Precari vs. neolaureati/1.
Un trilemma

da TuttoscuolaNews, n. 501 12.9.2011

Sarà anche vero che dietro la polemica CL-Gelmini sul numero dei futuri abilitandi ci siano ragioni di ordine politico e ambizioni personali, come ventilato da Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera (10 settembre), ma non si può ignorare l’importanza della questione oggetto della controversia, per ora ricomposta per intervento diretto della presidenza del Consiglio, sulla base di una soluzione di mediazione proposta dal sottosegretario Gianni Letta: le università dichiareranno le loro disponibilità potenziali per quanto riguarda il numero dei frequentanti i TFA (Tirocini Formativi Attivi) e le direzioni regionali degli USR faranno sapere quali sono i fabbisogni del sistema scolastico (per ulteriori dettagli sull’”accordo” v. tuttoscuola.com).

La richiesta dei giovani laureati e laureandi di poter concorrere alla assegnazione di un posto di insegnamento, e quindi di accedere ai TFA per conseguire la necessaria abilitazione, appare fondata. D’altra parte altrettanto fondata sembra la preoccupazione del ministro Gelmini di evitare che la ‘liberalizzazione’ delle abilitazioni crei speranze di occupazione poi destinate ad essere deluse. E non si possono ignorare le legittime aspettative dei precari. Come uscire dal trilemma?

La soluzione, proposta da tempo da Tuttoscuola, di bandire concorsi almeno per le graduatorie esaurite (cui si potrebbero aggiungere quelle in via di esaurimento) non risolve il problema dei neolaureati non abilitati, ma servirebbe almeno a selezionare meglio i nuovi docenti che entrano nella scuola avendo vinto un nuovo e non un vecchio, magari vecchissimo concorso.

Accanto alla riapertura dei concorsi e a una attuazione non restrittiva del ‘lodo Letta’, che porterebbe ad avere un certo numero di abilitati ‘soprannumerari’ (per prevenire un possibile futuro deficit di docenti neolaureati, alcuni dei quali potrebbero non concludere i tirocini, anche perché è difficile prevedere i fabbisogni specie per la scuola paritaria), potrebbe essere avviata in via sperimentale, per un limitato contingente di posti, una procedura concorsuale gestita da reti di scuole e/o da istituzioni scolastiche dotate di particolari requisiti, e che ne facciano richiesta. Le scuole autonome e le loro reti, magari di intesa con gli Enti locali, hanno la legittimazione per farlo, essendo soggetti costituzionalmente riconosciuti, articolazioni della Repubblica sul territorio.

Va da sé che occorrerebbe contestualmente attuare concretamente l’autonomia scolastica con un riassetto effettivo del sistema organizzativo del sistema educativo, e avviare la nuova ripartizione di competenze prevista dalla riforma del Titolo V della Costituzione.