Il commento Ragioni e torti Quell' istituto non va spento Isabella Bossi Fedrigotti Il Corriere della Sera, 3.9.2011 Lo si era capito da tempo che sarebbe finita così nella scuola elementare milanese di via Paravia, zona San Siro, quartiere ibrido, dove le ville di lusso si affiancano ai casermoni degli immigrati, e cioè con una prima classe senza più neppure un bambino italiano. Già negli anni scorsi la maggioranza di alunni stranieri era schiacciante e nonostante i tanti propositi fatti per trattenere nella scuola quelli italiani, alla vigilia della ripresa ci si trova di fronte alla tanto temuta realtà-ghetto: 17 bambini iscritti in prima, 15 figli di immigrati. E per disposizione del ministero, una classe così non si farà in quanto rende impossibile anche il livello minimo di integrazione. Naturalmente protestano ora le mamme dei bambini che si trovano nella necessità di trovare in fretta e furia un' altra elementare che li accolga, più distante da casa; ma protestano anche le maestre lasciate senza alunni, che difendono la loro scuola, che per didattica e programmi non ha nulla da invidiare ad altre. Tranne i preziosissimi bambini italiani che i genitori hanno iscritto altrove. Si può dire, probabilmente, che hanno ragione tutti quanti: per prime le maestre perché meglio di chiunque conoscono la situazione; e poi le famiglie italiane «in fuga», comprensibilmente preoccupate dal fatto che i piccoli stranieri spesso non conoscono neppure la nostra lingua; e infine il ministero contrario a formare le tanto temute classi-ghetto, negazione di integrazione. Un torto tuttavia c' è, anzi una mancanza grave, quella, cioè, di non essere intervenuti prima in via Paravia dove l' emergenza si stava delineando con chiarezza da tempo. Nonostante progetti e promesse, la scuola è stata, infatti, abbandonata a se stessa. Senza interventi la scuola di via Paravia molto probabilmente sarà morta tra quattro anni: ma perdere una scuola elementare è un po' come spegnere una luce in una strada che tanto illuminata già non è. |