Il passaggio al nuovo
sistema: Rendite più alte se si rinvia il ritiro
Bonus-crescita con il contributivo
Il
completamento della riforma Dini e le
sperequazioni per età. Incentivi a restare. Con il contributivo
pro-rata l'aumento sarebbe pari a 536 euro per un 63enne
Domenico Comegna Il
Corriere della Sera, 20.11.2011
Estensione a tutti del
metodo contributivo? È molto probabile. Il neo ministro del Lavoro
Elsa Fornero sostiene da tempo una modifica del sistema che
introdurrebbe, al di là di una riduzione della spesa previdenziale,
una maggiore equità. Il metodo retributivo che garantisce al
lavoratore il reddito che ha ottenuto nell'ultima parte della sua
vita, è ormai ritenuto un meccanismo che produce gran parte delle
diseguaglianze sociali di oggi: pensiamo, ad esempio, al caso limite
di un lavoratore che va in pensione da direttore generale, avendo
iniziato da fattorino. Il contributivo, al contrario, applicato a
chi ha iniziato a lavorare dopo il '96, produce una sostanziale
equivalenza tra contributi versati e pensione incassata. Ma vediamo
cosa comporta in concreto.
La riforma Dini
La grande riforma varata nell'agosto del '95 prevede tre diversi
procedimenti di calcolo della pensione, a seconda dell'anzianità
maturata al 31 dicembre di quell'anno.
1) Per i lavoratori più
anziani, quelli che potevano contare su un minimo di 18 anni di
contributi (in linea di massima, si tratta dei nati tra il '50 e il
'60), il conteggio della rendita è rimasto sostanzialmente
invariato: il cosiddetto retributivo, agganciato agli stipendi
riscossi nell'ultimo periodo lavorativo.
2) Per i lavoratori con
meno di 18 anni di contributi alla fine del '95, il calcolo viene
invece effettuato utilizzando entrambi i criteri: il retributivo,
per gli anni di anzianità accumulata sino al 31 dicembre 1995; e il
contributivo, per l'anzianità acquisita dal 1° gennaio 1996 in poi.
3) E infine le nuove
generazioni, coloro cioè che hanno cominciato a lavorare dopo il
'95, per i quali il conteggio viene determinato esclusivamente con
il metodo contributivo.
I calcoli della Ragioneria
Secondo la Ragioneria generale dello Stato, il grado di copertura
assicurato dal sistema pensionistico pubblico per un lavoratore
dipendente uomo, partendo da un valore di circa il 70% dell'ultimo
salario o stipendio per coloro che oggi cessano l'attività in età di
63 anni e con 35 anni di contribuzione, scenderà al 52,8% nel 2040
al raggiungimento del pieno regime definito nel '95. La riduzione
deriva dal maggior peso che nel tempo assume il sistema di
liquidazione contributivo rispetto al retributivo e
dall'allungamento della speranza di vita. In seguito la diminuzione
è meno rilevante: la copertura sempre per lo stesso individuo si
colloca sul 51,8% nel 2050 e sul 50,8 nel 2060.
Al netto delle imposte, il grado di
copertura è invece maggiore, con il venir meno del
prelievo contributivo e la progressività del sistema fiscale. Il
beneficio per i lavoratori dipendenti è valutabile in media in un
10% del salario (l'aliquota a carico del dipendente è del 9,19%); il
guadagno è più ampio per i percettori di redditi modesti, per i
quali la soglia non tassabile assume particolare rilievo. La
riduzione della copertura rispetto a coloro che accedono alla
pensione oggi potrà essere maggiore di quella pronosticata, perché i
giovani oggi incontrano serie difficoltà nell'inserimento nel mondo
del lavoro e i periodi di attività sono spesso discontinui. È quindi
quasi certo che, a parità di età, coloro che andranno in pensione
nei prossimi decenni avranno un periodo di contribuzione più
limitato rispetto ai pensionandi attuali. Inoltre, il grado di
copertura comunemente indicato è quello offerto al momento del
pensionamento. Successivamente, essendo stato di fatto abolito il
collegamento delle pensioni con l'evoluzione delle retribuzioni in
termini reali, tale parametro è destinato a ridursi; per un
individuo di sesso maschile con 63 anni di età e 35 anni di
contributi l'attuale grado di copertura indicato dalla Ragioneria
generale dello Stato nel 70% al momento del pensionamento, data una
vita attesa residua di circa 20 anni, nell'ipotesi di una crescita
media dei salari dell'1,5% in termini reali si ridurrebbe
gradualmente nel corso del tempo; nel periodo finale della vita esso
scenderebbe a circa il 52%.
Come funziona il contributivo
Il sistema contributivo funziona come un libretto di risparmio. Il
lavoratore provvede, con il concorso dell'azienda, ad accantonare
annualmente il 33% del proprio stipendio (i lavoratori autonomi il
20% del reddito). Il capitale versato produce un interesse a un
tasso legato alla dinamica quinquennale del Pil (il Prodotto interno
lordo) e all'inflazione. Quindi più cresce l'Azienda Italia,
maggiori saranno le rendite su cui si potrà contare. Alla data del
pensionamento, al montante contributivo rivalutato si applica un
coefficiente di conversione che cresce con l'aumentare dell'età. Il
coefficiente, ad esempio, è pari al 4,798%, per chi sceglie di
chiedere la rendita a 60 anni, sale al 5,093% per chi resiste fino a
62 anni e al 5,620% se si decide di arrivare fino a 65 anni.
La transizione
L'introduzione del
contributivo per tutti, avverrà comunque in pro-rata. Riguarderà sì
la totalità dei lavoratori, indipendentemente dal numero degli anni
contributi accumulati al dicembre '95, ma varrà solo per i
versamenti futuri (per la contribuzione versata dal 1° gennaio 2012,
come sembra). Gli effetti negativi, il sistema retributivo è
certamente più vantaggioso, saranno maggiormente attenuati, quanto
più è vicina la data del pensionamento. Prendiamo ad esempio un
dipendente con uno stipendio pensionabile di 30 mila euro l'anno a
cui venga imposto di lavorare 2-3 anni in più. Mantenendo la regola
retributiva, ogni anno di lavoro aggiuntivo porterebbe a un aumento
dell'assegno annuo di 600 euro (il 2% della retribuzione), a
prescindere dall'età di pensionamento. Adottando il contributivo
pro-rata, tale aumento dipenderebbe dall'età e sarebbe pari a 536
euro per un 63enne e a 573 euro per un 65enne.
Ma cosa bolle in pentola? Quanto al
pensionamento, stando alle indiscrezioni, la fascia di
età stabilita nel 1995 (57-65 anni) dovrebbe essere adeguata
all'aumentata aspettativa di vita e portata quindi a 62-68 (70)
anni. Una forchetta che dovrebbe essere in seguito automaticamente
adeguata, secondo una delle norme non ancora in vigore, alle
variazione della longevità. Potrà essere consentito il pensionamento
anticipato a prima dei 63 anni, ma in questo caso l'assegno mensile
verrebbe ridotto proporzionalmente.