scuola.

L'Italia è una paese
per vecchi (insegnanti)

Una petizione online contro il decreto Gelmini

  Vita, 8.9.2011

L'Italia dei padri contro quella dei figli. Non è uno slogan, né il titolo di un film. E' la pura verità e sta succedendo in Italia. «In cinque anni – spiega oggi sulle pagine di Avvenire Arturo Celletti – abbiamo caricato sulle spalle del nostri figli quasi 400 miliardi di debito pubblico» raggiungendo l'abnorme cifra di 1.900 miliardi circa complessivi. Come se non bastasse l'aspettativa pensionistica degli under 40 è destinata a dissolversi davanti alle briciole che si riceveranno al momento dovuto, poco meno di 340 euro di media secondo il Center of research di Pittsburgh. Non va meglio sul versante del mercato del lavoro. Un neolaureato appena assunto non arriva mediamente ai mille euro al mese, dopo cinque anni può aspirare a 1200 euro, mentre il 27,4% dei pensionati ha un trattamento di quiescienza superiori ai 1500 euro. E a nulla serve appellarsi ai sindacati, la maggior parte dei quali espressione dei pensionati.

Specchio implacabile di questo conflitto generazionale ancora sottotraccia, ma pronto ad deflagrare in tutta la sua potenza e violenza in ogni momento, è il mondo della scuola. Dove – secondo il Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio – con la firma ad ottobre del Ministro Gelmini sul Decreto, si avrà l'effetto di escludere per diversi anni le giovani generazioni dall'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado. In ambito scolastico tutto ciò determinerà un vuoto generazionale di almeno 7 anni (ma stime meno ottimistiche dicono 10), che aumenterà l'età media del corpo docente italiano, già oggi tra le più alte in Europa. Mentre in ambito universitario produrrà dell'inevitabile e drastica diminuzione degli iscritti alle Facoltà umanistiche e scientifiche che hanno nell'insegnamento un loro naturale e costitutivo sbocco professionale (anche se ovviamente non l'unico), con conseguenze irreparabili per il livello culturale del Paese. Insomma, un cataclisma, non solo sotto il profilo dei numeri.

Per questo CLDS ha lanciato online una petizione perché si rivedano alcuni parametri del decreto Gelmini prima della firma. In poco tempo hanno aderito alla protesta oltre 7mila persone fra cui alcuni nomi noti della società civile come Stefano Zamagni, presidente Agenzia Onlus, il giornalista Aldo Grasso, Riccardo Bonacina, presidente VITA, il poeta e docente Davide Rondoni, il presidente Fabio Roversi Monaco della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, il presidente della Fondazione Sussidierietà, Giorgio Vittadini, e quello della Compagnia delle Opere, Bernhard Scholz.

I promotori di “Appello Giovani” chiedono, in sostanza, di sganciare l'abilitazione dal reclutamento, di rendere disponibile per le lauree magistrali e per le abilitazioni all'insegnamento un numero di posti sufficiente a garantire un effettivo ricambio generazionale, e di avviare contestualmente e con urgenza una ridefinizione delle modalità di reclutamento dei docenti.

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