Scuole cattoliche,
l'urlo «Moriamo per asfissia»
E Zaia fa causa allo Stato

MAXI-RADUNO COI VERTICI CEI. Forti voci dalla platea:
«Senza i contributi si deve chiudere»
Il governatore: «Mettiamo in mora Roma perché ci dia i soldi dovuti»
E farà pure ricorso alla Corte costituzionale contro il Patto di stabilità

Piero Erle, Il Giornale di Vicenza del 13.11.2011

RONCADE (TV)
Fuori una distesa di auto e pullman. Dentro, nella grande sala congressi Ca' Tron, circa 2 mila persone stipate in ogni angolo. E un senso di tensione. Che non traspare molto quando a parlare al microfono sono i pastori, cioè mons. Dino De Antoni (Gorizia) presidente dei vescovi del Triveneto e soprattutto mons. Mariano Crociata, segretario della Cei nazionale. Ma il senso di tensione si scioglie in raffiche di applausi quando al microfono si alternano i rappresentanti che leggono gli appelli di tutte le sigle che rappresentano il grande pianeta della scuola privata cattolica: la grande Fism (materne) e poi Fidae (istituti), Agesc (genitori), Forma Veneto (professionali) e molti altri. E la tensione diventa ancora più forte quando, più volte, persone del pubblico si alzano a interrompere ad alta voce il discorso del governatore Luca Zaia, che ha deciso all'ultimo momento di affrontare, ieri, i vescovi e lo sconfortato pubblico della "2a Conferenza sulla scuola libera e paritaria e formazione professionale".

«MORIAMO PER ASFISSIA». Viene interrotto più di una volta il presidente Zaia, unico interlocutore "forte" presente in mancanza del Governo che è ormai dimissionario, per ribadire il messaggio centrale della giornata: le scuole cattoliche sono sull'orlo della crisi totale per il taglio dei contributi pubblici («Niente più manifestazioni. Siamo già pronti a sospendere il servizio», spiega ai giornalisti Giancarlo Frarè vicepresidente veneto Fism). «Siamo sull'orlo dell'asfissia, poi c'è l'esasperazione», dice un dirigente d'istituto e «non veniteci a dire che la Regione non potrà fare nulla di più: non possiamo andare avanti». «Siamo alla fine, non ci sono più soldi», aggiunge un'altra dirigente. «Dateci almeno l'esenzione per le spese di chi frequenta la scuola paritaria», chiede una terza. «I sacrifici non possiamo sempre farli noi», urla il bellicoso vicentino Giuseppe Meneghello.

ZAIA APRE LA GUERRA CON ROMA. Il presidente veneto - cui vengono anche tributati applausi - si lascia interrompere senza fare troppi drammi, dialoga, e risponde anche agli interventi "autorizzati" del mini-dibattito che segue il suo intervento ufficiale. Ma tiene duro sulla linea da cui, peraltro, non può certo muoversi. La Regione, con i tagli arrivati da Roma e col problema del debito pubblico cui far fronte (70 miliardi l'anno che se ne vanno solo per le rate di rimborso), ha problemi di bilancio da tutte le parti, spiega: sanità, trasporto pubblico, cassa integrazione, sociale, istruzione. Ma continua a sostenere la battaglia delle scuole paritarie del Veneto. E allora - lancia il messaggio Zaia, che si può sganciare molto più perché il Governo ormai non è più quello di Lega-Pdl - la soluzione è battere i pugni a Roma basandosi sulla Costituzione che garantisce l'istruzione a tutti. «Mettiamo in mora lo Stato - annuncia Zaia - perché ci dia i fondi cui abbiamo diritto, visto che le scuole paritarie nel Veneto sono il 68% del totale mentre il 32% sono pubbliche» e appunto da Roma i soldi arrivano solo per quelle. «Rivolgiamoci alla Corte costituzionale perché la legge sulla parità scolastica del 2000 non è attuata», ribadisce il presidente.

SORPRESA: RICORSO CONTRO IL GOVERNO SUL PATTO DI STABILITÀ. E Zaia va perfino più in là, per ribadire che ancora una volta il vero problema è strappare il Veneto dalla morsa dei tagli e delle misure imposte da Roma secondo il criterio della "spesa storica" che da oltre 30 anni penalizza proprio la nostra regione più di quasi tutte le altre: «Abbiamo fatto una delibera per presentare un ricorso contro il Patto di stabilità», annuncia al microfono. Poi però non vuole aggiungere altro. Ma da quanto si capisce la questione è quella dell'incarico affidato al prof. Mario Bertolissi, di cui è già stata data notizia mercoledì, per un ricorso contro il decreto di settembre "premi e sanzioni sulla virtuosità degli enti". L'obiettivo sarebbe appunto utilizzare questo ricorso per scardinare il meccanismo del Patto di stabilità che oggi blocca in cassa della Regione ben 1,3 miliardi. La speranza di poter dare più soldi alle scuole cattoliche, a chi aspetta pagamenti e ad altri, per ora, è tutta attaccata a questo.