Storie di ordinaria precarietà Scuola, dalle SSIS al TFA Riprende la nostra rubrica dedicata al mondo della precarietà. Anche in questa puntata parleremo di Scuola e del nuovo Tirocinio Formativo Attivo. di Francesca Sorrentino Il sito di Prato, 9.10.2011 Già se ne vociferava alle ultime convocazioni, ma pochi erano gli iniziati in grado di sciogliere la sigla sibillina. Tfa sta per Tirocinio Formativo Attivo, l’ultima diavoleria che il Ministero ha inventato in materia di abilitazione all’insegnamento. Dopo aver chiuso nel 2010 la tanto vituperata SSIS, in molti chiedevano un percorso alternativo di abilitazione, anche, perché, non si capisce come mai noi siamo l’unico paese d’Europa che non prevede percorsi di didattica all’interno dei tradizionali corsi di studio universitari, tranne che nel caso di Scienze della Formazione. Sarebbe apparso più semplice prevedere materie didattiche all’interno dei percorsi universitari, ma questo avrebbe tagliato fuori i vecchi laureati, costretti a rifare l’intero iter. A questo punto, quei buontemponi del Ministero, veloci come neutrini, hanno rispolverato una specie di SSIS compattata. Ritenendo inutile rifare le materie già studiate durante l’università ( ma come mai in 10 anni di SSIS non se ne erano accorti?), hanno puntato tutto sul tirocinio, l’unico vero strumento utile per imparare ad insegnare e sulla didattica. Il ministero ha così anche allontanato lo spettro di un concorso a cattedra, chiesto a più riprese da varie parti politiche, che avrebbe dato posti ai “meritevoli”, lì dove fossero stati necessari. Il problema, a questo punto, è la solita guerra tra poveri, che si è innescata subito dopo. Il TFA non darebbe solo un titolo di studio, l’abilitazione, appunto, ma anche la possibilità di entrare in una graduatoria, sì ma quale? Qui si sfiora il ridicolo. Ricordiamo ai lettori che attualmente esistono già due graduatorie: Le Graduatorie di Merito, uscite dal concorso del 2000 e mai scadute ( vedi in tal senso l’ottimo articolo della collega Sara Galantucci su orizzonte scuola dell’8 Settembre 2011) e le Graduatorie ad Esaurimento, dove sono confluiti tutti gli abilitati SSIS di questi anni. Dove andranno i futuri abilitati? Il Ministero per dirimere la questione (ahimè) ha emanato una nota (Nota prot. n. AOODPPR/ Reg:Uff./n. 2008 del 10 agosto 2011) che contiene la stima del fabbisogno dei prossimi anni di docenti, ripartito per regioni e classi di concorso. Il panorama è davvero desolante. Le classi umanistiche non avranno bisogno, per decenni, di nuovi abilitati (bastano le graduatorie chilometriche di cui sopra), mentre le materie scientifico – tecnologiche rimarranno sguarnite. Quindi sembrerebbe che per queste ultime, tra breve, non esisteranno più le due Graduatorie summenzionate. Le università dovranno far pervenire al Ministero una documentazione dove sia specificata l’offerta formativa proposta per l’attivazione del Tfa, ma solo in quelle classi di concorso dove ce ne sia effettivo bisogno. Subito scoppia la guerra di cifre. Vi sono sindacati che chiedono l’aumento delle classi di concorso da attivare e delle università interessate ( forse su pressione di queste ultime che, dopo la vendemmia della SSIS, sono all’asciutto da troppo tempo?). C’è da giurarci che il Ministero aumenterà tali cifre, ricadendo nel baratro di liste interminabili. Ora io mi chiedo, ma non potremmo usare un sistema di reclutamento più coerente? Proviamo ad immaginare, ad esempio, come potrebbe essere: chi vuole insegnare segue un percorso di studi ad hoc ( con materie che abilitino davvero all’insegnamento, come didattica, pedagogia ecc.), la sua laurea è già abilitante, in modo che se vuole andare ad insegnare all’estero, oppure aprire una scuola privata può benissimo farlo. Successivamente, lo Stato dà a questi abilitati la possibilità di partecipare a dei corsi – concorsi, dove i più meritevoli, dopo essere stati selezionati, svolgono un tirocinio (ricevendo un rimborso spese) e ricoprono, dopo un periodo di formazione, un posto reale, che rimane questo per sempre (cioè il tanto sospirato “tempo indeterminato”). Ovviamente tale posto lo vinci dove lo Stato ne ha bisogno e se ti va bene ci vai, altrimenti nulla. In Francia ed in Romania il sistema è pressoché questo. Perché noi non siamo in grado di fare altrettanto? Io credo perché l’Italiano medio trasformi sempre un dovere in un diritto acquisito. Siamo abituati a pensare che se ho l’abilitazione devo avere il posto. No, io ho diritto a studiare per poter ottenere un’abilitazione, ma il posto lo ottengo se, dopo aver studiato, io dimostro di essere il più bravo tra altri candidati, che hanno studiato come me. Questo sarebbe un modo per uscire dalla mentalità della “mandria”, cioè del “siamo tutti uguali, ci devono assumere tutti”. Usciremmo così dalla follia di un concorso, bandito ormai undici anni fa, che ancora si deve esaurire, dall’assurdità della guerra tra abilitati SSIS su varie classi di concorso che lottano per un posticino ad ogni passo e si darebbe spazio alla tanto sospirata “meritocrazia”, che sembra come l’Araba Fenice (che ci sia ciascun lo dice/ dove sia nessun lo sa…). Ma forse questo è un sogno troppo ardito… quasi come quello di attraversare, passeggiando, un tunnel che colleghi Ginevra al Gran Sasso. |