Pensioni,
si cambia:
verso il contributivo pro-rata
di Massimo Franchi l'Unità,
20.11.2011
Sul come ci sarà
molto da discutere. Sul quando ci sono più certezze. Sulle pensioni
il neo ministro Elsa Fornero, che ieri nella sua Torino ha passato
la giornata fra spesa al mercato rionale e messa a punto del suo
staff, sarà chiamata a prendere decisioni importanti già entro
l’anno. Dovrà infatti emanare entro dicembre un decreto ministeriale
per fissare il primo posticipo per i criteri di pensionamento dei
lavoratori dipendenti validi dal primo gennaio 2013. Sulla base
delle stime Istat sull’innalzamento dell’aspettativa di vita,
Fornero dovrà stabilire di quanto innalzare l’asticella della parte
riguardante l’età anagrafica per chi andrà in pensione. Il sistema a
quote prevede dal 2013 un aumento dei requisiti dagli attuali 60
anni di età a 61 anni e 3 mesi, lasciando a 35 anni la quota
contributiva. Le previsioni parlano di 3 mesi in più, ma Fornero
potrebbe decidere di dare un segnale, ampliando (anche se si tratta
solo di mesi) l’innalzamento.
ECCO I PROVVEDIMENTI IN ARRIVO |
IL DISCORSO AL SENATO: VIDEO 1 |
VIDEO 2 |
FOTO - VIDEO - APPROFONDIMENTI E CURIOSITA' |
Via bandane e tacchi sadomaso, squadra english style |
Tosi a Monti: «No all'Ici» di Tullia Fabiani
Sul come, si diceva, il ministro ha promesso di agire dopo aver
incontrato le parti sociali. È sua intenzione convocarle il prima
possibile mettendo sul tavolo un insieme di proposte ben articolate.
L’obiettivo sarà quello di accelerare la fase di transizione verso
l’addio alle pensioni di anzianità e verso il modello contributivo
puro. Sul primo fronte, l’attuale sistema a quote progressivamente
innalzate (con “l’aiuto” delle finestre) prevede già che nel 2049
non si potrà andare in pensione con meno di 65 anni, a prescindere
dagli anni di contributi. Il governo però punta a disincentivare le
pensioni di anzianità da subito. Le proposte sul campo sono varie.
Di sicuro si innalzerà la parte anagrafica della quota e molti sono
pronti a scommettere che si passerà subito dagli attuali 60 a 63
anni. L’alternativa è un sistema flessibile con una forma di
disincentivi e incentivi. Chi vorrà andare in pensione vedrà ridursi
l’assegno (9% in meno per i 62enni, 6% per i 63enni, 3% in meno per
i 64enni) mentre chi rimarrà dopo i 64 anni lo vedrà aumentare, come
previsto nella proposta di legge firmata dai deputati Pd Damiano e
Baretta.
I veri nodi
Il vero nodo, il vero terreno su cui molti nel Pd non sono
disposti a cedere, è quello dei lavori usuranti. Per operai, edili,
ma anche per maestre d’asilo si punta a mantenere l’attuale
situazione per la pensione di anzianità. Soprattutto nel caso degli
operai si tratta infatti di persone che hanno iniziato a lavorare
prestissimo (spesso prima dei 18 anni) e dunque prolungare la loro
carriera non risponderebbe a quel criterio di “equità” a cui si
ispira il governo Monti.
Sul secondo aspetto, oggi per coloro che hanno iniziato a
lavorare dopo la riforma Dini (1995) vige un modello misto:
retributivo per gli anni precedenti, contributivo dal 1995 ad oggi.
La proposta della Fornero sarà quella di passare da subito al
cosiddetto sistema pro-rata e cioè l’adozione a tutto campo del
metodo contributivo pro-rata, applicandolo all’intero montante e non
solo alla parte dal 1995 in avanti. Da questo punto di vista Pd e
sindacati sono disposti a trattare sebbene chiedano in cambio
quantomeno un aumento dell’indicizzazione delle pensioni per i
lavoratori giovani e quelli con periodi di non contribuzione (i
precari) e la facilitazione del ricongiungimento contributivo fra
quelli versati per enti diversi. Un provvedimento, quest’ultimo,
molto atteso da precari e da alcune categorie che hanno visto
sopprimere il loro ente di gestione (elettrici e telefonici). Ieri
intanto su questa linea si è espresso nuovamente il segretario
generale della Cisl Raffaele Bonanni. «Al ministro Fornero chiediamo
di partire dal toccare le 850mila persone, politici inclusi, che
hanno un trattamento previdenziale di assoluto previlegio. E subito
dopo di discutere come rendere obbligatoria la previdenza
integrativa per i giovani e di come tenere conto di chi fa lavori
pesanti al punto tale da non protrarsi troppo nel lavoro».