DIRITTO DI CRONACA
Rignano, cinque vite sospese
A cinque anni dalla prima irruzione nell'asilo
di Rignano Flaminio
dove i genitori hanno denunciato atti di pedofilia sui loro figli
Flavia Amabile La Stampa,
30.10.2011
Rignano prima di Rignano
era uno dei tanti paesi di Roma nord, vita da
pendolari nella capitale dal lunedì al venerdì, fine settimana con
moglie e figli. Una provincia calma, tutta verde, percorsi
naturalistici e ritmi umani a mezz’ora dalla capitale, un porto
sicuro dove non si corre dalla mattina alla sera, non si respirano
gas di scarico e tutto costa cifre meno insensate. Certo, tanta
calma nascondeva anche villini da feste private, aperte solo a pochi
e fidati amici e conoscenti. Ma erano eccezioni, poche, e rare
ombre. Le vedeva solo chi ne aveva bisogno.
Poi Rignano diventò Rignano.
Le manette a tre maestre, un autore televisivo e una
bidella accusati di violenza sessuale di gruppo, maltrattamenti,
corruzione di minore, sequestro di persona, atti osceni, sottrazione
di persona su decine di bambini. Televisioni, giornali, settimanali,
dirette e dibattiti, giorni, settimane di titoli e servizi. Il paese
tranquillo divenne un inferno. Un’intera popolazione divisa tra
innocentisti e colpevolisti, amicizie dissolte, conoscenze troncate
nello spazio di un’intervista di troppo. Nessuno escluso, si poteva
stare dalla parte delle maestre oppure considerarle pericoli
pubblici. Indifferenti, no, però, indifferenti non si poteva
restare. Perché Marisa Pucci, Silvana Magalotti e Patrizia Del
Meglio hanno avuto come loro allievi generazioni intere. Tutti
avevano in famiglia o fra gli amici cari qualcuno passato nell’asilo
Olga Rovere divenuto all’improvviso famoso in tutt’Italia.
Cinque anni sono trascorsi dal primo blitz nella scuola,
Rignano Flaminio ha cambiato anche sindaco la scorsa primavera, il
clamore si è un po’ placato. Il processo è ripreso agli inizi di
ottobre dopo essere stato interrotto a luglio, quando uno dei
giudici del collegio giudicante, Marzia Minutillo Turtur, era stata
collocata fuori ruolo per partecipare, come membro esaminatore, al
concorso per l'accesso in magistratura. E’ stato il Tar a settembre
a restituire il magistrato a questo processo, perché ha considerato
«il fatto di gravità e allarme sociale superiore a ogni tipo di
interesse».
Prima o poi si arriverà ad una sentenza ma,
da qualsiasi parte si guardi la vicenda, nulla e nessuno ricomporrà
la vita di prima: il vaso è rotto, incollare i cocci servirà solo a
far vedere meglio le cicatrici. Che sono tante.
L’unico a parlare è Gianfranco Scancarello,
autore televisivo, doppiamente colpito. Il 27 aprile furono
arrestati lui e la moglie, Patrizia Del Meglio, anche lei maestra
all’«Olga Rovere». Sono anche gli unici a non vivere più a Rignano.
Da un giorno all’altro hanno chiuso casa e si sono trasferiti a
Roma. «Non siamo fuggiti - precisa, con la sua voce decisa - Non
siamo a Roma perché ci si nasconde meglio ma perché vivere a Rignano
non era più possibile: abbiamo ricevuto pesanti minacce
all’incolumità mia, di mia moglie e dei nostri figli».
Hanno ricominciato da capo. Scancarello
continua a fare lo stesso lavoro di sempre. Il suo nome appare nei
titoli di coda di trasmissioni di prima serata. «Ho avuto qualche
difficoltà in più ma faccio quello che ho sempre fatto con la solità
serietà», spiega. Non vuole che le sue parole sappiano di pietismo o
appaiano lamenti. «Grazie a Dio, io e mia moglie non siamo figli di
papà, tutto quello che abbiamo costruito lo abbiamo fatto da soli,
abbiamo solo ricominciato da capo a costruire. Sono vittima di un
caso giudiziario, non sono un caso umano».
Patrizia Del Meglio, invece, ha dovuto lasciare il lavoro.
«Chi avrebbe accolto una donna accusata di pedofilia?»,
chiede Scancarello. In realtà è la legge a prevedere
l’allontanamento in questi casi. Ma a volte ci si regola come per
Marisa Pucci che non insegna più ma lavora ancora nel mondo delle
scuole. Altre volte accade come per Cristina Lunerti, la quinta
arrestata, la bidella. Ha continuato a lavorare per anni in zona,
grazie alla sua figura contrattuale diversa e ad una madre molto
malata che non le consentiva di allontanarsi.
Sono rimasti in contatto gli imputati di Rignano.
«Non abbiamo una frequentazione quotidiana e ormai siamo distanti ma
con loro c’è un rapporto di amicizia e solidarietà e non potrebbe
essere diversamente», racconta Scancarello. E’ l’unico forse a non
aver mai smesso di reagire. «Non mi posso permettere il lusso di
considerarmi una vittima», spiega. Ha una famiglia composta da figli
dai 16 ai 39 anni, è anche nonno. «Ho il dovere di restituire a
tutti l’onorabilità del cognome che portano». E va persino oltre.
«In questi anni ho capito una cosa: può anche essere considerato un
privilegio vivere un dramma di questo tipo. Ha presente le pigne? Io
e la mia famiglia ora siamo così: stretti gli uni agli altri,
solidi».
Diversa la reazione delle altre protagoniste
di questa brutta vicenda. Marisa Pucci, una delle tre
maestre, è chiusa nel suo dolore. Si vede poco persino a Rignano,
sta in famiglia, non si vuole che si parli di lei. Non insegna più,
fa parte degli inidonei, i docenti destinati ad incarichi diversi
nelle scuole. «Dimenticatemi - dice soltanto - voglio l'oblio».
Silvana Magalotti è l’unica delle maestre
sempre in giro per il paese. Forse soltanto perché non può fare
diversamente. E' suo il Bar dello Sport, all’epoca degli arresti
divenuto una delle roccaforti pro-maestre. La si può incontrare lì
con il figlio: sorride, chiacchiera ma a chi le chiede di parlare di
sé, del suo dolore ringrazia e risponde «no» con cortesia. Quello lo
tiene per sé. All'inizio avrebbe voluto urlare a tutti che cosa
provava lei, la maestra premiata e famosa per la sua bravura, la
maestra con la casa piena di libri - «più di quanti se ne possano
trovare in tutta Rignano», come dicevano di lei - a ritrovarsi
all'improvviso coperta di fango. Ma l’avvocato Giosuè Naso le
chiedeva di frenare. Ora l’avvocato le ha dato via libera. E’ lei a
preferire il silenzio.
|