IL DATO
Pensioni e contributi: Dal 33% dei dipendenti all'8,6% dei deputati e il 10% degli architetti. Lettera 43, 29.11.2011
La pensione può essere davvero un privilegio per pochi eletti. Dopo
l'annuncio dello
stop ai vitalizi dei parlamentari solo dalla prossima
legislatura, un altro dato ha contribuito ad ampliare la differenza
fra i cittadini 'normali' e i politici. Stando a quanto rivelato dal
Corriere della Sera martedì 29 novembre, «ancora oggi
sopravvive una giungla delle aliquote contributive, con i lavoratori
dipendenti che pagano il 33% (due terzi a carico dell'azienda) e i
deputati e senatori l'8,6%, passando per artigiani e commercianti
con il 20-21% e alcune categorie di professionisti con il 10-13%
(psicologi, architetti, avvocati). E restano in vigore età di
pensionamento più basse della norma (65 anni per la vecchiaia e
60-61 anni per l'anzianità) a favore di alcune categorie, dalle
Forze armate ai piloti, dai parlamentari ai conducenti di autobus,
metropolitane e treni».
REGIONE SICILIA, IN PENSIONE A 45 ANNI.
Ma per ora restano queste cifre e queste differenze: per esempio,
spiega il Corriere, i dipendenti della Regione Sicilia
possono ancora andare in pensione anticipata a 45 anni, basta che
abbiano un parente infermo da assistere. Anche in questo caso è la
Regione, a statuto speciale, che comanda. Il mezzo milione di
pensioni liquidate a lavoratori con meno di 50 anni d'età costa allo
Stato circa 9,5 miliardi di euro l'anno. DIFFERENZE SUI CONTRIBUTI. I privilegi esistono anche nel campo delle aliquote contributive, come sottolineato da Domenico Proietti, segretario confederale della Uil ed esperto di previdenza. La questione riguarda i lavoratori più anziani, che vanno in pensione col sistema di calcolo retributivo che frutta una pensione in rapporto alla retribuzione appunto: una persona che paga il 33% e un'altra che paga il 20% o anche meno, prendono entrambi il 2% della retribuzione per ogni anno di versamento. Il secondo lavoratore, conclude il Corriere, «riceve un regalo rispetto al primo. Ecco perché il ministro del Lavoro vorrebbe uniformare il più possibile le aliquote. E non solo per ragioni di equità ma anche per eliminare gli effetti distorsivi delle aliquote agevolate». |