in Italia, in questo momento, dal rispettare quel criterio fondamentale dello sviluppo e della crescita. Spesso mortifichiamo ogni tentativo con “sostitutivi” del tutto inutili. Questa mostra «L'imprevedibile istante. Giovani per la crescita» mette alla fine in scena la sfida più importante che ci attende nei prossimi anni. |